Il procedimento avviato oggi dalla Corte Suprema presieduta dal battagliero giudice Iftikar Mohammed Chaudry si presenta come una nuova spina nel fianco per il presidente Asif Ali Zardari e anche per la stabilità politica del Pakistan, principale alleato degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo islamico. Nei prossimi mesi i giudici del massimo organo giudiziario si pronunceranno sulla legittimità dell’amnistia concessa nel 2007 dall’ex generale Musharraf a Benazir Bhutto e suo marito oltre che ad altri 8000 politici coinvolti in vicende di corruzione. Il provvedimento, nota come “Accordo di riconciliazione nazionale” è scaduto a fine novembre e a nulla sono serviti i tentativi di Zardari di farlo approvare dal parlamento. Il presidente appare sempre più indebolito, anche se continua a godere del pieno sostegno degli Stati Uniti. Alcune settimane fa Zardari aveva deciso di cedere il controllo dell’arsenale nucleare al premier Yusuf Raza Gilani, sembra su pressione dell’esercito che mal sopporta la crescente ingerenza americana.
L’udienza della Corte Suprema è coincisa con nuovo attentato a Peshawar. Un kamikaze, a bordo di un risciò, si è fatto esplodere all’entrata di un tribunale della città uccidendo sul colpo tre poliziotti e due avvocati. Da quando è iniziata l’offensiva militare contro i talebani nel Sud del Waziristan, il capoluogo delle zone di frontiera nord occidentale è stato al centro di diversi attentati in cui hanno perso la vita oltre 270 persone.
lunedì 7 dicembre 2009
giovedì 3 dicembre 2009
Bhopal, 25 anni di veleni
“25 anni di vergogna” così scrive oggi Times of India a proposito della catastrofe di Bhopal, uno dei più grandi incidenti industriali della storia moderna ma anche uno dei più dimenticati. La nube tossica che nella notte tra il 2 e 3 dicembre 1984 avvelenò decine di migliaia di persone non ha mai smesso di uccidere. Ancora oggi tracce del potente veleno, l’isocianato di metile, si annidano nei corpi dei sopravissuti e dei loro figli. Ogni giorno negli ospedali di Bhopal arrivano 6 mila pazienti contaminati dal gas. Ma quello che è più scandaloso è che il sito della Union Carbide, la fabbrica americana di pesticidi, non è mai stato smantellato e bonificato, nonostante le promesse reiterate anche quest’anno dal premier Manmohan Singh in occasione dell’anniversario. Si è scoperto che i rifiuti tossici depositato intorno all’impianto, che ora appartiene allo stato del Madhya Pradesh , continuano ad avvelenare suolo e falde acquifere. Campioni di acqua prelevati nei dintorni hanno mostrato una massiccia presenza di sostanze nocive. La tragedia di Bhopal ha anche messo in luce le falle della giustizia indiana. L’alta corte del Madya Pradesh ha respinto la richiesta di nuovi risarcimenti per i malati, che negli anni sono saliti a oltre mezzo milione. Ieri sera a Bhopal le associazioni delle vittime hanno organizzato marce di protesta cantando slogan contro il governo e contro la società Union Carbide, che dal 2001 è entrata a far parte del colosso Dow Chemical, chiudendo per sempre il sipario sulla sua tragica eredità indiana.
venerdì 27 novembre 2009
Pakistan, rischio che talebani si infiltrino in Baluchistan
L’aumento delle truppe americane in Afghanistan potrebbe avere ripercussioni sulla stabilità del Pakistan e in particolare sulla regione confinante del Baluchistan. Secondo il primo ministro Yusuf Raza Gilani la Casa Bianca dovrebbe consultarsi con Islamabad prima di decidere il nuovo piano militare che sarà svelato martedì prossimo da Obama. L’appello di Gilani, lanciato ieri durante una conferenza stampa, potrebbe essere il segno di un certo malumore nei confronti degli Stati Uniti e anche di una nuova frattura con il presidente Asif Ali Zardari e con il potente apparato militare che mostra sempre più fastidio per le pressioni di Washington. Il rischio esiste certo. Lungo il poroso confine tra Afghanistan e Pakistan i militanti talebani hanno totale libertà di movimento e, se costretti, potrebbero spostare le basi in Baluchistan, una vasta regione ricca di risorse minerarie dove da decenni opera un movimento separatista. L’esercito pachistano è ora concentrato sul fronte del Waziristan Meridionale dove sta incontrando una forte resistenza da parte dei talebani di Hakimullah Mehsud. Secondo fonti militari, che sono le uniche, l’esercito ha ora controllo di 120 roccaforti degli estremisti. E’ di ieri la notizia dell’arresto di un supericercato talebeno, Abdullah Shah Mehsud. Per la sua cattura il governo ha pagato una taglia di 120 mila dollari.
