domenica 5 ottobre 2008

Persecuzioni in Orissa, quando induismo fa rima con casta

Su Famiglia Cristiana n.40 del 5 ottobre
L’ondata di violenza anti cristiana esplosa a fine agosto in Orissa e che sta contagiando il resto dell’India ha gettato un’ombra inquietante sulla più grande democrazia del mondo e patria del Mahatma Gandhi. Non è la prima volta che la minoranza cristiana, una forza importante per lo sviluppo nazionale pur essendo solo il 2,3% della popolazione, è presa di mira dai radicali indù ostili alle conversioni religiose, ma soprattutto allo scardinamento dello status quo castale. Lo scorso Natale c’era già stato spargimento di sangue in Orissa, lo stato orientale popolato da tribù poverissime e sfruttate nelle ricche miniere della regione. Erano stati per primi i missionari battisti arrivati nel 1820 a convertire gli indigeni animisti.
L’omicidio del 23 agosto del leader estremista del Vishwa Hindu Parishad (Consiglio Mondiale Indù) ha riacceso il fuoco che covava sotto la cenere. Il bilancio è stato pesante nel distretto di Kandhamal dove si contano almeno 25 morti, tra cui una missionaria laica arsa viva, una cinquantina di chiese profanate, decine di atti vandalici in conventi, ostelli, orfanotrofi e scuole, senza contare i 13 mila cristiani fuggiti nelle foreste dopo che le loro case erano state date alle fiamme. La lista si è allungata con nuovi assalti ad un centinaio di abitazioni e con l’incendio di altre tre chiese.
Ma si fa presto a dire persecuzioni religiose. La fede sembra essere solo una foglia di fico per coprire interessi economici e politici. Il 70% dei cristiani indiani sono “dalit”, ex “intoccabili” che abbracciano la parola di Cristo - ma anche di Buddha - per uscire da un destino che ancora oggi li condanna a raccogliere gli escrementi umani dalle latrine.
Le reazioni sono state dure. Il premier Manmohan Singh, un sikh scelto dalla leader cristiana Sonia Gandhi, ha parlato di “vergogna nazionale”. La chiesa indiana per protesta ha chiuso per un giorno le sue 30 mila scuole. Dopo il richiamo del Santo Padre, il governo italiano ha convocato l’ambasciatore indiano a Roma. Il Parlamento Europeo ha fatto sentire la sua voce con una risoluzione in cui chiede giustizia e anche risarcimenti per le vittime. Sarà uno dei punti in agenda del vertice annuale Ue-India che si tiene a Marsiglia.
La violenza non si è fermata, anzi è dilagata a sud nello stato del Karnataka, dove sono state prese a sassate chiese e statue nella moderna Bangalore, in quello del Madhya Pradesh e perfino in Kerala, dove le radici cristiane risalgono all’apostolo san Tommaso. Non è un caso però che in questi stati ci sia al potere il partito indù nazionalista Bharatya Janata Party (Partito del Popolo Indiano), che ha già messo in moto la sua macchina propagandistica in vista delle elezioni di primavera.

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