In onda su Radio Svizzera Italiana
E' entrata nel vivo la maratona elettorale indiana giunta oggi alle terza giornata di voto considerata un test cruciale per il Congresso di Sonia Gandhi e per l'opposizione indu nazionalista del Bjp in cerca di una rivincita dopo lasconfitta del 2004.
Tra i nove stati dove stamattina si sono aperte le urne c'e il nord occidentale Gujarat, terra natale del Mahatma Gandhi, ma anche roccaforte del Bjp, Il Partito del Popolo Indiano, guidato dall'ultraottantenne Lal Krishna Advani, che in queste elezioni gioca le ultime carte della sua sessantennale carriera politica. Advani, il principale rivale di Manmohan Singh alla carica di primo ministro, ha votato in mattinata in un collegio di Ahmedabad, il capoluogo del Gujarat, dove sta affilando le armi anche il suo delfino, Narendra Modi, controverso leader regionale accusato di complicita nei moti contro i mussulmani del 2002.
A centinaia di chilemetri a est nel popoloso Uttar Pradesh e' scesa invece in campo l'italo indiana Sonia Gandhi, candidata nel collegio di famiglia di Rae Bareli, che gode ancora di un alto tasso di popolarita' grazie ai programmi di governo a favore dei contadini e dei piu' poveri.I sondaggi danno il Congresso come favorito, anche se a decidere le sorti della prossima maggioranza saranno i partiti minori e quelli regionali che gia nel 2004 avevano ottenuto oltre la meta' dei consensi.
Tra i 144 milioni di elettori oggi alle urne ci sono anche quelli di Mumbai, la metropoli ancora sotto choc per l'attacco terroristico del 26 novembre che aveva creato molto risentimento popolare contro il governo. Ma questa terza fase e' importante anche per il travagliato Kashmir, dove i separatisti mussulmani hanno deciso di boicottare le elezioni e di paralizzare con uno sciopero generale il capoluogo di Srinagar dove nei due ultimi giorni si sono verificati violenti scontri con al polizia.
giovedì 30 aprile 2009
martedì 28 aprile 2009
Pakistan, nuova offensiva contro i talebani, 30 mila sfollati
Secondo un ministro della Provincia di Frontiera del Nord Ovest, circa 30 mila persone hanno lasciato le loro case in seguito alla massiccia offensiva dell'esercito pachistano contro i guerriglieri talebani. Gli sfollati sarebbero stati accolti in campi di fortuna in altri distretti. Da domenica i militari hanno lanciato una vasta operazione con bombardamenti a tappeto nella regione che sorge ad appena 100 km a nord di Islamabda e che sta diventando una nuova roccaforte degli studenti coranici. Si tratta di aree confinanti con la valle di Swat, ex meta turistica montana, ora dominata dai gruppi locali estremisti che hanno imposto la legge islamica. I militanti avevano preso possesso la scorsa settimana del distretto di Buner in una manovra di avvicimento verso la capitale. Secondo un portavoce militare, l'esercito sarebbe riuscito a respingere i guerriglieri nel distretto di Dir Inferiore dove due giorni fa era stata lanciata l'offensiva in risposta ad un'imboscata.
In questa zona lo scorso febbrario era stato firmata una controvera tregua con i talebani che in cambio avevano ottenuto la concessione di instaurare i tribunali islamici. L'accordo era stato cristicato dalla Casa Bianca, che ha espresso ieri soddifazione per l'operazione militare e chiesto al Congresso di accelerare l'approvazione dei finanziamenti destinati al governo di Zardari.
In questa zona lo scorso febbrario era stato firmata una controvera tregua con i talebani che in cambio avevano ottenuto la concessione di instaurare i tribunali islamici. L'accordo era stato cristicato dalla Casa Bianca, che ha espresso ieri soddifazione per l'operazione militare e chiesto al Congresso di accelerare l'approvazione dei finanziamenti destinati al governo di Zardari.
domenica 26 aprile 2009
Sri Lanka, diplomazie si mobilitano, in arrivo Miliband, Kouchner e Bildt
La determinazione di Colombo di continuare la guerra nonostante il rischio di un disastro umanitario ha convinto le diplomazie occidentali ad intervenire nella crisi dello Sri Lanka. Dopo il rifiuto del governo di Mahinda Rajapaksa di accettare l'offerta di tregua offerta ieri dai ribelli delle Tigri Tamil definendola una "presa in giro", la Gran Bretagna ha deciso di inviare sull'isola il ministro degli esteri David Miliband che sara acconoagnato dal suo omologo francese Bernard Kouchner e da quello svedese Carl Bildt. In una telefonata ieri al presidente nazionalista Rajapaksa, il premier britannico Gordon Brown aveva chiesto un cessate il fuoco e offerto ulteriori aiuti umanitari per i civili intrappolati nei combattimenti. Un analogo appello era stato rivolto dal responsabile degli affari umanitari dell'Onu, John Holmes, in missione ieri a Colombo. Secondo le Nazioni Unite 50 mila profughi rischiano di morire di fame. La crisi umanitaria preoccupa anche il governo indiano che sta affrontando in queste settimane le elezioni generali tra il crescente malcontento della comunitá tamil concentata nello stato meridionale del Tamil Nadu.
martedì 21 aprile 2009
Recessione - Banca Centrale taglia i tassi d'interesse
Su Apcom
Di fronte a prospettive più pessimiste sulla ripresa economica, la Banca Centrale Indiana (RBI, Reserve Bank of India) ha deciso di allentare la stretta creditizia tagliando di 25 punti percentuali il tasso di interesse a breve portandolo al 4,75%. Si tratta della seconda riduzione negli ultimi sei mesi e coincide con le elezioni in corso per il rinnovo del Parlamento indiano che termineranno il 13 maggio. Secondo i sondaggi sarebbe favorito il partito del Congresso attualmente al governo con una coalizione di centro sinistra guidata dal primo ministro Manmohan Singh.
La nuova riduzione del costo del denaro, che giunge abbastanza inaspettata per la maggior parte degli operatori finanziari, sembra addensare nuovi nubi sul futuro della locomotiva indiana che nell’anno fiscale 2008-2009 ha subito un rallentamento, anche se rimane tra le più sostenute del mondo grazie alla domanda interna e alla scarsa dipendenza dalle esportazioni. La RBI ha anche rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il prossimo anno portandole al 6%. Nell’anno fiscale terminato il 31 marzo la Banca centrale prevede un’espansione dal 6,5 al 6,7%, mentre il governo del 7,1%.
“La principale sfida – ha detto il governatore D.Subbarao – è di creare stimoli di sostegno della domanda per ritornare ad alti tassi di crescita”. Negli ultimi cinque anni l’India è cresciuta ad un ritmo medio dell’8,8%. Il numero uno della RBI ha ammesso che la recessione finanziaria mondiale ha avuto un impatto negativo sull’India, come su tutte le economie emergenti, in una misura maggiore del previsto.
Dallo scorso autunno, il governo indiano ha adottato tre pacchetti fiscali e iniettato 83,4 milioni di dollari nel mercato per sostenere il sistema creditizio. I tassi di interessi sono stati dimezzati rispetto al 9% di un anno fa quando la principale paura era il surriscaldamento dell’economia che aveva innescato una fiammata dei prezzi. Dopo aver toccato il record del 12% l’inflazione è a livello zero secondo l’ultimo rilevamento di marzo per quanto riguarda i prezzi all’ingrosso (mentre il tasso dei prezzi al consumo rimane elevato).
Le manovre della RBI hanno però finora avuto un effetto limitato. La drastica riduzione del costo del denaro non è stata seguita dal sistema bancario per i tassi su mutui e prestiti commerciali che sono rimasti pressoché invariati. Ma su pressione della RBI, la principale banca indiana, ICICI Bank, oggi ha ridotto di mezzo punto percentuale il tasso sui prestiti per i consumatori.
Di fronte a prospettive più pessimiste sulla ripresa economica, la Banca Centrale Indiana (RBI, Reserve Bank of India) ha deciso di allentare la stretta creditizia tagliando di 25 punti percentuali il tasso di interesse a breve portandolo al 4,75%. Si tratta della seconda riduzione negli ultimi sei mesi e coincide con le elezioni in corso per il rinnovo del Parlamento indiano che termineranno il 13 maggio. Secondo i sondaggi sarebbe favorito il partito del Congresso attualmente al governo con una coalizione di centro sinistra guidata dal primo ministro Manmohan Singh.
La nuova riduzione del costo del denaro, che giunge abbastanza inaspettata per la maggior parte degli operatori finanziari, sembra addensare nuovi nubi sul futuro della locomotiva indiana che nell’anno fiscale 2008-2009 ha subito un rallentamento, anche se rimane tra le più sostenute del mondo grazie alla domanda interna e alla scarsa dipendenza dalle esportazioni. La RBI ha anche rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il prossimo anno portandole al 6%. Nell’anno fiscale terminato il 31 marzo la Banca centrale prevede un’espansione dal 6,5 al 6,7%, mentre il governo del 7,1%.
“La principale sfida – ha detto il governatore D.Subbarao – è di creare stimoli di sostegno della domanda per ritornare ad alti tassi di crescita”. Negli ultimi cinque anni l’India è cresciuta ad un ritmo medio dell’8,8%. Il numero uno della RBI ha ammesso che la recessione finanziaria mondiale ha avuto un impatto negativo sull’India, come su tutte le economie emergenti, in una misura maggiore del previsto.
Dallo scorso autunno, il governo indiano ha adottato tre pacchetti fiscali e iniettato 83,4 milioni di dollari nel mercato per sostenere il sistema creditizio. I tassi di interessi sono stati dimezzati rispetto al 9% di un anno fa quando la principale paura era il surriscaldamento dell’economia che aveva innescato una fiammata dei prezzi. Dopo aver toccato il record del 12% l’inflazione è a livello zero secondo l’ultimo rilevamento di marzo per quanto riguarda i prezzi all’ingrosso (mentre il tasso dei prezzi al consumo rimane elevato).
