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BEYPORE-CALICUT (KERALA), 14 FEB - "Gelastine mi aveva appena dato il cambio al timone quando e' stato colpito dal proiettile. Dieci minuti prima c'ero io al suo posto. Avrei lasciato un figlio di quattro mesi". A parlare e' Freddy Bosco, proprietario del peschereccio St.Antony, che quel pomeriggio del 15 febbraio 2012 si era avvicinato di circa 200 metri alla petroliera italiana Enrica Lexie, in navigazione al largo dello stato indiano meridionale del Kerala, quando i maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone aprirono il fuoco per respingere un sospetto attacco di pirati. Nell'incidente morirono due degli undici pescatori a bordo del peschereccio: Gelastine Valentine e Ajesh Binki.
In occasione del terzo anniversario, l'ANSA lo ha incontrato nel porto di Beypore, vicino a Calicut, la citta' del Kerala famosa per lo sbarco dell'esploratore portoghese Vasco De Gama nel 1498, dove lavora come capitano di un altro peschereccio, il 'Three Star' non piu' di proprieta', ma affittato per la stagione di pesca. "Ero sdraiato dietro il timoniere - racconta - quando ho sentito gli spari provenienti da due persone sul ponte di comando della nave. Gelastine e' stato colpito alla tempia da un proiettile che e' entrato dal finestrino aperto". Seduto al timone, Freddy, che ora ha 37 anni e un secondo figlio di sei mesi, ripercorre quei tragici momenti. "Dopo che Gelastine si e' accasciato, ho spinto la leva del motore alla massima potenza e ho invertito la rotta. E' arrivata un'altra raffica che ha colpito Binki che era andato a fare i bisogni a poppa. L'ho sentito esclamare "Amma", che in tamil vuol dire 'madre'". L'incidente e' avvenuto all'incirca alle 4.30 del pomeriggio. "Per arrivare al porto di Neendakara ci abbiamo messo cinque ore - spiega - dopo essere stati fermi circa un'ora per riparare il motore che si era guastato dopo l'improvvisa accelerazione". In una concitata intervista alla tv locale Venad News, spesso citata dai media italiani, emerge un altro orario, le 21.30. Ma questa, precisa "e' l'ora in cui sono sbarcato a terra ". Nel 2012 aveva ricevuto dal governo italiano 1,7 milioni di rupie (all'epoca circa 25 mila euro) in base ad un accordo extragiudiziale in cui si impegnava a ritirare la sua causa contro l'Enrica Lexie. "Ho speso quasi tutti i soldi in spese legali - dice - e non sono riuscito a comprare una nuova barca". "Io non ho nulla contro i due militari italiani - aggiunge - penso soltanto che hanno agito da irresponsabili e cosi' hanno rovinato la vita a quattro famiglie. Mi chiedo perfino se erano ubriachi". Ma non c'e' risentimento: "Non e' vero che mi sono opposto quando il signor Massimiliano ha chiesto un permesso di andare in Italia per curarsi. Sono stato vittima dell'avidita' di alcuni avvocati a New Delhi che hanno presentato un ricorso a mia insaputa". Dopo le disavventure legali, Bosco si e' affidato a un nuovo avvocato, un suo conoscente, Ripple Hamza, che ha un'esperienza internazionale in diritto marittimo e che cerchera' di ottenere il risarcimento di tutti i danni causati dalla perdita della barca e di tre anni di mancato lavoro. Contattato dall'ANSA, il legale ha detto che "il suo cliente e' in grave difficolta' economica e che nessuno vuole piu' lavorare con lui a Neendakara". Per ora e' in attesa di "vedere quali saranno le prossime mosse del governo italiano". Hamza e' convinto che la migliore soluzione sia affidarsi a un tribunale internazionale in base alla convenzione dell'Onu sul diritto marittimo (Unclos) e in quel caso ci sarebbe la possibilita' per il pescatore di reclamare i suoi diritti come parte lesa. "Per due anni non ho piu' pescato - continua Freddy - ho ripreso a lavorare lo scorso anno a Kochi e poi ora qui a Beypore con questa barca e 12 uomini". Nel suo equipaggio, in partenza per la pesca allo squalo al largo di Goa (tre giorni di navigazione a nord), ci sono anche due 'sopravvissuti' che erano sul St. Antony, Kinserian e Johnson, entrambi del Tamil Nadu, lo stato da cui lui stesso proviene. "Mio padre era un pescatore come lo era mio nonno, io ho iniziato a 15 anni e non sono andato a scuola. Per i miei figli sara' diverso - dice - Voglio lavorare ancora cinque anni in mare e poi basta, cerchero' un altro lavoro meno faticoso".
