martedì 16 settembre 2014

Italiani n prigione a Varanasi, Corte Suprema rinvia appello di un mese

Su ANSA
NEW DELHI, 16 SET - Ennesimo rinvio per il ricorso di terzo grado presentato da Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, i due italiani condannati in India all'ergastolo per aver ucciso un amico nel 2010 durante una vacanza a Varanasi, la città sacra sul fiume Gange. La Corte Suprema, il massimo organo giudiziario di New Delhi, aveva fissato per oggi una nuova seduta dopo lo slittamento di una settimana fa quando il caso non era stato discusso per mancanza di tempo. Ma quando è arrivato il turno della causa, in agenda con il numero 12, il legale Haren Rawal non si è presentato perché impegnato in un'altra arringa. Il disguido ha quindi causato l'aggiornamento del processo tra quattro settimane. Tuttavia, come si è appreso dopo la seduta, i legali di Bruno e Boncompagni, tenteranno mercoledì mattina, con una richiesta orale al "chief justice" R.M. Lodha, di anticipare la discussione. Il ricorso contro la sentenza di secondo grado emessa da un tribunale di Allahabad (Uttar Pradesh) è pendente presso la Corte Suprema da oltre un anno. Nonostante sia stato regolarmente calendarizzato dalla Corte, il caso non era mai stato discusso nel merito per mancanza di tempo. Il rinvio è stato una vera e propria doccia fredda per i genitori dei due giovani, Euro Bruno e Romano Boncompagni, che si trovavano fuori dai cancelli della Corte in attesa di notizie da parte dei legali. I due genitori erano assistiti dall'ambasciatore d'Italia a New Delhi Daniele Mancini. "Non ho parole per commentare la mia amarezza e il mio sgomento per lo stato della giustizia indiana" ha detto all'ANSA il padre della torinese Elisabetta trattenendo le lacrime e la rabbia per il nulla di fatto. "Speravamo davvero che questa fosse la volta buona - ha aggiunto - e invece sono di fronte all'ennesimo rinvio dopo un lungo anno di attesa. Non so come dirlo a Elisabetta". Stessi sentimenti di delusione anche per Bruno, che ha lasciato la moglie Marina a Varanasi. In quattro anni di battaglie giudiziarie, i coniugi Bruno si sono recati in India oltre 20 volte per fare visita ai due giovani in carcere (che non possono ricevere telefonate) e per seguire le varie fasi processuali. "Se il caso non viene discusso in fretta - ha spiegato Bruno - nei prossimi mesi ci saranno importanti festività in India che potrebbero allungare ancora di più i tempi di questa odissea giudiziaria". I due italiani erano partiti da Londra all'inizio del 2010 per un viaggio insieme a Francesco Montis, compagno di Elisabetta che nella notte del 4 febbraio si sentì male in un albergo di Varanasi. Gli amici lo portarono subito all'ospedale dove però fu dichiarato morto. Tomaso, che all'epoca 27 anni, e Elisabetta, 36 anni, vengono arrestati con l'accusa di aver strangolato l'amico per motivi passionali. Ma le prove, a partire dall'autopsia, sono molto lacunose e contraddittorie. Secondo i due giovani, condannati all'ergastolo un anno dopo e la cui pena è stata riconfermata nel 2012 dall'Alta Corte di Allahabad, Montis è morto per asfissia a causa di un attacco asmatico. 

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