Le manovre della RBI hanno però finora avuto un effetto limitato. La drastica riduzione del costo del denaro non è stata seguita dal sistema bancario per i tassi su mutui e prestiti commerciali che sono rimasti pressoché invariati. Ma su pressione della RBI, la principale banca indiana, ICICI Bank, oggi ha ridotto di mezzo punto percentuale il tasso sui prestiti per i consumatori.
lunedì 20 aprile 2009
Sri Lanka, ultimatum di 24 ore a Tigri Tamil
Dopo aver abbattuto alcune fortificazioni dei ribelli e liberato 5 mila sfollati tamil dalla zona di guerra, il governo srilankese ha dato un nuovo ultimatum di 24 ore per arrendersi al leader delle Tigri Tamil Vellupillai Prabakharan. Un portavoce del ministero della difesa ha dichiarato che i guerriglieri avranno tempo fino a mezzogiorno di domani per prendere una decisione. Secondo fonti governative, l’offensiva contro i superstiti del movimento separatista dell’LTTE potrebbe essere davvero alla fase finale dopo oltre due mesi di furiosi combattimenti che avrebbero causato almeno 5 mila morti tra i civili. Secondo fonti dell’Onu nella ristretta fascia nel distretto di Mullaitivu, sulla costa nord orientale, ci sarebbero ancora 100 mila persone in condizioni disperate a causa della mancanza di cibo e medicine. Il governo srilankese accusa i militanti delle Tigri Tamil, accerchiate in appena 17 chilometri quadrati di foresta, di usare i civili come scudi umani per frenare l’avanzata dell’esercito. Le truppe avrebbero aperto un varco ieri attraverso una trincea di terra battuta costruita dei ribelli. Il presidente Mahinda Rajapaksa ha detto stamattina ai giornalisti che 35 mila civili saranno presto trasferiti dalle aree militari nei campi di accoglienza. Il governo ha anche mostrato immagini aeree di migliaia di tamil in fuga. Sempre secondo un portavoce militare, almeno venti civili sarebbero morti a causa di tre attacchi suicidi dei ribelli.
domenica 19 aprile 2009
Oscar e miseria. La baby star di Millionaire in vendita a uno sceicco secondo un tabloid inglese
Su Il Giornale
Prima le denunce degli abitanti delle baraccopoli di Mumbai, poi le accuse di aver sfruttato Azharuddin e Rubina, infine la fredda accoglienza del pubblico in India che ha disertato le sale. Il film successo The Millionarie, vincitore di otto Oscar, continua a sollevare polemiche. Adesso è la volta del padre della piccola attrice Rubina Ali Qureshi, che avrebbe deciso di vendere la figlia di 9 anni a un ricco sceicco per “sfuggire alla miseria dello slum in cui vive la sua famiglia”. Avrebbe acconsentito di “dare in adozione” la bambina per 20 milioni di rupie (circa 310 mila euro).
La notizia, prontamente smentita da Rafiq Qureshi, è stata pubblicata dal tabloid domenicale britannico “The News of The World” famoso per scoop scandalistici. Fingendosi un ricco arabo di Dubai, un reporter si è recato a Mumbai e ha contattato la famiglia di Rubina che si è mostrata subito interessata all’affare. Sembra che Rafiq fosse già in trattativa con un acquirente del Medio Oriente che aveva saputo delle loro difficoltà dalla televisione Al Jazeera. L’incontro tra il finto sceicco e una finta principessa velata si è svolto in una suite di un hotel a cinque stelle ed è stato filmato dal reporter. Il video è disponibile sul website del tabloid. “Papà Rafiq sta disperatamente cercando di trarre guadagno dal successo del film vendendo la bambina al migliore offerente” scrive l’autore dell’inchiesta esclusiva intitolata “Padre vende la figlia da Oscar per 200 mila sterline”. Sembra che il genitore di Rubina abbia aumentato di 4 volte la somma pattuita in un primo tempo. “Questa bambina è speciale, è una bambina da Oscar!” avrebbe detto al reporter che ha organizzato diversi appuntamenti per negoziare il prezzo. In uno di questi incontri, un componente della famiglia avrebbero addirittura “offerto” in vendita altre bambine della stessa baraccopoli ovviamente a una cifra inferiore
Dopo lo straordinario successo di The Millionaire e il viaggio a Los Angeles per la consegna degli Oscar, Rubina - che nel film interpreta la bella Latika - e il suo co-protagonista Azharuddin Ismail, 10 anni, sono tornati a vivere nella baraccopoli di Bandra dove erano stati “scoperti” dalla troupe del regista britannico Danny Boyle. Rubina dorme sul pavimento di una lurida baracca con due fratelli, il padre e la matrigna che è incinta di tre mesi. Per un anno di riprese i due bambini hanno ricevuto una modesta somma più la creazione di un fondo per coprire le spese della loro istruzione universitaria. Rafiq, che il giornale britannico descrive come “uno che conosce i trucchi della strada”, ha già speso tutti i contanti per cure mediche. Le famiglie avevano accusato i produttori di Hollywood di aver “sfruttato” i loro figli e di essere “scomparsi” senza mantenere le promesse di migliorare le loro condizioni di vita. La pellicola, che descrive gli orrori e il degrado delle baraccopoli di Mumbai, ha incassato 300 milioni di dollari. A marzo i due mini attori erano andati a New Delhi per incontrare Sonia Gandhi, la leader del partito del Congresso, a cui hanno chiesto di avere dal governo indiano un alloggio in muratura. Il partito della Gandhi aveva comprato i diritti della colonna sonora di “Slumdog Millionaire” (questo il titolo inglese) per usarla nella campagna elettorale. In seguito alle critiche, qualche giorno fa, i produttori americani erano ritornati a Mumbai per donare oltre 700 mila dollari a un’organizzazione non governativa che si occupa del recupero di bambini di strada di Mumbai.
venerdì 17 aprile 2009
Pakistan, promessi aiuti per oltre 5 miliardi di dollari
In onda su Radio Vaticana
Superando le stesse aspettative del governo di Islamabad, la comunità internazionale ha promesso oltre 5 miliardi di dollari al Pakistan per il rilancio dell’economia e la lotta al terrorismo. A garantire il maxi finanziamento nei prossimi due anni è stata la conferenza dei donatori che si è conclusa ieri a Tokyo presieduta da Giappone, da Banca Mondiale e dai cosiddetto club degli Amici del Pakistan democratico. In totale erano presenti 24 paesi e 16 organizzazioni internazionali. Gli aiuti più generosi sotto forma di prestiti arriveranno da Giappone, Stati Uniti, Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti e Turchia.
Il Pakistan è la pedina centrale della nuova strategia annunciata del presidente americano Barak Obama per la stabilizzazione dell’Afghanistan. Nell’ottica della Casa Bianca è importante sostenere il governo di Asif Ali Zardari che appare indebolito da una serie di attentati degli estremisti, dall’avanzata dei talebani grazie a un controverso accordo nella vallata di Swat e da crisi politiche interne. Gli aiuti serviranno anche ad alleviare le condizioni di povertà in cui si trova il 40 per cento della popolazione.
Superando le stesse aspettative del governo di Islamabad, la comunità internazionale ha promesso oltre 5 miliardi di dollari al Pakistan per il rilancio dell’economia e la lotta al terrorismo. A garantire il maxi finanziamento nei prossimi due anni è stata la conferenza dei donatori che si è conclusa ieri a Tokyo presieduta da Giappone, da Banca Mondiale e dai cosiddetto club degli Amici del Pakistan democratico. In totale erano presenti 24 paesi e 16 organizzazioni internazionali. Gli aiuti più generosi sotto forma di prestiti arriveranno da Giappone, Stati Uniti, Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti e Turchia.
Il Pakistan è la pedina centrale della nuova strategia annunciata del presidente americano Barak Obama per la stabilizzazione dell’Afghanistan. Nell’ottica della Casa Bianca è importante sostenere il governo di Asif Ali Zardari che appare indebolito da una serie di attentati degli estremisti, dall’avanzata dei talebani grazie a un controverso accordo nella vallata di Swat e da crisi politiche interne. Gli aiuti serviranno anche ad alleviare le condizioni di povertà in cui si trova il 40 per cento della popolazione.
ELEZIONI, via alla maratona elettorale. Bjp cerca rivincita sul Congresso
Su Il Giornale
Da stamattina la più grande democrazia del mondo, come è soprannominata l’India, si è messa di nuovo in marcia per la prima di cinque tornate delle elezioni generali che si concluderanno il 13 maggio. La maratona elettorale coinvolge 710 milioni di votanti dalle cime dell’Himalaya fino alle foreste tropicali del Kerala che dovranno scegliere i 543 deputati della Camera Bassa del Parlamento schiacciando i tasti di una macchinetta elettronica. Le urne sono aperte oggi in alcuni stati nord e centro orientali, tra cui l’Orissa, teatro delle persecuzioni anticristiane e nel cosiddetto “corridoio rosso” tormentato dalla guerriglia maoista.
I simboli in lizza sono oltre mille, ma la sfida è tra i due schieramenti principali: il Congresso, partito di centro sinistra al potere guidato da Sonia Gandhi e l’opposizione indu nazionalista del Bjp o Bharatiya Janata party (Partito Indiano del Popolo). Nessuno dei due è in grado di conquistare la maggioranza in Parlamento e avrà quindi bisogno del supporto dei partiti regionali che secondo molti osservatori saranno i veri protagonisti di queste elezioni. Tra questi c’è il “terzo fronte” guidato dall’ambiziosa leader Mayawati, la regina dei dalit (gli ex-intoccabili), oggi al potere in Uttar Pradesh, il mega stato settentrionale da 160 milioni di persone, dove si giocano i destini dei governi di New Delhi. Secondo i sondaggi, i due grandi partiti nazionali subiranno un’erosione dei consensi con il rischio di essere più “ricattabili” dalle forze regionali che sono portavoce di una miriade di interessi locali di casta, religione o etnia. Il partito laico del Congresso, dominato dalla famiglia dei Nehru-Gandhi, giunta ora alla quarta generazione con Rahul, si propone come il partito delle masse e delle minoranze, ma si ritrova con molti concorrenti a livello regionale che pescano nello stesso serbatoio elettorale. Gli indu nazionalisti del Bjp guidato dal falco Lal Krishna Advani, l’ultraottantenne aspirante primo ministro che usa i blog, si propongono come partito “forte” per fronteggiare la minaccia del terrorismo e i rischi di recessione economica. Ma non hanno rinunciato alla propaganda nazionalistica dell’”India agli Indù”.
