venerdì 27 novembre 2009
Pakistan, rischio che talebani si infiltrino in Baluchistan
L’aumento delle truppe americane in Afghanistan potrebbe avere ripercussioni sulla stabilità del Pakistan e in particolare sulla regione confinante del Baluchistan. Secondo il primo ministro Yusuf Raza Gilani la Casa Bianca dovrebbe consultarsi con Islamabad prima di decidere il nuovo piano militare che sarà svelato martedì prossimo da Obama. L’appello di Gilani, lanciato ieri durante una conferenza stampa, potrebbe essere il segno di un certo malumore nei confronti degli Stati Uniti e anche di una nuova frattura con il presidente Asif Ali Zardari e con il potente apparato militare che mostra sempre più fastidio per le pressioni di Washington. Il rischio esiste certo. Lungo il poroso confine tra Afghanistan e Pakistan i militanti talebani hanno totale libertà di movimento e, se costretti, potrebbero spostare le basi in Baluchistan, una vasta regione ricca di risorse minerarie dove da decenni opera un movimento separatista. L’esercito pachistano è ora concentrato sul fronte del Waziristan Meridionale dove sta incontrando una forte resistenza da parte dei talebani di Hakimullah Mehsud. Secondo fonti militari, che sono le uniche, l’esercito ha ora controllo di 120 roccaforti degli estremisti. E’ di ieri la notizia dell’arresto di un supericercato talebeno, Abdullah Shah Mehsud. Per la sua cattura il governo ha pagato una taglia di 120 mila dollari.
mercoledì 25 novembre 2009
Mumbai, sfilata della polizia per l'anniversario delle stragi
Esattamente un anno fa dieci terroristi arrivati via mare dal Pakistan mettevano a ferro e fuoco Mumbai attaccando i suoi simboli, la grande stazione vittoriana, il cafe Leopold di Colaba, l’hotel Oberoi e lo storico hotel Taj Mahal, più uno sconosciuto centro ebraico. L’assalto durato 60 ore è costato la vita a 174 persone, tra cui molti stranieri e ha fatto salire la tensione tra le due potenze nucleari di India e Pakistan. L’India si è scoperta più che mai vulnerabile e anche tecnicamente impreparata per affrontare la minaccia del terrorismo. Oggi Mumbai, metropoli già presa di mira da attentati in passato, sembra aver superato il trauma, l’ala storica del Taj Mahal, l’hotel della famiglia Tata, è stata parzialmente ristrutturata. I ristoranti dell’Oberoi e del Trident, teatri delle stragi, sono di nuovo pieni, ma la ferita per centinaia di sopravissuti e per i familiari dei poliziotti e militari uccisi è difficile da rimarginare. Stamattina le forze di rapido intervento e le teste di cuoio hanno sfilato lungo le strade per mostrare nuovo equipaggiamento in dotazione. La gestione dell’assedio aveva messo in luce palesi carenze delle forze di sicurezza. Dei dieci terroristi solo uno è stato catturato vivo, Mohammed Ajmal Qasab, ora sotto processo. In coincidenza con l’anniversario, ma anche per le pressioni indiane sugli Stati Uniti, un tribunale pachistano proprio ieri ha chiamato a giudizio sette militanti estremisti in connessione con l’attacco di Mumbai, incluso il capo della Lashkar-e-Taiba, uno dei principali gruppi estremisti islamici pachistani ritenuto responsabile di diverse stragi.
sabato 21 novembre 2009
Sri Lanka, da dicembre gli sfollati saranno "liberati"
Ancora una volta ci sono volute le pressioni dell’Onu per spingere il governo ad accelerare il processo di rimpatrio degli sfollati tamil. A sei mesi dalla vittoria militare contro il movimento delle Tigri Tamil, nei campi di detenzione gestiti dall’esercito sono ancora rinchiusi oltre 130 mila profughi, la metà di quelli fuggiti dai combattimenti. In buona parte affollano l’immensa tendopoli di Menik Farm, nei pressi di Vavunya, mentre gli altri sono disseminati nei centri intorno a Jaffna, Kilinocchi e Mullaitivu. Non hanno possibilità di uscire ne di ricevere visite. Ora secondo quanto annunciato dal fratello e primo consigliere del presidente Mahinda Rajapaksa, a partire dal 1mo dicembre tutti gli sfollati avranno “totale libertà di movimento”, mentre dalla fine di gennaio i campi saranno completamente smantellati. La decisione è arrivata in coincidenza con una missione di John Holmes, inviato di Ban Ki Moon, ma è da diverso tempo che le organizzazioni umanitarie internazionali accusano il governo di Colombo di aver organizzato delle prigioni a cielo aperto e di violare i diritti della minoranza tamil. Secondo le autorità srilankesi il processo di re insediamento è stato più lungo del previsto a causa della difficoltà di verificare l’identità dei profughi e i loro eventuali legami con i ribelli. Ma il ritorno dei tamil dipenderà anche dalle operazioni di sminamento e dalla ricostruzione delle aree completamente distrutte dalla guerra.