BEYPORE-CALICUT (KERALA), 14 FEB - "Gelastine mi aveva appena dato il cambio al timone quando e' stato colpito dal proiettile. Dieci minuti prima c'ero io al suo posto. Avrei lasciato un figlio di quattro mesi". A parlare e' Freddy Bosco, proprietario del peschereccio St.Antony, che quel pomeriggio del 15 febbraio 2012 si era avvicinato di circa 200 metri alla petroliera italiana Enrica Lexie, in navigazione al largo dello stato indiano meridionale del Kerala, quando i maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone aprirono il fuoco per respingere un sospetto attacco di pirati. Nell'incidente morirono due degli undici pescatori a bordo del peschereccio: Gelastine Valentine e Ajesh Binki.
In occasione del terzo anniversario, l'ANSA lo ha incontrato nel porto di Beypore, vicino a Calicut, la citta' del Kerala famosa per lo sbarco dell'esploratore portoghese Vasco De Gama nel 1498, dove lavora come capitano di un altro peschereccio, il 'Three Star' non piu' di proprieta', ma affittato per la stagione di pesca. "Ero sdraiato dietro il timoniere - racconta - quando ho sentito gli spari provenienti da due persone sul ponte di comando della nave. Gelastine e' stato colpito alla tempia da un proiettile che e' entrato dal finestrino aperto". Seduto al timone, Freddy, che ora ha 37 anni e un secondo figlio di sei mesi, ripercorre quei tragici momenti. "Dopo che Gelastine si e' accasciato, ho spinto la leva del motore alla massima potenza e ho invertito la rotta. E' arrivata un'altra raffica che ha colpito Binki che era andato a fare i bisogni a poppa. L'ho sentito esclamare "Amma", che in tamil vuol dire 'madre'". L'incidente e' avvenuto all'incirca alle 4.30 del pomeriggio. "Per arrivare al porto di Neendakara ci abbiamo messo cinque ore - spiega - dopo essere stati fermi circa un'ora per riparare il motore che si era guastato dopo l'improvvisa accelerazione". In una concitata intervista alla tv locale Venad News, spesso citata dai media italiani, emerge un altro orario, le 21.30. Ma questa, precisa "e' l'ora in cui sono sbarcato a terra ". Nel 2012 aveva ricevuto dal governo italiano 1,7 milioni di rupie (all'epoca circa 25 mila euro) in base ad un accordo extragiudiziale in cui si impegnava a ritirare la sua causa contro l'Enrica Lexie. "Ho speso quasi tutti i soldi in spese legali - dice - e non sono riuscito a comprare una nuova barca". "Io non ho nulla contro i due militari italiani - aggiunge - penso soltanto che hanno agito da irresponsabili e cosi' hanno rovinato la vita a quattro famiglie. Mi chiedo perfino se erano ubriachi". Ma non c'e' risentimento: "Non e' vero che mi sono opposto quando il signor Massimiliano ha chiesto un permesso di andare in Italia per curarsi. Sono stato vittima dell'avidita' di alcuni avvocati a New Delhi che hanno presentato un ricorso a mia insaputa". Dopo le disavventure legali, Bosco si e' affidato a un nuovo avvocato, un suo conoscente, Ripple Hamza, che ha un'esperienza internazionale in diritto marittimo e che cerchera' di ottenere il risarcimento di tutti i danni causati dalla perdita della barca e di tre anni di mancato lavoro. Contattato dall'ANSA, il legale ha detto che "il suo cliente e' in grave difficolta' economica e che nessuno vuole piu' lavorare con lui a Neendakara". Per ora e' in attesa di "vedere quali saranno le prossime mosse del governo italiano". Hamza e' convinto che la migliore soluzione sia affidarsi a un tribunale internazionale in base alla convenzione dell'Onu sul diritto marittimo (Unclos) e in quel caso ci sarebbe la possibilita' per il pescatore di reclamare i suoi diritti come parte lesa. "Per due anni non ho piu' pescato - continua Freddy - ho ripreso a lavorare lo scorso anno a Kochi e poi ora qui a Beypore con questa barca e 12 uomini". Nel suo equipaggio, in partenza per la pesca allo squalo al largo di Goa (tre giorni di navigazione a nord), ci sono anche due 'sopravvissuti' che erano sul St. Antony, Kinserian e Johnson, entrambi del Tamil Nadu, lo stato da cui lui stesso proviene. "Mio padre era un pescatore come lo era mio nonno, io ho iniziato a 15 anni e non sono andato a scuola. Per i miei figli sara' diverso - dice - Voglio lavorare ancora cinque anni in mare e poi basta, cerchero' un altro lavoro meno faticoso".