Da stamattina la più grande democrazia del mondo, come è soprannominata l’India, si è messa di nuovo in marcia per la prima di cinque tornate delle elezioni generali che si concluderanno il 13 maggio. La maratona elettorale coinvolge 710 milioni di votanti dalle cime dell’Himalaya fino alle foreste tropicali del Kerala che dovranno scegliere i 543 deputati della Camera Bassa del Parlamento schiacciando i tasti di una macchinetta elettronica. Le urne sono aperte oggi in alcuni stati nord e centro orientali, tra cui l’Orissa, teatro delle persecuzioni anticristiane e nel cosiddetto “corridoio rosso” tormentato dalla guerriglia maoista.
I simboli in lizza sono oltre mille, ma la sfida è tra i due schieramenti principali: il Congresso, partito di centro sinistra al potere guidato da Sonia Gandhi e l’opposizione indu nazionalista del Bjp o Bharatiya Janata party (Partito Indiano del Popolo). Nessuno dei due è in grado di conquistare la maggioranza in Parlamento e avrà quindi bisogno del supporto dei partiti regionali che secondo molti osservatori saranno i veri protagonisti di queste elezioni. Tra questi c’è il “terzo fronte” guidato dall’ambiziosa leader Mayawati, la regina dei dalit (gli ex-intoccabili), oggi al potere in Uttar Pradesh, il mega stato settentrionale da 160 milioni di persone, dove si giocano i destini dei governi di New Delhi. Secondo i sondaggi, i due grandi partiti nazionali subiranno un’erosione dei consensi con il rischio di essere più “ricattabili” dalle forze regionali che sono portavoce di una miriade di interessi locali di casta, religione o etnia. Il partito laico del Congresso, dominato dalla famiglia dei Nehru-Gandhi, giunta ora alla quarta generazione con Rahul, si propone come il partito delle masse e delle minoranze, ma si ritrova con molti concorrenti a livello regionale che pescano nello stesso serbatoio elettorale. Gli indu nazionalisti del Bjp guidato dal falco Lal Krishna Advani, l’ultraottantenne aspirante primo ministro che usa i blog, si propongono come partito “forte” per fronteggiare la minaccia del terrorismo e i rischi di recessione economica. Ma non hanno rinunciato alla propaganda nazionalistica dell’”India agli Indù”.
Intervista/Rahul Gandhi: "I giovani vogliono un cambiamento del modo di fare politica"
TALWANDI SABO (Punjab) – Ci saranno 40 gradi sotto il tendone dove un mare di turbanti colorati ondeggia tra il turbinio dei ventilatori. Rahul Gandhi, in casacca e pantaloni bianchi, sbuca da una nuvola di polvere sollevata dall’elicottero atterrato a fianco di un campo di orzo maturo. Qui in Punjab, il granaio dell’India e regno dei battaglieri sikh, sta per iniziare la mietitura. Il suo comizio, in hindi, dura appena sette minuti ed è una fotocopia di quello fatto il giorno prima in Kerala a quasi tremila chilometri a sud. Ma non importa perché come dice in questa intervista a Il Giornale, la missione di questo “Obama” dalla pelle chiara e dai lineamenti padani è di cambiare il volto dell’India coinvolgendo i giovani che non sono più i “figli della mezzanotte”, dell’India postcoloniale e sottosviluppata, ma è la generazione delle riforme economiche che hanno levato i ceppi all’elefante indiano.
Domanda: “Il suo principale obiettivo degli ultimi anni è stato quello di promuovere un rinnovo generazionale nel partito del Congresso. E’ importante anche per il Paese?
Risposta. Non bisogna dimenticare che il 70 per cento della popolazione indiana è al di sotto dei 35 anni. Il futuro dell’India moderna è nelle mani di questi giovani. Bisogna dare loro la possibilità e gli strumenti per partecipare ai processi decisionali. Se vogliamo essere veramente democratici dobbiamo utilizzare strumenti democratici per creare la base politica. Per esempio qui in Punjab grazie alle elezioni di partito lo scorso dicembre abbiamo ora 2500 volti completamente nuovi. Certo non bastano solo tre mesi, ma ci vogliono cinque o sette anni prima di vedere i risultati. Non bastano le elezioni, bisogna promuovere il concetto stesso di democrazia.
D. Che cosa vogliono i giovani indiani dai politici?
R. Vogliono un cambiamento radicale del modo in cui noi facciamo politica ed è proprio quello che io vorrei fare. Voglio dare la possibilità ai giovani di entrare nel partito sulla base dei meriti e delle performance, non più per nepotismo o grazie al denaro. Certo non è un compito veloce. Non dimentichiamo che noi indiani rappresentiamo un abitante su sei del pianeta e ci vuole tempo a cambiare. Ma io ho già iniziato. Qui in Punjab ben cinque dei 13 candidati del Congresso al Lok Sabha (la camera bassa, ndr) sono giovani.
D. In caso di vittoria del Congresso, il candidato a primo ministro è l’attuale premier Manmohan Sigh, ma sono in molti a proiettare Rahul come il suo successore un giorno…
R. Lo so che c’è molta pressione su di me, ma per ora preferisco il lavoro organizzativo all’interno del mio partito che deve diventare un partito moderno e progressista. Mi sono ripromesso di rivoluzionare l’ala giovanile del Congresso, lo Youth Congress, nei prossimi due anni. Il primo passo è già stato compiuto proprio qui in Punjab con le elezioni a livello di partito giovanile. E’ stata la prima volta che il partito sceglie la propria leadership in maniera trasparente e imparziale. Intendo fare la stessa cosa anche negli altri stati in modo da avere tra due anni il più grande movimento giovanile del mondo attraverso elezioni democratiche.
D. Non è un paradosso che proprio l’erede della più famosa dinastia politica indiana e di un partito che ha 125 anni di storia parli di rinnovamento e di facilitare l’ingresso dei giovani che non si sono mai interessati di politica?
R. Penso che proprio perché provengo da una famiglia importante sono l’unico in grado di farlo. La gente mi vota perché il cognome che porto è una garanzia. Le aspettative della gente non sono su di me, ma sui valori che rappresenta la famiglia dei Gandhi, che sono quelli di un’India unita e rispettosa delle minoranze.
D. Lei è considerato abbastanza schivo e riservato sulla sua vita di scapolo trentottenne, ma molti vorrebbero sapere se ci sono nozze in vista. Anche sua sorella Priyanka l’ha auspicato l’altro giorno davanti ai giornalisti …
R. (con un sorriso imbarazzato): me lo chiedo anch’io a volte…e adesso comunque non ne avrei proprio il tempo.
Frattini spiega agenda del G8 sul Times of India
Su Apcom
Per risolvere temi globali come la recessione economica mondiale, il cambiamento climatico e l’avanzare dell’estremismo islamico in Afghanistan e in Pakistan è necessario creare un “fronte comune” tra i principali attori sulla scena internazionale, compresa l’India. E’ il messaggio contenuto in un editoriale del ministro degli esteri Franco Frattini apparso oggi sul “Times of India”, uno dei principali quotidiani nazionali indiani in lingua inglese, intitolato “Partnership is The Key” e dedicato a delineare l’agenda della Farnesina per la presidenza italiana del G8. “In un mondo multipolare e complesso come quello di oggi, dobbiamo trovare soluzioni comuni a problemi comuni” scrive Frattini sottolineando la necessità di condividere il peso della “governance” mondiale.
“La presidenza italiana del G8 intensificherà il suo impegno a coinvolgere i Paesi del Processo di Heilegendamm, che comprende naturalmente l’India, e anche i Paesi africani” si legge nell’editoriale dove sono elencate quattro priorità in vista del vertice della Maddalena a luglio: il rilancio dell’economia e la riforma delle istituzioni di Bretton Woods, le politiche di sviluppo in Africa, il binomio energia e ambiente e la nuova strategia in Afghanistan.
Su quest’ultimo fronte è importante il coinvolgimento dell’India, che è uno dei Paesi donatori più importanti per Kabul, ma è anche uno dei paesi più vulnerabili dal terrorismo di matrice islamica, come ha mostrato la strage di Mumbai del novembre scorso. A Trieste il 26 giugno si terrà un vertice regionale sull’Afghanistan a cui parteciperanno i paesi del G8, India, Pakistan, Cina, le Repubbliche dell’Asia Centrale, Egitto, Turchia e qualche Paesi del Golfo. “Stiamo pensando anche di invitare l’Iran” scrive Frattini convinto che “se si coinvolgono tutti i maggiori attori nelle diverse aree di competenza, dal controllo dei confini, alla lotta al narco-traffico e al contrabbando di armi, è possibile creare un clima favorevole alla stabilizzazione non solo dell’Afghanistan, ma dell’intera regione”.
Per risolvere temi globali come la recessione economica mondiale, il cambiamento climatico e l’avanzare dell’estremismo islamico in Afghanistan e in Pakistan è necessario creare un “fronte comune” tra i principali attori sulla scena internazionale, compresa l’India. E’ il messaggio contenuto in un editoriale del ministro degli esteri Franco Frattini apparso oggi sul “Times of India”, uno dei principali quotidiani nazionali indiani in lingua inglese, intitolato “Partnership is The Key” e dedicato a delineare l’agenda della Farnesina per la presidenza italiana del G8. “In un mondo multipolare e complesso come quello di oggi, dobbiamo trovare soluzioni comuni a problemi comuni” scrive Frattini sottolineando la necessità di condividere il peso della “governance” mondiale.