mercoledì 25 novembre 2009
Mumbai, sfilata della polizia per l'anniversario delle stragi
Esattamente un anno fa dieci terroristi arrivati via mare dal Pakistan mettevano a ferro e fuoco Mumbai attaccando i suoi simboli, la grande stazione vittoriana, il cafe Leopold di Colaba, l’hotel Oberoi e lo storico hotel Taj Mahal, più uno sconosciuto centro ebraico. L’assalto durato 60 ore è costato la vita a 174 persone, tra cui molti stranieri e ha fatto salire la tensione tra le due potenze nucleari di India e Pakistan. L’India si è scoperta più che mai vulnerabile e anche tecnicamente impreparata per affrontare la minaccia del terrorismo. Oggi Mumbai, metropoli già presa di mira da attentati in passato, sembra aver superato il trauma, l’ala storica del Taj Mahal, l’hotel della famiglia Tata, è stata parzialmente ristrutturata. I ristoranti dell’Oberoi e del Trident, teatri delle stragi, sono di nuovo pieni, ma la ferita per centinaia di sopravissuti e per i familiari dei poliziotti e militari uccisi è difficile da rimarginare. Stamattina le forze di rapido intervento e le teste di cuoio hanno sfilato lungo le strade per mostrare nuovo equipaggiamento in dotazione. La gestione dell’assedio aveva messo in luce palesi carenze delle forze di sicurezza. Dei dieci terroristi solo uno è stato catturato vivo, Mohammed Ajmal Qasab, ora sotto processo. In coincidenza con l’anniversario, ma anche per le pressioni indiane sugli Stati Uniti, un tribunale pachistano proprio ieri ha chiamato a giudizio sette militanti estremisti in connessione con l’attacco di Mumbai, incluso il capo della Lashkar-e-Taiba, uno dei principali gruppi estremisti islamici pachistani ritenuto responsabile di diverse stragi.
sabato 21 novembre 2009
Sri Lanka, da dicembre gli sfollati saranno "liberati"
Ancora una volta ci sono volute le pressioni dell’Onu per spingere il governo ad accelerare il processo di rimpatrio degli sfollati tamil. A sei mesi dalla vittoria militare contro il movimento delle Tigri Tamil, nei campi di detenzione gestiti dall’esercito sono ancora rinchiusi oltre 130 mila profughi, la metà di quelli fuggiti dai combattimenti. In buona parte affollano l’immensa tendopoli di Menik Farm, nei pressi di Vavunya, mentre gli altri sono disseminati nei centri intorno a Jaffna, Kilinocchi e Mullaitivu. Non hanno possibilità di uscire ne di ricevere visite. Ora secondo quanto annunciato dal fratello e primo consigliere del presidente Mahinda Rajapaksa, a partire dal 1mo dicembre tutti gli sfollati avranno “totale libertà di movimento”, mentre dalla fine di gennaio i campi saranno completamente smantellati. La decisione è arrivata in coincidenza con una missione di John Holmes, inviato di Ban Ki Moon, ma è da diverso tempo che le organizzazioni umanitarie internazionali accusano il governo di Colombo di aver organizzato delle prigioni a cielo aperto e di violare i diritti della minoranza tamil. Secondo le autorità srilankesi il processo di re insediamento è stato più lungo del previsto a causa della difficoltà di verificare l’identità dei profughi e i loro eventuali legami con i ribelli. Ma il ritorno dei tamil dipenderà anche dalle operazioni di sminamento e dalla ricostruzione delle aree completamente distrutte dalla guerra.
venerdì 13 novembre 2009
Pakistan, attaccata sede dell'Isi a Peshawar
Gli uffici provinciali dell’Isi, il potente ma controverso servizio segreto pachistano, si trovano sulla strada principale che va da Peshawar verso il confine con l’Afghanistan in un complesso militarizzato. Ma l’alto livello di sicurezza non ha impedito l’esplosione di un’autobomba lanciata stamattina poco dopo l’alba contro il cancello di ingresso. La deflagrazione, 300 chili di tritolo secondo la polizia locale, ha fatto crollare la facciata di una palazzina di tre piani e ucciso sul colpo sette persone, mentre altre sono morte più tardi in seguito alle ferite. Poco tempo dopo cinque poliziotti sono stati uccisi in attacco suicida contro una caserma nella regione di Bannu, a sud ovest di Peshawar.