venerdì 13 novembre 2009
Pakistan, attaccata sede dell'Isi a Peshawar
Gli uffici provinciali dell’Isi, il potente ma controverso servizio segreto pachistano, si trovano sulla strada principale che va da Peshawar verso il confine con l’Afghanistan in un complesso militarizzato. Ma l’alto livello di sicurezza non ha impedito l’esplosione di un’autobomba lanciata stamattina poco dopo l’alba contro il cancello di ingresso. La deflagrazione, 300 chili di tritolo secondo la polizia locale, ha fatto crollare la facciata di una palazzina di tre piani e ucciso sul colpo sette persone, mentre altre sono morte più tardi in seguito alle ferite. Poco tempo dopo cinque poliziotti sono stati uccisi in attacco suicida contro una caserma nella regione di Bannu, a sud ovest di Peshawar.
Non si ferma l’ondata di attentati nel nord ovest innescata dall’ offensiva militare avviata a meta ottobre contro i talebani di Hakimullah Mehsud nel Waziristan meridionale. In queste settimane l’esercito ha conquistato alcune delle roccaforti degli estremisti islamici, ma sta incontrando una forte resistenza. Negli scontri ieri sono morti 17 soldati pachistani. Non è la prima volta che una sede dell’Isi è nell’obiettivo degli attentatori. Lo scorso maggio un simile attacco aveva devastato l’ufficio di Lahore. I servizi segreti pachistani, o parte di essi, avrebbero dei contatti con i gruppi della jihad come per la prima volta ha ammesso lo stesso ex presidente Pervez Musharraf in una recente intervista.
Non si ferma l’ondata di attentati nel nord ovest innescata dall’ offensiva militare avviata a meta ottobre contro i talebani di Hakimullah Mehsud nel Waziristan meridionale. In queste settimane l’esercito ha conquistato alcune delle roccaforti degli estremisti islamici, ma sta incontrando una forte resistenza. Negli scontri ieri sono morti 17 soldati pachistani. Non è la prima volta che una sede dell’Isi è nell’obiettivo degli attentatori. Lo scorso maggio un simile attacco aveva devastato l’ufficio di Lahore. I servizi segreti pachistani, o parte di essi, avrebbero dei contatti con i gruppi della jihad come per la prima volta ha ammesso lo stesso ex presidente Pervez Musharraf in una recente intervista.
martedì 10 novembre 2009
Peshawar, terza bomba in tre giorni
Ancora un’altra strage, la terza in tre giorni, ha lacerato la periferia di Peshawar, avamposto delle zone tribali pashtun, che sembra essere diventata nelle ultime settimana il nuovo fronte di guerra tra l’esercito e i militanti talebani. Un’autobomba, almeno cosi si ipotizza, è stata lanciata contro le bancarelle di affollato mercato di Charsadda, una cittadina nord ovest di Peshawar, già presa di mira in passato dagli estremisti islamici perché centro di riferimento di un partito laico che attualmente governa la Provincia della Frontiera Nord Occidentale. Non ci sono state rivendicazioni da parte dei diversi gruppi talebani che controllano il territorio confinante con l’Afghanistan, ma secondo il governo gli attacchi sono azioni di rappresaglia dei militanti che starebbero perdendo terreno nel Waziristan del Sud. L’offensiva continua a riportare dei successi secondo le autorità militari che hanno riferito di aver ucciso negli ultimi giorni diversi militanti e di aver trovato depositi di armi e munizioni, nascondigli sotterranei e anche una prigione abbandonata. I soldati avrebbero catturato la città di Sararogha, base di Baitullah Mehsud, il leader talebano waziro ucciso da un raid americano ad agosto e ora rimpiazzato dal giovane Hakimullah Mehsud, appartenente allo stesso gruppo tribale. Secondo alcuni analisti, i talebani si sarebbero ridislocati nel Nord del Waziristan e in altre aree a sud di Peshawar. In un’intervista, la segretario di stato americana Hillary Clinton ha esortato Islamabad ad estendere la campagna militare anche ad altre zone dove secondo la Casa Bianca si nasconderebbero i capi di Al Qaeda.