“La presidenza italiana del G8 intensificherà il suo impegno a coinvolgere i Paesi del Processo di Heilegendamm, che comprende naturalmente l’India, e anche i Paesi africani” si legge nell’editoriale dove sono elencate quattro priorità in vista del vertice della Maddalena a luglio: il rilancio dell’economia e la riforma delle istituzioni di Bretton Woods, le politiche di sviluppo in Africa, il binomio energia e ambiente e la nuova strategia in Afghanistan.
Su quest’ultimo fronte è importante il coinvolgimento dell’India, che è uno dei Paesi donatori più importanti per Kabul, ma è anche uno dei paesi più vulnerabili dal terrorismo di matrice islamica, come ha mostrato la strage di Mumbai del novembre scorso. A Trieste il 26 giugno si terrà un vertice regionale sull’Afghanistan a cui parteciperanno i paesi del G8, India, Pakistan, Cina, le Repubbliche dell’Asia Centrale, Egitto, Turchia e qualche Paesi del Golfo. “Stiamo pensando anche di invitare l’Iran” scrive Frattini convinto che “se si coinvolgono tutti i maggiori attori nelle diverse aree di competenza, dal controllo dei confini, alla lotta al narco-traffico e al contrabbando di armi, è possibile creare un clima favorevole alla stabilizzazione non solo dell’Afghanistan, ma dell’intera regione”.
giovedì 16 aprile 2009
ELEZIONI 2009, oltre 15 vittime negli attachi dei maoisti ai seggi del Chhattisgarh e Jharkhand
Oltre 15 poliziotti e scrutatori sono rimasti uccisi in diversi attacchi e imboscate della guerriglia maoista che controlla parte dell’India nord e centro orientale dove da stamattina sono in corso le elezioni per il rinnovo della camera bassa del parlamento nazionale al quale toccherà poi esprimere una maggioranza di governo. Oltre 140 milioni di votanti, un quinto del totale, sono stati chiamati alle urne per questa prima tornata della lunga maratona elettorale che si concluderà il 13 maggio. Questi nuovi sanguinosi attacchi dei ribelli maoisti, che controllano parte del territorio degli stati tribali del Chhattisgarh e del Jharkahand, rappresentano un monito per i partiti indiani in lizza per queste elezioni che hanno come tema centrale proprio lotta al terrorismo. Per proteggere i seggi, che sono 186 mila in questa prima tornata sparsi in 17 stati, tra cui quello di Jammu e Kashmir, sono stati dispiegati soldati e forze paramilitari. La lotta al terrorismo è uno dei punti fondamentali nei programmi dei due partiti principali, il Congresso di Sonia Gandhi, al potere negli ultimi cinque anni e l’opposizione indù nazionalista del Bjp che cerca una rivincita dopo la bruciante sconfitta del 2004.
ELEZIONI 2009, urne aperte per 140 milioni di elettori tra la violenza dei maoisti
In onda su Radio Svizzera ItalianaSi sono aperte tra la violenza le urne nel nord e centro dell’India dove è iniziata la maratona elettorale di cinque settimane per il rinnovo del Parlamento. Numerosi seggi sono stati attaccati dai ribelli maoisti attivi nel cosiddetto corridoio rosso che si estende negli stati del Bihar, Chchattisgar, Orissa e Andra Pradesh, dove è si sta svolgendo la prima delle cinque tornate elettorali. Diversi poliziotti sarebbero morti negli scontri con i guerriglieri che più volte in passato hanno cercato di boicottare il processo elettorale. Esercito e forze paramilitari sono state dispiegate per proteggere gli elettori, in particolare nel distretto di Kandhamal, in Orissa, teatro l’anno scorso delle persecuzioni contro i cristiani.
In questa prima giornata, sono chiamati a votare su schede elettroniche 143 milioni di elettori in oltre 186 mila seggi aperti dalle sette ora locale. Ma per conoscere i risultati occorrerà aspettare lo spoglio previsto per il 16 maggio. I sondaggi danno in testa il partito del Congresso, al potere negli ultimi cinque anni con una coalizione di centro sinistra, seguito da vicino dall’opposizione indu nazionalista del Bjp. Ma a decidere i destini dell’India molto probabilmente questa volta saranno le alleanze dei partiti regionali, come quello della leader dei fuori casta, Mayawati, che giocheranno il ruolo di ago della bilancia.
In questa prima giornata, sono chiamati a votare su schede elettroniche 143 milioni di elettori in oltre 186 mila seggi aperti dalle sette ora locale. Ma per conoscere i risultati occorrerà aspettare lo spoglio previsto per il 16 maggio. I sondaggi danno in testa il partito del Congresso, al potere negli ultimi cinque anni con una coalizione di centro sinistra, seguito da vicino dall’opposizione indu nazionalista del Bjp. Ma a decidere i destini dell’India molto probabilmente questa volta saranno le alleanze dei partiti regionali, come quello della leader dei fuori casta, Mayawati, che giocheranno il ruolo di ago della bilancia.
mercoledì 15 aprile 2009
ELEZIONI 2009, gli elefanti minacciano il voto in Meghalaya
Non sono solo i maoisti indiani a minacciare le elezioni che iniziano domani nel Nord-Est dell'India, ma anche gli elefanti allo stato brado. Nel piccolo stato di Meghalaya, dove sono chiamati alle urne 12 milioni di elettori, è stato di allerta per paura di attacchi dei pachidermi in cerca di cibo e anche di una bevanda alcolica locale di cui vanno ghiotti.
Circa 200 seggi elettorali nel distretto tribale di Garo sono stati dichiarati “obiettivi sensibili” e saranno protetti da guardie forestali armate di mortaretti e tamburi. “Le ultime elezioni erano già state disturbate da furiosi assalti di elefanti - ha detto P. Naik, responsabile della commissione elettorale del Meghalaya - e questa volta abbiamo preso precauzioni in anticipo”. Gruppi di volontari, con elefanti addestrati, saranno anche presenti per proteggere la zona montana che sorge a ridosso del confine con il Bangladesh. Già in passato in più occasioni branchi selvaggi di elefanti, provenienti dalle fitte foreste dell'Assam, avevano attaccato i villaggi e devastato i raccolti. Un mese fa un pachiderma infuriato aveva ucciso quattro contadini.
In altri stati del Nord Est indiano, che vanno al voto in questa prima di cinque fasi della lunga maratona elettorale per il rinnovo del Parlamento che si concluderà il 13 maggio, decine di elefanti sono invece utilizzati per trasportare il materiale elettorale per allestire i seggi elettorali nelle zone più remote senza strade di accesso.
Circa 200 seggi elettorali nel distretto tribale di Garo sono stati dichiarati “obiettivi sensibili” e saranno protetti da guardie forestali armate di mortaretti e tamburi. “Le ultime elezioni erano già state disturbate da furiosi assalti di elefanti - ha detto P. Naik, responsabile della commissione elettorale del Meghalaya - e questa volta abbiamo preso precauzioni in anticipo”. Gruppi di volontari, con elefanti addestrati, saranno anche presenti per proteggere la zona montana che sorge a ridosso del confine con il Bangladesh. Già in passato in più occasioni branchi selvaggi di elefanti, provenienti dalle fitte foreste dell'Assam, avevano attaccato i villaggi e devastato i raccolti. Un mese fa un pachiderma infuriato aveva ucciso quattro contadini.
In altri stati del Nord Est indiano, che vanno al voto in questa prima di cinque fasi della lunga maratona elettorale per il rinnovo del Parlamento che si concluderà il 13 maggio, decine di elefanti sono invece utilizzati per trasportare il materiale elettorale per allestire i seggi elettorali nelle zone più remote senza strade di accesso.
martedì 14 aprile 2009
ELEZIONI 2009, economia e lotta al terrorismo i temi principali della sfida tra Congresso e Bjp
Su Apcom
L'economia e la lotta al terrorismo sono i due temi dominanti della maratona elettorale che prende il via giovedí per il rinnovo della camera bassa (Lok Sabha) del Parlamento. In cinque giornate di voto, dal 16 aprile al 13 maggio, 714 milioni di elettori saranno chiamati alle urne per scegliere 543 candidati provenienti da oltre mille partiti. In realtá non dovranno fare una croce su una scheda, ma pigiare un tasto su una macchinetta elettronica. Come cinque anni fa, anche queste elezioni sono completamente elettroniche. Nonostante la valanga di simboli e l'emergere dei partiti regionali, la battaglia elettorale si gioca sulla sfida tra il partito di centro sinistra del Congresso al potere negli ultimi cinque anni e l'opposizione indu nazionalista del Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano). Per il partito di Sonia Gandhi e di suo figlio Rahul, erede politico designato, é un banco di prova per le politiche di lotta alla povertá e a favore delle classi piú emerginate promosse dal governo di Manmohan Singh. Il programma "bandiera" da 2,2 miliardi di dollari che prevede 100 giorni pagati di lavoro all'anno per ogni capofamiglia del ceto rurale ha avuto successo nella maggior parte degli stati indiani. L'altro punto di forza del Congresso é la legge sul diritto all'informazione, fondamentale per un Paese dove esiste un alto livello di corruzione. Il nuovo manifesto elettorale dello storico partito dei Nehru-Gandhi rimane sempre a favore dell'"aam admi" (l'uomo comune). E' grazie alla politica populistica che nel 2004 ha sconfitto il Bjp, partito della classe medio-alta che aveva basato la sua campagna sull'idea di "India splendente" ("India Shining"). Questa volta il centro destra guidato dall'ultraottantenne Lal Krishna Advani, un falco per le sue idee nazionaliste, non ha voluto commettere lo stesso errore. Al primo punto del manifesto c'é infatti la promessa di garantire riso al prezzo sovvenzionato di 2 rupie al chilo (al cambio attuale un euro é circa 65 rupie) ad ogni famiglia al di sotto della povertá. Nel programma del Congresso c'é la stessa promessa ma al costo di 3 rupie al chilo. "Abbiamo capito la lezione - spiega Sudheendra Kulkarni, "spin doctor" del Bjp che sta coordinando anche la campagna elettorale su internet di Advani, che per raggiungere i giovani tiene un blog e fa pubblicitá sui principali webiste di musica - Il nostro manifesto ora privilegia le classi poveri. aiuta gli studenti in difficoltá e prevede sgravi fiscali per i soldati e gli anziani".