Non si ferma l’ondata di attentati nel nord ovest innescata dall’ offensiva militare avviata a meta ottobre contro i talebani di Hakimullah Mehsud nel Waziristan meridionale. In queste settimane l’esercito ha conquistato alcune delle roccaforti degli estremisti islamici, ma sta incontrando una forte resistenza. Negli scontri ieri sono morti 17 soldati pachistani. Non è la prima volta che una sede dell’Isi è nell’obiettivo degli attentatori. Lo scorso maggio un simile attacco aveva devastato l’ufficio di Lahore. I servizi segreti pachistani, o parte di essi, avrebbero dei contatti con i gruppi della jihad come per la prima volta ha ammesso lo stesso ex presidente Pervez Musharraf in una recente intervista.
Non si ferma l’ondata di attentati nel nord ovest innescata dall’ offensiva militare avviata a meta ottobre contro i talebani di Hakimullah Mehsud nel Waziristan meridionale. In queste settimane l’esercito ha conquistato alcune delle roccaforti degli estremisti islamici, ma sta incontrando una forte resistenza. Negli scontri ieri sono morti 17 soldati pachistani. Non è la prima volta che una sede dell’Isi è nell’obiettivo degli attentatori. Lo scorso maggio un simile attacco aveva devastato l’ufficio di Lahore. I servizi segreti pachistani, o parte di essi, avrebbero dei contatti con i gruppi della jihad come per la prima volta ha ammesso lo stesso ex presidente Pervez Musharraf in una recente intervista.
martedì 10 novembre 2009
Peshawar, terza bomba in tre giorni
Ancora un’altra strage, la terza in tre giorni, ha lacerato la periferia di Peshawar, avamposto delle zone tribali pashtun, che sembra essere diventata nelle ultime settimana il nuovo fronte di guerra tra l’esercito e i militanti talebani. Un’autobomba, almeno cosi si ipotizza, è stata lanciata contro le bancarelle di affollato mercato di Charsadda, una cittadina nord ovest di Peshawar, già presa di mira in passato dagli estremisti islamici perché centro di riferimento di un partito laico che attualmente governa la Provincia della Frontiera Nord Occidentale. Non ci sono state rivendicazioni da parte dei diversi gruppi talebani che controllano il territorio confinante con l’Afghanistan, ma secondo il governo gli attacchi sono azioni di rappresaglia dei militanti che starebbero perdendo terreno nel Waziristan del Sud. L’offensiva continua a riportare dei successi secondo le autorità militari che hanno riferito di aver ucciso negli ultimi giorni diversi militanti e di aver trovato depositi di armi e munizioni, nascondigli sotterranei e anche una prigione abbandonata. I soldati avrebbero catturato la città di Sararogha, base di Baitullah Mehsud, il leader talebano waziro ucciso da un raid americano ad agosto e ora rimpiazzato dal giovane Hakimullah Mehsud, appartenente allo stesso gruppo tribale. Secondo alcuni analisti, i talebani si sarebbero ridislocati nel Nord del Waziristan e in altre aree a sud di Peshawar. In un’intervista, la segretario di stato americana Hillary Clinton ha esortato Islamabad ad estendere la campagna militare anche ad altre zone dove secondo la Casa Bianca si nasconderebbero i capi di Al Qaeda.
lunedì 9 novembre 2009
Maldive, vertice dei Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico
Dal paradiso naturale delle Maldive, a rischio di inabissamento, arriva ancora una volta un pressante appello ai paesi ricchi perché riducano le emissioni di anidride carbonica responsabili del riscaldamento terrestre. Il dinamico presidente maldiviano Mohamed Nasheed, che lo scorso mese per provocazione aveva riunito il governo sott’acqua, ha questa volta esortato i paesi meno inquinanti e più vulnerabili al cambiamento climatico a dare l’esempio in vista del summit di Copenhagen e a azzerare le loro emissioni. L’appello è stato lanciato a una conferenza sul clima che si conclude oggi nella capitale Malé e a cui hanno partecipato 11 paesi considerati più a rischio per lo scioglimento dei ghiacciai, come il Nepal o per l’innalzamento del mare come le Barbados. Ma tra di loro ci sono anche alcuni tra i più poveri del pianeta come il Bengladesh e il Rwanda. “Se i Paesi più vulnerabili e in via di sviluppo si impegnano a ridurre le emissioni, coloro che si oppongono non avranno più alcuna scusa da accampare” ha detto Nasheed che si è ripromesso di rendere l’arcipelago a emissioni zero entro il 2020. Lo scorso mese il governo maldiviano aveva annunciato il progetto di costruzione di una mega centrale eolica che dovrebbe soddisfare meta del fabbisogno di energia elettrica dei 300 mila abitanti degli atolli minacciati da una crescente erosiane.
