mercoledì 19 agosto 2015

REPORTAGE- Uteri in affitto - Nella 'fabbrica dei bambini' a Gurgaon

Pubblicato su ANSA (qui la versione completa)

GURGAON (NEW DELHI), 18 AGO - La "fabbrica dei bambini" di Gurgaon, il polo tecnologico di New Delhi, è in un'anonima palazzina di due piani, tra un dedalo di viuzze, con sullo sfondo i grattacieli delle multinazionali. Un portiere in divisa, dietro una grossa scritta "reception", controlla l'ingresso. Sedute sui gradini ci sono un paio di donne con il "pancione" che cercano un po' di fresco nell'afoso pomeriggio.
Siamo nel Vansh Surrogacy Center, uno dei tanti centri di maternità surrogata dell'India, una tecnica di fecondazione assistita che permette alle coppie sterili di avere figli 'affittando' a pagamento l'utero di una donna.


L'India è uno dei pochi Paesi al mondo, insieme a Russia, Ucraina, Grecia e certi stati americani, in cui questa pratica è legale fin dal 2002. Grazie al basso costo e alla disponibilità di madri surrogate, il "surrogacy tourism" è l'ultima frontiera del turismo medico nel subcontinente indiano. All'inizio era concentrato nella città di Surat, in Gujarat, ma con gli anni si è spostato nelle ricche cliniche di Mumbai e di Gurgaon.
Tuttavia, la legge che dovrebbe regolare il settore è ferma in Parlamento da cinque anni. Si stima ci siano circa 20 mila centri dove si può 'affittare' un utero, ma solo 270 sono registrati presso l'Indian Council for Medical Research (Icmr) che è l'unica autorità di riferimento.
Questa industria, valutata in oltre 2 miliardi di dollari all'anno, è quindi oggi una specie di 'giungla' dove prosperano medici corrotti e mediatori senza scrupoli che sfruttano povere donne analfabete pronte a mettere a rischio la salute (e anche la reputazione) per soldi.
A dirlo in un'intervista all'ANSA è lo stesso titolare, Bajrang Saharan, che nel 2010 ha aperto il centro da lui definito "il più grande e affidabile" di Gurgaon.
Nella casa sono ospitate attualmente 22 donne in diversi stadi di gravidanza. Tre di loro portano in grembo embrioni di coppie straniere, una australiana, una americana e una canadese. "Altri cinque genitori stranieri - dice Saharan - sono in lista di attesa".
Nel suo ufficio, dove ci riceve, ci sono i dossier delle madri surrogate e quelli dei genitori biologici, compresi i casi di gravidanza fallita, che alla clinica Vansh sono il 40% in media.
"Qui tutto è trasparente - spiega orgoglioso mentre ci mostra i contratti con i clienti e con le donne - e tutto alla luce del sole. Non mi interessa cosa dice la stampa. A me basta vedere la felicità nei volti delle coppie quando hanno il loro bambino".
Il 'pacchetto' completo, comprensivo della fecondazione in vitrio (in ospedali di fiducia), vitto e alloggio per 9 mesi nel centro, i controlli medici e il parto, costa circa 600-700 mila rupie per gli indiani (8-.500 euro) e 1,5 milioni per gli stranieri (20.700 euro circa). Il compenso della donna è di 275 mila rupie (3.800 euro) più un 20 mila di 'bonus'.
"So di mediatori che intascano commissioni del 100% - spiega Saharan - perché pagano pochissimo le madri surrogate e non hanno alcuna spesa. Dopo la fecondazione le rimandano nelle loro case, che sono spesso in bidonville, in condizioni precarie igieniche e senza una dieta adeguata".
Nella clinica, invece, le mamme sono in camere da due letti, accudite da uno staff di 15 persone, tra cui un cuoco, un medico e anche uno psicologo sempre a disposizione.
"Facciamo loro capire che è come un lavoro - aggiunge - e che dopo nove mesi possono tornare a casa con la somma pattuita". La maggior parte di loro provengono da povere famiglie nelle campagne intorno a New Delhi. C'è chi ha bisogno di soldi per pagare le cure di familiari malati o chi vuole "fare la dote" alla figlia.
Lo scorso anno, una superstar di Bollywood, Shah Rukh Khan, aveva rivelato che il suo ultimo figlio AbRam era nato da una una madre surrogata. "Da allora sono arrivate tantissime richieste - continua - tant'è che abbiamo una lista di attesa di due mesi'. Ma nonostante la pratica sia ormai diffusa, per la società conservatrice indiana è sempre un tabù di cui non si parla apertamente.
"La mia stessa famiglia - conclude Saharan - non accetta che io faccio questo lavoro, ma io sono convinto che invece così si fa del bene per le coppie sterili e per chi ha dei problemi finanziari. Ma è assolutamente essenziale che sia approvata una buona legge e che siano fatti dei controlli sui centri".

sabato 8 agosto 2015

Nuova campagna di Modi, rilanciare il telaio a mano

Su ANSA

Il premier indiano Narendra Modi ha lanciato oggi una nuova campagna per promuovere l'antica tradizione della tessitura con il telaio a mano e per trasformarlo in una 'global brand'. "Dobbiamo rendere popolari tra i giovani i tessuti prodotti con il telaio a mano - ha detto nella città meridionale di Chennai in occasione del primo 'Handloom Day' - in modo da ridare slancio a questo settore" che oggi sta vivendo una profonda crisi. Modi ha chiesto alle star del cinema "di promuovere nei loro film i prodotti dei telai a mano" per trasformare in una 'moda' questa forma di artigianato che impiega oltre 4 milioni di tessitori, quasi tutti tra le fasce più basse della popolazione. I prodotti tessuti a mano, quasi sempre in laboratori familiari, costituiscono il 15% del totale del settore tessile indiano. Ma da diversi anni, molti centri artigianali, come quello di Varanasi (l'antica Benares), famoso per la lavorazione della seta, sono stati costretti a passare ai telai elettrici per sopravvivere alla concorrenza.