La recessione mondiale ha raffreddato la locomotiva indiana con effetti positivi sul lato dell'inflazione, del caro petrolio e del costo del denaro. Le previsioni di crescita per l'anno 08-09 sono intorno al 6 per cento e grazie alla spesa per i lavori pubblici e la domanda interna si ritiene che l'India riuscirá a recuperare in fretta. La ripresa economica ovviamente favorisce il Congresso che sul fronte internazionale puó vantare anche l'intesa con gli Stati Uniti sul commercio di tecnologia nucleare che permette all'India di uscire da tre decenni di isolamento in seguito ai test atomici.
La questione della sicurezza, sollevata dall'attentato di Mumbai del 26 novembre, sembra essere il vero terreno di scontro tra i due partiti nazionali. Advani ha accusato piú volte il premier Manmohan Singh, reduce da un'operazione cardiaca, di essere "il leader piú debole nella storia dell'India" per la sua presunta sudditanza a Sonia Gandhi che nel 2004 lo ha voluto su una poltrona che lei aveva rifiutato. Il Bjp ha promesso nuove leggi antiterrorismo che il Congresso, giunto al potere con un'alleanza di partiti della sinistra, ha ritirato fin da primo giorno per non alienarsi l'elettorato mussulmano. Un altro punto di attrito é sull'agenda nazionalistica che il partito di Advani e del suo delfino Narendra Modi (leader dello stato del Gujarat dove sono avvenuti i pogrom antimussulmani nel 2002) mettono al centro del loro programma. Il tema dell'Hindutva (L'India agli indú) é peró un'arma a doppio taglio che potrebbe far perdere consensi tra la classe medio-alta che mal sopporta il bigottismo di certi gruppi della destra e l'uso della violenza come nel caso delle persecuzioni contro i cristiani dell'Orissa della scorsa estate.
L'economia e la lotta al terrorismo sono i due temi dominanti della maratona elettorale che prende il via giovedí per il rinnovo della camera bassa (Lok Sabha) del Parlamento. In cinque giornate di voto, dal 16 aprile al 13 maggio, 714 milioni di elettori saranno chiamati alle urne per scegliere 543 candidati provenienti da oltre mille partiti. In realtá non dovranno fare una croce su una scheda, ma pigiare un tasto su una macchinetta elettronica. Come cinque anni fa, anche queste elezioni sono completamente elettroniche. Nonostante la valanga di simboli e l'emergere dei partiti regionali, la battaglia elettorale si gioca sulla sfida tra il partito di centro sinistra del Congresso al potere negli ultimi cinque anni e l'opposizione indu nazionalista del Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano). Per il partito di Sonia Gandhi e di suo figlio Rahul, erede politico designato, é un banco di prova per le politiche di lotta alla povertá e a favore delle classi piú emerginate promosse dal governo di Manmohan Singh. Il programma "bandiera" da 2,2 miliardi di dollari che prevede 100 giorni pagati di lavoro all'anno per ogni capofamiglia del ceto rurale ha avuto successo nella maggior parte degli stati indiani. L'altro punto di forza del Congresso é la legge sul diritto all'informazione, fondamentale per un Paese dove esiste un alto livello di corruzione. Il nuovo manifesto elettorale dello storico partito dei Nehru-Gandhi rimane sempre a favore dell'"aam admi" (l'uomo comune). E' grazie alla politica populistica che nel 2004 ha sconfitto il Bjp, partito della classe medio-alta che aveva basato la sua campagna sull'idea di "India splendente" ("India Shining"). Questa volta il centro destra guidato dall'ultraottantenne Lal Krishna Advani, un falco per le sue idee nazionaliste, non ha voluto commettere lo stesso errore. Al primo punto del manifesto c'é infatti la promessa di garantire riso al prezzo sovvenzionato di 2 rupie al chilo (al cambio attuale un euro é circa 65 rupie) ad ogni famiglia al di sotto della povertá. Nel programma del Congresso c'é la stessa promessa ma al costo di 3 rupie al chilo. "Abbiamo capito la lezione - spiega Sudheendra Kulkarni, "spin doctor" del Bjp che sta coordinando anche la campagna elettorale su internet di Advani, che per raggiungere i giovani tiene un blog e fa pubblicitá sui principali webiste di musica - Il nostro manifesto ora privilegia le classi poveri. aiuta gli studenti in difficoltá e prevede sgravi fiscali per i soldati e gli anziani".
La recessione mondiale ha raffreddato la locomotiva indiana con effetti positivi sul lato dell'inflazione, del caro petrolio e del costo del denaro. Le previsioni di crescita per l'anno 08-09 sono intorno al 6 per cento e grazie alla spesa per i lavori pubblici e la domanda interna si ritiene che l'India riuscirá a recuperare in fretta. La ripresa economica ovviamente favorisce il Congresso che sul fronte internazionale puó vantare anche l'intesa con gli Stati Uniti sul commercio di tecnologia nucleare che permette all'India di uscire da tre decenni di isolamento in seguito ai test atomici.
La questione della sicurezza, sollevata dall'attentato di Mumbai del 26 novembre, sembra essere il vero terreno di scontro tra i due partiti nazionali. Advani ha accusato piú volte il premier Manmohan Singh, reduce da un'operazione cardiaca, di essere "il leader piú debole nella storia dell'India" per la sua presunta sudditanza a Sonia Gandhi che nel 2004 lo ha voluto su una poltrona che lei aveva rifiutato. Il Bjp ha promesso nuove leggi antiterrorismo che il Congresso, giunto al potere con un'alleanza di partiti della sinistra, ha ritirato fin da primo giorno per non alienarsi l'elettorato mussulmano. Un altro punto di attrito é sull'agenda nazionalistica che il partito di Advani e del suo delfino Narendra Modi (leader dello stato del Gujarat dove sono avvenuti i pogrom antimussulmani nel 2002) mettono al centro del loro programma. Il tema dell'Hindutva (L'India agli indú) é peró un'arma a doppio taglio che potrebbe far perdere consensi tra la classe medio-alta che mal sopporta il bigottismo di certi gruppi della destra e l'uso della violenza come nel caso delle persecuzioni contro i cristiani dell'Orissa della scorsa estate.
domenica 12 aprile 2009
ELEZIONI 2009, tra caste, religioni e nazionalismo
Sul numero in edicola di Famiglia Cristiana
Dal 16 aprile oltre 714 milioni di indiani si recheranno alle urne per rinnovare i 543 seggi del Lok Sabha, la camera bassa del parlamento di New Delhi. In realtà non dovranno imbucare una scheda, ma solo premere un tasto di una macchinetta elettronica. La lunga maratona elettorale che terminerà con lo spoglio del 16 maggio, è la quindicesima nella storia della più grande democrazia del mondo sorta 62anni fa dalle ceneri del Raj britannico. Mai come questa volta i destini politici saranno legati ai giovani sotto i 35 anni che rappresentano un quarto dell’elettorato. E mai come questa volta il complesso mosaico di caste, equilibri regionali e anche religioni segnerà la marcia dell’elefante indiano impantanato nelle paludi della crisi economica e del terrorismo islamico di matrice pachistana. I pogrom contro i mussulmani del Gujarat nel 2002 e le violenze contro i cristiani in Orissa scoppiate nell’agosto scorso sono le spie di un malessere che si agita nella maggioranza induista che rappresenta oltre l’80%. Lo storico partito del Congresso, ereditato da Sonia Gandhi e al governo negli ultimi 5 anni, è il custode dei diritti delle minoranze etniche e religiose sanciti dalla Costituzione, ma negli ultimi due decenni il suo potere si è eroso sotto la spinta della destra indù del Bjp (Bharatiya Janata Party o Partito Popolare Indiano) e dei nuovi poteri periferici. Queste elezioni saranno dominate molto probabilmente dal Terzo e Quarto Fronte, le alleanze trasversali di influenti e ambiziosi leader regionali che sono riusciti a canalizzare la disaffezione verso il Congresso rimasto fermo ai tempi di Indira Gandhi. La sfida principale arriva da Kumari Mayawati, la regina dei “dalit”, gli ex intoccabili, che governa l’Uttar Pradesh, lo stato più popoloso con 190 milioni di abitanti e dove sorge la “ground zero” dello scontro tra indù e mussulmani culminato con la distruzione nel 1992 di una moschea nella città sacra di Ayodhya. L’ottantaduenne Lal Krishna Advani, leader del Bjp e candidato premier, è oggi costretto a mediare tra l’”hindutva”, agenda nazionalista nata con Ayodhya e la lobby degli industriali che appoggia il suo delfino, Narendra Modi, leader del Gujarat e “persona non grata” negli Stati Uniti. La comunità cristiana - il 2,5 per cento ma con un grande impatto sull’istruzione – è particolarmente vulnerabile in caso di un ritorno al potere del Bjp che rinfocolerebbe l’intolleranza religiosa, in particolare contro la Chiesa accusata di convertire a forza i gruppi tribali e i ceti più poveri.