lunedì 9 novembre 2009
Maldive, vertice dei Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico
Dal paradiso naturale delle Maldive, a rischio di inabissamento, arriva ancora una volta un pressante appello ai paesi ricchi perché riducano le emissioni di anidride carbonica responsabili del riscaldamento terrestre. Il dinamico presidente maldiviano Mohamed Nasheed, che lo scorso mese per provocazione aveva riunito il governo sott’acqua, ha questa volta esortato i paesi meno inquinanti e più vulnerabili al cambiamento climatico a dare l’esempio in vista del summit di Copenhagen e a azzerare le loro emissioni. L’appello è stato lanciato a una conferenza sul clima che si conclude oggi nella capitale Malé e a cui hanno partecipato 11 paesi considerati più a rischio per lo scioglimento dei ghiacciai, come il Nepal o per l’innalzamento del mare come le Barbados. Ma tra di loro ci sono anche alcuni tra i più poveri del pianeta come il Bengladesh e il Rwanda. “Se i Paesi più vulnerabili e in via di sviluppo si impegnano a ridurre le emissioni, coloro che si oppongono non avranno più alcuna scusa da accampare” ha detto Nasheed che si è ripromesso di rendere l’arcipelago a emissioni zero entro il 2020. Lo scorso mese il governo maldiviano aveva annunciato il progetto di costruzione di una mega centrale eolica che dovrebbe soddisfare meta del fabbisogno di energia elettrica dei 300 mila abitanti degli atolli minacciati da una crescente erosiane.
domenica 8 novembre 2009
Il Dalai Lama sfida la Cina da Tawang
A circa 40 km dal confine con il Tibet, in una regione ricca di antichi monasteri buddisti e rivendicata da Pechino, il Dalai Lama ha lanciato ieri un nuovo appello per i diritti di sei milioni di tibetani. Il leader spirituale e premio nobel per la pace è arrivato ieri tra i picchi himalayani di Tawang, a nord dello stato dell’Arunachal Pradesh accolto da migliaia di monaci, per una visita di una settimana dedicata a inaugurare un museo, un ospedale e a incontri di preghiera. Nonostante abbia definito la visita “priva di significato politico”, la sua presenza oltre che a infuriare Pechino, si presenta come un nuovo punto di frizione nelle relazioni tra India e Cina . Ignorando le forti pressioni di Pechino e a differenza dell’anno scorso, il governo di New Delhi ha autorizzato questo viaggio del Dalai Lama che coincide tra l’altro con il cinquantesimo anniversario della sua fuga da Lhasa terminata proprio in Arunachal Pradesh dove fu accolto dai diplomatici indiani. La Cina aveva anche criticato una visita del primo ministro indiano Manmohan Singh giunto nel remoto stato himalayano il mese scorso per un comizio elettorale. Ma la preoccupazione di Pechino è anche un'altra. A Tawang sorge uno dei più grandi e antichi monasteri buddisti appartenente alla setta Gelupa, la stessa del Dalai lama. E’ anche il luogo natale del sesto Dalai Lama vissuto nel XVII secolo. Una regione ricca di significati storici e religiosi per i tibetani e forse determinante anche per la scelta del loro futuro leader spirituale.
Pakistan, Gilgit-Baltistan vota per la prima volta
Per molti le Northern Areas del Pakistan, ribattezzate con il nome di Gilgit-Baltistan, sono solo il punto di partenza per le spedizioni sulla catena del Karakoram e sul K2. Queste vallate che si incuneano fino in Cina lungo quella che era chiamata la Via della Seta sono rimaste in una sorta di limbo politico per 60 anni non facendo parte di nessuna della quattro province nate dopo l’indipendenza pachistana. Per tutti questi anni la popolazione di Gilgit Baltistan, oggi circa un milione e mezzo, mussulmani sciiti e sunniti, ma senza influenze talebane presenti invece lungo la frontiera occidentale, non ha avuto alcuna rappresentanza politica. Per la sua vicinanza geografica, la regione è sempre stata assimilata al vicino Kashmir conteso tra India, Pakistan e Cina. Non avendo uno statuto giuridico definito l’area è stata anche marginalizzata economicamente nonostante le sue ricche risorse provenienti dal turismo e dalle miniere di gemme e pietre preziose. E’ solo ad agosto che il governo di Asif Ali Zardari ha deciso di riconoscere i diritti di Gilgit e del Baltistan concedendo un’autonomia politica, che tuttavia presenta molte lacune e che per questo è stata fortemente criticata dai movimenti nazionalisti baltistani decisi a boicottare le elezioni del 12 novembre. Il miniparlamento con 33 deputati, di cui 24 da eleggere, non avrà infatti pieni poteri, ma dipenderà un governatore nominato da Islamabad.
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