Dal 16 aprile oltre 714 milioni di indiani si recheranno alle urne per rinnovare i 543 seggi del Lok Sabha, la camera bassa del parlamento di New Delhi. In realtà non dovranno imbucare una scheda, ma solo premere un tasto di una macchinetta elettronica. La lunga maratona elettorale che terminerà con lo spoglio del 16 maggio, è la quindicesima nella storia della più grande democrazia del mondo sorta 62anni fa dalle ceneri del Raj britannico. Mai come questa volta i destini politici saranno legati ai giovani sotto i 35 anni che rappresentano un quarto dell’elettorato. E mai come questa volta il complesso mosaico di caste, equilibri regionali e anche religioni segnerà la marcia dell’elefante indiano impantanato nelle paludi della crisi economica e del terrorismo islamico di matrice pachistana. I pogrom contro i mussulmani del Gujarat nel 2002 e le violenze contro i cristiani in Orissa scoppiate nell’agosto scorso sono le spie di un malessere che si agita nella maggioranza induista che rappresenta oltre l’80%. Lo storico partito del Congresso, ereditato da Sonia Gandhi e al governo negli ultimi 5 anni, è il custode dei diritti delle minoranze etniche e religiose sanciti dalla Costituzione, ma negli ultimi due decenni il suo potere si è eroso sotto la spinta della destra indù del Bjp (Bharatiya Janata Party o Partito Popolare Indiano) e dei nuovi poteri periferici. Queste elezioni saranno dominate molto probabilmente dal Terzo e Quarto Fronte, le alleanze trasversali di influenti e ambiziosi leader regionali che sono riusciti a canalizzare la disaffezione verso il Congresso rimasto fermo ai tempi di Indira Gandhi. La sfida principale arriva da Kumari Mayawati, la regina dei “dalit”, gli ex intoccabili, che governa l’Uttar Pradesh, lo stato più popoloso con 190 milioni di abitanti e dove sorge la “ground zero” dello scontro tra indù e mussulmani culminato con la distruzione nel 1992 di una moschea nella città sacra di Ayodhya. L’ottantaduenne Lal Krishna Advani, leader del Bjp e candidato premier, è oggi costretto a mediare tra l’”hindutva”, agenda nazionalista nata con Ayodhya e la lobby degli industriali che appoggia il suo delfino, Narendra Modi, leader del Gujarat e “persona non grata” negli Stati Uniti. La comunità cristiana - il 2,5 per cento ma con un grande impatto sull’istruzione – è particolarmente vulnerabile in caso di un ritorno al potere del Bjp che rinfocolerebbe l’intolleranza religiosa, in particolare contro la Chiesa accusata di convertire a forza i gruppi tribali e i ceti più poveri.
Lutto in casa Gandhi, morto suicida suocero di Priyanka
La figlia di Sonia Gandhi, Priyanka ha sospeso la campagna elettorale a favore del partito del Congresso dopo il suicidio del suocero in un sobborgo di Nuova Delhi. Rajendra Vadra, di circa 60 anni, è stato trovato ieri mattina nella camera di una guest-house dove si trovava da circa due settimane per seguire un trattamento medico per curare una malattia al fegato. Alla cremazione, già avvenuta ieri, erano presenti oltre Priyanka e il marito Robert, anche il fratello Rahul e la madre Sonia Gandhi, presidente del Congresso.
Secondo quanto scrivono i quotidiani indiani, Rajendra Vadra non aveva ormai da anni rapporti con il figlio e con la famiglia dei Gandhi a causa di una vecchia disputa in cui era stato accusato di promettere posti di lavoro e altri favori in nome del Congresso nello stato dell’Uttar Pradesh. Sette anni fa il figlio Robert aveva pubblicato un annuncio sui giornali diffidando pubblicamente il padre e il fratello maggiore Richard dallo sfruttare i suoi legami di parentela con i Gandhi. In un’intervista aveva rivelato di essersi opposto al matrimonio con la figlia di Sonia. Nel 2003 Richard Vadra era stato trovato senza vita nel suo appartamento di Sud Delhi in circostanze misteriose, mentre la sorella Michelle è morta in un incidente stradale nel 2001.
Secondo quanto scrivono i quotidiani indiani, Rajendra Vadra non aveva ormai da anni rapporti con il figlio e con la famiglia dei Gandhi a causa di una vecchia disputa in cui era stato accusato di promettere posti di lavoro e altri favori in nome del Congresso nello stato dell’Uttar Pradesh. Sette anni fa il figlio Robert aveva pubblicato un annuncio sui giornali diffidando pubblicamente il padre e il fratello maggiore Richard dallo sfruttare i suoi legami di parentela con i Gandhi. In un’intervista aveva rivelato di essersi opposto al matrimonio con la figlia di Sonia. Nel 2003 Richard Vadra era stato trovato senza vita nel suo appartamento di Sud Delhi in circostanze misteriose, mentre la sorella Michelle è morta in un incidente stradale nel 2001.
ELEZIONI 2009, Il Congresso in testa nei sondaggi
Su Apcom
Dalla prossima settimana l’India va al voto per rinnovare la Camera bassa del Parlamento giunta a scadenza dopo 5 anni che hanno visto al potere una coalizione di centro-sinistra guidata dal Congresso, il partito di Sonia Gandhi. Data l’impossibilità di far votare in un solo giorno 714 milioni di elettori (oltre 40 milioni in più rispetto al 2004), le elezioni sono state diluite in cinque settimane e cinque fasi dal 16 aprile al 13 maggio. Lo scrutinio sarà invece il 16 maggio. Per la seconda volta il voto sarà interamente elettronico. Nella precedente maratona elettorale la partecipazione era stata del 57%, una percentuale che questa volta potrebbe aumentare secondo alcuni analisti grazie all’incidenza dell’elettorato giovane (un quarto dell’elettorato è sotto i 35 anni) e anche della mobilitazione popolare nata dopo l’attacco terroristico di Mumbai del 26 novembre.
La “più grande democrazia del mondo”, come è spesso definita l’India, sarà quindi di nuovo in marcia nei prossimi due mesi. La campagna elettorale, almeno finora, non ha riservato grosse sorprese. Se si esclude davanti alle sedi di partito, nella capitale Nuova Delhi è difficile avvertire il clima pre-elettorale. Anche giornali e televisioni sono abbastanza cauti nello sfornare sondaggi dopo la “debacle” nel 2004 quando nessuno riuscì a prevedere la sconfitta del Bjp e del governo di centro destra pro riforme di Atal Behari Vajpayee. L’ultima proiezione pubblicata ieri dal “Times of India” pone in testa (con 154 seggi su un totale di 543) il partito di Sonia Gandhi che, in caso di vittoria ricandida come primo ministro l’economista dal turbante azzurro Manmohan Singh. L’opposizione indu-nazionalista del Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano), guidato dall’ultraottantenne Lal Krishna Advani, è invece in calo (135 seggi) rispetto a un mese fa. Ma nessuno dei due partiti nazionali è comunque in grado di governare da solo. La battaglia sarà quindi dopo il 16 maggio quando inizierà il balletto delle alleanze.
L’era del bipolarismo Bjp-Congresso sembra definitivamente tramontata con l’emergere di forti poteri regionali guidati da ambiziosi e potenti leader come Mayawati, la leader dei dalit, gli ex intoccabili, che governa lo stato settentrionale dell’Uttar Pradesh che con i suoi 160 milioni di abitanti e 80 seggi alla camera, influenza la politica nazionale. Mayawati è a capo di un cosiddetto “terzo fronte” che unisce un variegato gruppo di partitini regionali, ma che non hanno neppure un programma politico comune. Altri leader dell’Uttar Pradesh e del confinante Bihar, hanno invece formato un “quarto fronte” dopo essersi staccati dalla coalizione con il Congresso. Un altro tassello del complesso mosaico politico indiano sono poi i partiti comunisti che hanno appoggiato il governo di Manmohan Singh dall’esterno fino all’anno scorso quando hanno rotto l’accordo perché contrari al patto indo-americano sul nucleare pacifico. I comunisti, concentrati negli stati del Bengala Occidentale, lo stato di Calcutta, e nel meridionale Kerala, sono la terza forza in Parlamento e hanno il 7% dei consensi (27% il Congresso e 22% il Bjp). Secondo i sondaggi potrebbero però subire uno scivolone per via delle polemiche nate in seguito alla chiusura della fabbrica della Tata Nano a Singur, vicino a Calcutta, dove il governo locale guidato dai comunisti non è riuscito a trovare un compromesso con il movimento contadino sulla confisca delle terre agricole.
Dalla prossima settimana l’India va al voto per rinnovare la Camera bassa del Parlamento giunta a scadenza dopo 5 anni che hanno visto al potere una coalizione di centro-sinistra guidata dal Congresso, il partito di Sonia Gandhi. Data l’impossibilità di far votare in un solo giorno 714 milioni di elettori (oltre 40 milioni in più rispetto al 2004), le elezioni sono state diluite in cinque settimane e cinque fasi dal 16 aprile al 13 maggio. Lo scrutinio sarà invece il 16 maggio. Per la seconda volta il voto sarà interamente elettronico. Nella precedente maratona elettorale la partecipazione era stata del 57%, una percentuale che questa volta potrebbe aumentare secondo alcuni analisti grazie all’incidenza dell’elettorato giovane (un quarto dell’elettorato è sotto i 35 anni) e anche della mobilitazione popolare nata dopo l’attacco terroristico di Mumbai del 26 novembre.
La “più grande democrazia del mondo”, come è spesso definita l’India, sarà quindi di nuovo in marcia nei prossimi due mesi. La campagna elettorale, almeno finora, non ha riservato grosse sorprese. Se si esclude davanti alle sedi di partito, nella capitale Nuova Delhi è difficile avvertire il clima pre-elettorale. Anche giornali e televisioni sono abbastanza cauti nello sfornare sondaggi dopo la “debacle” nel 2004 quando nessuno riuscì a prevedere la sconfitta del Bjp e del governo di centro destra pro riforme di Atal Behari Vajpayee. L’ultima proiezione pubblicata ieri dal “Times of India” pone in testa (con 154 seggi su un totale di 543) il partito di Sonia Gandhi che, in caso di vittoria ricandida come primo ministro l’economista dal turbante azzurro Manmohan Singh. L’opposizione indu-nazionalista del Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano), guidato dall’ultraottantenne Lal Krishna Advani, è invece in calo (135 seggi) rispetto a un mese fa. Ma nessuno dei due partiti nazionali è comunque in grado di governare da solo. La battaglia sarà quindi dopo il 16 maggio quando inizierà il balletto delle alleanze.
L’era del bipolarismo Bjp-Congresso sembra definitivamente tramontata con l’emergere di forti poteri regionali guidati da ambiziosi e potenti leader come Mayawati, la leader dei dalit, gli ex intoccabili, che governa lo stato settentrionale dell’Uttar Pradesh che con i suoi 160 milioni di abitanti e 80 seggi alla camera, influenza la politica nazionale. Mayawati è a capo di un cosiddetto “terzo fronte” che unisce un variegato gruppo di partitini regionali, ma che non hanno neppure un programma politico comune. Altri leader dell’Uttar Pradesh e del confinante Bihar, hanno invece formato un “quarto fronte” dopo essersi staccati dalla coalizione con il Congresso. Un altro tassello del complesso mosaico politico indiano sono poi i partiti comunisti che hanno appoggiato il governo di Manmohan Singh dall’esterno fino all’anno scorso quando hanno rotto l’accordo perché contrari al patto indo-americano sul nucleare pacifico. I comunisti, concentrati negli stati del Bengala Occidentale, lo stato di Calcutta, e nel meridionale Kerala, sono la terza forza in Parlamento e hanno il 7% dei consensi (27% il Congresso e 22% il Bjp). Secondo i sondaggi potrebbero però subire uno scivolone per via delle polemiche nate in seguito alla chiusura della fabbrica della Tata Nano a Singur, vicino a Calcutta, dove il governo locale guidato dai comunisti non è riuscito a trovare un compromesso con il movimento contadino sulla confisca delle terre agricole.
sabato 11 aprile 2009
Verlicchi, matrimonio indiano per i telai moto
Su Apcom
Nonostante la recessione mondiale l’India continua ad essere un mercato attraente per l’espansione delle aziende italiane. Il gruppo bolognese Verlicchi, specializzato nella produzione di telai per moto, ha firmato oggi a Nuova Delhi un’intesa con Hema Engineering Industries Limited, una delle principali aziende indiane di componentistica per le due ruote. La nuova joint venture paritetica, che avrà un capitale iniziale di 2,5 milioni di euro, sarà dedicata al design e alla produzione di telai, marmitte, serbatoi e altri componenti per il mercato indiano e anche per l’esportazione.
Da alcuni anni l’India sta emergendo come un polo mondiale per produzione di componentistica grazie al basso costo della manodopera e alle potenzialità del suo vasto mercato interno. Secondo i dati Siam (Society of Indian Automobile Manufactures) nell’anno 2008-2009 le vendite di due ruote hanno registrato un incremento del 2,6%.
Il gruppo italiano, fondato da Nino Verlicchi, ha un fatturato di 50,5 milioni di euro e fornisce i principali marchi mondiali, come Ducati, Yamaha, Buell-Harley Davidson, Honda, Aprilia, Bmw e Porsche. “Nella primo anno della nostra intesa, l’obbiettivo è di raggiungere un fatturato di 800 mila euro – ha detto Maurizio Ballicu, direttore della joint venture, stamattina alla conferenza stampa in un hotel della capitale indiana – mentre nei primi tre anni dal 2010 puntiamo a 4 milioni di euro. Per quanto riguarda i telai l’obbiettivo è di raggiungere una quota di mercato del 15-20 per cento”.
Il primo stabilimento sorgerà a Hosur, in Karnataka, su un terreno appartenente ad Hema che ha una capillare presenza sul territorio indiano con 8 fabbriche. Il gruppo indiano guidato da Chandresh Jajoo ha un giro di affari di circa 70 milioni di euro e 2200 dipendenti. Ha partner in Italia, Ungheria e Bosnia-Erzegovina. “L’alleanza con Verlicchi – ha detto Jajoo – ci permetterà di essere non solo fornitore di componenti, ma anche offrire servizi di design ai nostri clienti”.
Nonostante la recessione mondiale l’India continua ad essere un mercato attraente per l’espansione delle aziende italiane. Il gruppo bolognese Verlicchi, specializzato nella produzione di telai per moto, ha firmato oggi a Nuova Delhi un’intesa con Hema Engineering Industries Limited, una delle principali aziende indiane di componentistica per le due ruote. La nuova joint venture paritetica, che avrà un capitale iniziale di 2,5 milioni di euro, sarà dedicata al design e alla produzione di telai, marmitte, serbatoi e altri componenti per il mercato indiano e anche per l’esportazione.
Da alcuni anni l’India sta emergendo come un polo mondiale per produzione di componentistica grazie al basso costo della manodopera e alle potenzialità del suo vasto mercato interno. Secondo i dati Siam (Society of Indian Automobile Manufactures) nell’anno 2008-2009 le vendite di due ruote hanno registrato un incremento del 2,6%.
Il gruppo italiano, fondato da Nino Verlicchi, ha un fatturato di 50,5 milioni di euro e fornisce i principali marchi mondiali, come Ducati, Yamaha, Buell-Harley Davidson, Honda, Aprilia, Bmw e Porsche. “Nella primo anno della nostra intesa, l’obbiettivo è di raggiungere un fatturato di 800 mila euro – ha detto Maurizio Ballicu, direttore della joint venture, stamattina alla conferenza stampa in un hotel della capitale indiana – mentre nei primi tre anni dal 2010 puntiamo a 4 milioni di euro. Per quanto riguarda i telai l’obbiettivo è di raggiungere una quota di mercato del 15-20 per cento”.
Il primo stabilimento sorgerà a Hosur, in Karnataka, su un terreno appartenente ad Hema che ha una capillare presenza sul territorio indiano con 8 fabbriche. Il gruppo indiano guidato da Chandresh Jajoo ha un giro di affari di circa 70 milioni di euro e 2200 dipendenti. Ha partner in Italia, Ungheria e Bosnia-Erzegovina. “L’alleanza con Verlicchi – ha detto Jajoo – ci permetterà di essere non solo fornitore di componenti, ma anche offrire servizi di design ai nostri clienti”.
giovedì 9 aprile 2009
Tata Nano, prenotazioni al via da stamattina per 17 giorni
Su Apcom
Da stamattina i concessionari della Tata Motors hanno iniziato ad accettare le prenotazioni per la Nano, la mini car da 2000 dollari lanciata sul mercato qualche settimana fa. L’utilitaria potrà essere ordinata nei prossimi 17 giorni con un acconto anticipato o con la sottoscrizione di rate mensili presso una rete di istituti bancari convenzionati. Secondo la televisione privata Cnn-Ibn, sarebbero già arrivate alcune migliaia di prenotazioni nelle prime ore di apertura dei concessionari di Nuova Delhi e Mumbai. Nei giorni scorsi sono stati venduti 50 mila formulari per le prenotazioni, una cifra che sarebbe però al di sotto delle previsioni e che secondo alcuni esperti del settore potrebbe indicare una “fredda” accoglienza alla mini car. La Nano sarà disponibile solo a partire da luglio in un lotto limitato di 100 mila unità assegnate in base a un sorteggio computerizzato. In seguito al blocco del progetto industriale di Singur, vicino a Calcutta, la produzione è stata trasferita temporaneamente in due stabilimenti esistenti di Tata Motors. Ma nel caso della fabbrica di Pantnagar, nello stato settentrionale di Uttarkand, sarebbero sorti proprio in questi giorni alcuni inconvenienti tecnici nella catena di montaggio.
L’impianto in costruzione in Gujarat, lo stato di origine della famiglia industriale Tata, sarà in grado di produrre 250 mila veicoli ma solo a partire dal prossimo anno.
Secondo un comunicato diffuso ieri dall’azienda, le prenotazioni sono accettate in 30 mila tra concessionari, banche e altre società del gruppo Tata in circa mille città e anche on-line sul sito internet. Lo slogan della campagna pubblicitaria, mutuato dal celebre motto del presidente americano Obama è “Now you can” e si rivolge ai ceti bassi che oggi non possono permettersi una quattroruote.
Da stamattina i concessionari della Tata Motors hanno iniziato ad accettare le prenotazioni per la Nano, la mini car da 2000 dollari lanciata sul mercato qualche settimana fa. L’utilitaria potrà essere ordinata nei prossimi 17 giorni con un acconto anticipato o con la sottoscrizione di rate mensili presso una rete di istituti bancari convenzionati. Secondo la televisione privata Cnn-Ibn, sarebbero già arrivate alcune migliaia di prenotazioni nelle prime ore di apertura dei concessionari di Nuova Delhi e Mumbai. Nei giorni scorsi sono stati venduti 50 mila formulari per le prenotazioni, una cifra che sarebbe però al di sotto delle previsioni e che secondo alcuni esperti del settore potrebbe indicare una “fredda” accoglienza alla mini car. La Nano sarà disponibile solo a partire da luglio in un lotto limitato di 100 mila unità assegnate in base a un sorteggio computerizzato. In seguito al blocco del progetto industriale di Singur, vicino a Calcutta, la produzione è stata trasferita temporaneamente in due stabilimenti esistenti di Tata Motors. Ma nel caso della fabbrica di Pantnagar, nello stato settentrionale di Uttarkand, sarebbero sorti proprio in questi giorni alcuni inconvenienti tecnici nella catena di montaggio.
L’impianto in costruzione in Gujarat, lo stato di origine della famiglia industriale Tata, sarà in grado di produrre 250 mila veicoli ma solo a partire dal prossimo anno.
Secondo un comunicato diffuso ieri dall’azienda, le prenotazioni sono accettate in 30 mila tra concessionari, banche e altre società del gruppo Tata in circa mille città e anche on-line sul sito internet. Lo slogan della campagna pubblicitaria, mutuato dal celebre motto del presidente americano Obama è “Now you can” e si rivolge ai ceti bassi che oggi non possono permettersi una quattroruote.
Indonesia al voto, riformatore Yudhoyono favorito
Su Radio Vaticana
Urne aperte per 171 milioni di elettori nel vasto arcipelago indonesiano che è anche il paese con la più grande popolazione mussulmana al mondo. Sono le terze elezioni generali dalla caduta del dittatore Suharto nel 1998 e rappresentano un test cruciale per il presidente Bambang Susilo Yudhoyono del Partito Democratico, alla ricerca di un secondo mandato il prossimo 8 luglio, quando si terrà il secondo round del complicato processo elettorale. Durante la notte si sono registrati alcuni gravi incidenti con diverse vittime a Papua, la provincia più orientale, dove un gruppo di ribelli ha attaccato un posto di polizia. I seggi elettorali a Papua stamattina erano deserti.
Secondo i sondaggi, il partito del riformatore Yudhoyono sarebbe in vantaggio, ma sarebbero in crescita anche i partiti islamici che hanno in agenda l’imposizione della sharia, la legge coranica e che potrebbero far leva sul malcontento popolare per la crisi economica e per l’alto tasso di corruzione del paese.
I partiti in lizza sono 38 e i risultati sono attesi per il 9 maggio. Solo chi 25 % dei voti potrà nominare un proprio candidato alla presidenza per la seconda fase delle elezioni a luglio
Nella zona di East Nusa Tenggara, la provincia a maggioranza cristiana, la commissione elettorale ha posticipato il voto al martedì per permettere alla popolazione di partecipare alle celebrazioni pasquali.
Urne aperte per 171 milioni di elettori nel vasto arcipelago indonesiano che è anche il paese con la più grande popolazione mussulmana al mondo. Sono le terze elezioni generali dalla caduta del dittatore Suharto nel 1998 e rappresentano un test cruciale per il presidente Bambang Susilo Yudhoyono del Partito Democratico, alla ricerca di un secondo mandato il prossimo 8 luglio, quando si terrà il secondo round del complicato processo elettorale. Durante la notte si sono registrati alcuni gravi incidenti con diverse vittime a Papua, la provincia più orientale, dove un gruppo di ribelli ha attaccato un posto di polizia. I seggi elettorali a Papua stamattina erano deserti.
Secondo i sondaggi, il partito del riformatore Yudhoyono sarebbe in vantaggio, ma sarebbero in crescita anche i partiti islamici che hanno in agenda l’imposizione della sharia, la legge coranica e che potrebbero far leva sul malcontento popolare per la crisi economica e per l’alto tasso di corruzione del paese.
I partiti in lizza sono 38 e i risultati sono attesi per il 9 maggio. Solo chi 25 % dei voti potrà nominare un proprio candidato alla presidenza per la seconda fase delle elezioni a luglio
Nella zona di East Nusa Tenggara, la provincia a maggioranza cristiana, la commissione elettorale ha posticipato il voto al martedì per permettere alla popolazione di partecipare alle celebrazioni pasquali.
venerdì 3 aprile 2009
ELEZIONI 2009, il Bjp rispolvera l'agenda dell'Hindutva
Il volto di Atal Bihari Vajpayee, l’ex primo ministro che nel 2004 è stato sconfitto da Sonia Gandhi campeggia nel manifesto dietro il palco accanto a Lal Krishna Advani, l’ultraottantenne delfino politico che ha ereditato la guida della destra indù. Ma a causa delle sue condizioni di salute l’anziano Vajpayee non è presente sotto il tendone tricolore dove oggi il partito indù nazionalista del Bjp ha presentato il suo programma politico in vista delle elezioni del 16 aprile-13 maggio.
Dopo 4 anni di opposizione la destra indù lancia la sua sfida basata sul sostegno alla classe media emergente, su misure più severe per combattere il terrorismo e sulla filosofia dell’”hindutva”, la protezione dell’identità e della religione induista. Il Congresso ha già replicato nel pomeriggio. Il ministro della scienza, Kapil Sibal, candidato del Congresso per la circoscrizione di Chandni Chowk, il centro storico di Delhi, ha detto che il manifesto “non è in sintonia con l’India” e che “il Bjp ha ancora una volta perso la sua strada”.
La battaglia elettorale per il rinnovo del 15esimo Lok Sabha (la camera bassa) terminerà con lo spoglio del 16 maggio, ma il clima è già rovente tra i due maggior partiti. Da una parte c’è il Congresso, laico e orientato a centro-sinistra, legato alla dinastia dei Nehru-Gandhi e favorito dai ceti rurali e dalle minoranze religiose. Dall’altra parte, il partito indù nazionalista Bjp (Bhraratya Janata Party o Partito Popolare Indiano) che gode dell’appoggio della classe medio alta e degli industriali. In mezzo ci sono una miriade di litigiosi partiti regionali pronti a giocare il ruolo da ago della bilancia Nelle ultime elezioni il Congresso ha conquistato 145 seggi (su un totale di 543) seguito dal Bjp con 138 seggi. In termini di consenso nazionale il partito di Sonia Gandhi conta oltre 103 milioni di voti (27%) mentre l’opposizione aveva totalizzato 86 milioni di voti (22%). Entrambi per governare hanno bisogno di entrare in alleanze.
Nel 2004 quasi tutti i sondaggi davano per vincente il Bjp che allora aveva come slogan “India Shining” (“India splendente”, per il boom economico che aveva iniziato a prendere piede soprattutto nel campo dell’informatica). Il partito di Vajpayee non aveva però fatto i conti con le grandi masse delle campagne indiane, ovvero con quel 41% che vive al di sotto della soglia della povertà e che non ha mai raccolto i benefici della nuova prosperità che ancora oggi tocca principalmente le metropoli. Il Congresso, storicamente legato all’”aam admi” (“l’uomo della strada”) ha quindi fatto leva sull’insoddisfazione dei ceti deboli e anche sul risentimento delle minoranze religiose, come i mussulmani che rappresentano il 13,4% del totale della popolazione.
Nel programma politico presentato oggi la filosofia dell’”Hindutva” occupa una posizione di rilievo. Sotto la voce “Difesa della civiltà” si legge che il Bjp rimane legato all’impegno di costruire un “grande” tempio dedicato al dio Ram nella città sacra di Ayodhya, dove nel 1992 i fanatici indù distrussero mattone dopo mattone una moschea del 1600 scatenando un’ondata di violenza in tutto il Paese. Tra gli altri punti la revoca dello statuto speciale dello stato del Jammu e Kashmir, il “revival” ecologico del fiume sacro del Gange e la tutela delle vacche, che significa soprattutto estendere il divieto di macellazione oggi presente in molti stati indiani.
Sul fronte fiscale il Bjp prevede un’esenzione dell’imposta sul reddito per le classi lavoratrici e per gli anziani. Niente tasse anche per ben 2 milioni di soldati. Il tasto della sicurezza nazionale è centrale per l’opposizione che ha accusato il governo di Manmohan Singh di essere stato incapace a gestire l’emergenza dell’attentato di Mumbai del 26 novembre scorso. Il Bjp auspica l’entrata in vigore di nuove misure antiterrorismo e il completamento della “cortina di ferro” con il Bangladesh per impedire l’immigrazione clandestina.
E’ curiosa anche la promessa, elencata nel capitolo “Precedenza ai poveri” di garantire 35 chili di riso al mese al prezzo sovvenzionato di 3 rupie al chilo (mezzo centesimo di euro) per le famiglie al di sotto della soglia della povertà. Dieci chili in più e una rupia in meno di quanto promesso dal manifesto del Congresso.
mercoledì 1 aprile 2009
Orissa, Bjp candida uno degli incarcerati per violenze anticristiane
Il principale accusato delle violenze anticristiane in Orissa è uno dei candidati del partito nazionalista indù del Bjp al Parlamento nazionale nelle prossime elezioni legislative che si svolgeranno in cinque fasi dal 16 aprile al 13 maggio. Manoj Pradhan, in carcere con l’accusa di omicidio plurimo e strage, si presenterà per il collegio di G.Udayagiri, nel distretto di Kandhamal, dove l’agosto dello scorso anno si sono scatenate le persecuzioni contro la minoranza cristiana in seguito all’uccisione del leader indù Laxmanananda Saraswati.
La polizia aveva arrestato più di 600 persone per le violenze che avevano causato 75 morti e costretto 10 mila famiglie a lasciare le loro case per sfuggire ai fanatici indù. Secondo gli investigatori, Pradhan era stato uno dei principali autori delle brutali violenze e attacchi a chiese e centri cristiani. Appartenente alla tribù dei Kandh, era stato arrestato lo scorso 15 ottobre. Nelle precedenti elezioni per il rinnovo dell’assemblea legislativa dell’Orissa, aveva ottenuto 15 mila voti, ma non era riuscito a conquistare un seggio da deputato.
Un portavoce del Bjp ha però difeso Pradhan dicendo che è vittima di una campagna per diffamare il partito di L.K. Advani, aspirante candidato premier in caso di ritorno al potere della destra indù.
Nel distretto di Kandhamal ci sono ancora 3000 cristiani in cinque campi sfollati. Molti temono che le elezioni potrebbero riaccendere le tensioni etnico-religiose che continuano a covare sotto la cenere del complesso mosaico sociale dell’Orissa.
La polizia aveva arrestato più di 600 persone per le violenze che avevano causato 75 morti e costretto 10 mila famiglie a lasciare le loro case per sfuggire ai fanatici indù. Secondo gli investigatori, Pradhan era stato uno dei principali autori delle brutali violenze e attacchi a chiese e centri cristiani. Appartenente alla tribù dei Kandh, era stato arrestato lo scorso 15 ottobre. Nelle precedenti elezioni per il rinnovo dell’assemblea legislativa dell’Orissa, aveva ottenuto 15 mila voti, ma non era riuscito a conquistare un seggio da deputato.
Un portavoce del Bjp ha però difeso Pradhan dicendo che è vittima di una campagna per diffamare il partito di L.K. Advani, aspirante candidato premier in caso di ritorno al potere della destra indù.
Nel distretto di Kandhamal ci sono ancora 3000 cristiani in cinque campi sfollati. Molti temono che le elezioni potrebbero riaccendere le tensioni etnico-religiose che continuano a covare sotto la cenere del complesso mosaico sociale dell’Orissa.
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