domenica 8 novembre 2009
Il Dalai Lama sfida la Cina da Tawang
A circa 40 km dal confine con il Tibet, in una regione ricca di antichi monasteri buddisti e rivendicata da Pechino, il Dalai Lama ha lanciato ieri un nuovo appello per i diritti di sei milioni di tibetani. Il leader spirituale e premio nobel per la pace è arrivato ieri tra i picchi himalayani di Tawang, a nord dello stato dell’Arunachal Pradesh accolto da migliaia di monaci, per una visita di una settimana dedicata a inaugurare un museo, un ospedale e a incontri di preghiera. Nonostante abbia definito la visita “priva di significato politico”, la sua presenza oltre che a infuriare Pechino, si presenta come un nuovo punto di frizione nelle relazioni tra India e Cina . Ignorando le forti pressioni di Pechino e a differenza dell’anno scorso, il governo di New Delhi ha autorizzato questo viaggio del Dalai Lama che coincide tra l’altro con il cinquantesimo anniversario della sua fuga da Lhasa terminata proprio in Arunachal Pradesh dove fu accolto dai diplomatici indiani. La Cina aveva anche criticato una visita del primo ministro indiano Manmohan Singh giunto nel remoto stato himalayano il mese scorso per un comizio elettorale. Ma la preoccupazione di Pechino è anche un'altra. A Tawang sorge uno dei più grandi e antichi monasteri buddisti appartenente alla setta Gelupa, la stessa del Dalai lama. E’ anche il luogo natale del sesto Dalai Lama vissuto nel XVII secolo. Una regione ricca di significati storici e religiosi per i tibetani e forse determinante anche per la scelta del loro futuro leader spirituale.
Pakistan, Gilgit-Baltistan vota per la prima volta
Per molti le Northern Areas del Pakistan, ribattezzate con il nome di Gilgit-Baltistan, sono solo il punto di partenza per le spedizioni sulla catena del Karakoram e sul K2. Queste vallate che si incuneano fino in Cina lungo quella che era chiamata la Via della Seta sono rimaste in una sorta di limbo politico per 60 anni non facendo parte di nessuna della quattro province nate dopo l’indipendenza pachistana. Per tutti questi anni la popolazione di Gilgit Baltistan, oggi circa un milione e mezzo, mussulmani sciiti e sunniti, ma senza influenze talebane presenti invece lungo la frontiera occidentale, non ha avuto alcuna rappresentanza politica. Per la sua vicinanza geografica, la regione è sempre stata assimilata al vicino Kashmir conteso tra India, Pakistan e Cina. Non avendo uno statuto giuridico definito l’area è stata anche marginalizzata economicamente nonostante le sue ricche risorse provenienti dal turismo e dalle miniere di gemme e pietre preziose. E’ solo ad agosto che il governo di Asif Ali Zardari ha deciso di riconoscere i diritti di Gilgit e del Baltistan concedendo un’autonomia politica, che tuttavia presenta molte lacune e che per questo è stata fortemente criticata dai movimenti nazionalisti baltistani decisi a boicottare le elezioni del 12 novembre. Il miniparlamento con 33 deputati, di cui 24 da eleggere, non avrà infatti pieni poteri, ma dipenderà un governatore nominato da Islamabad.
lunedì 19 ottobre 2009
Pakistan nega accuse di coinvolgimento nell'attentato in Iran
Il governo di Islamabad ha smentito le accuse di complicità nella sanguinosa strage di ieri contro i generali dei Pasdaran nella regione confinante del Sitan Baluchistan.L’attacco, costato la vita a 42 persone, è stato attribuito al gruppo sunnita Jundollah, i Soldati di Dio, che secondo Teheran avrebbe legami con i talebani e con i servizi segreti pachistani e anche occidentali. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha detto che agenti pachistani avrebbero cooperato con i terroristi e ha chiesto a Islamabad di collaborare nella ricerca dei responsabili. Il ministro degli esteri iraniano ha convocato ieri anche l’ambasciatore pachistano per una protesta formale. Immediata la reazione del Pakistan. Un portavoce ha negato il coinvolgimento dicendo che il Paese sta combattendo gli estremisti come prova la vasta offensiva in corso nel Waziristan meridionale. Per smorzare la tensione, il ministro degli interni Rehman Malik ieri sera, in una telefonata al suo omologo iraniano, ha rassicurato che leader del gruppo Jundollah non si troverebbe in territorio pachistano. Islamabad non avrebbe alcuna intenzione di deteriorare le relazioni con il suo vicino, soprattutto dopo il recente accordo su un vecchio progetto di costruzione di un gasdotto che dovrebbe coinvolgere anche l’India.
domenica 18 ottobre 2009
Sud Waziristan, secondo giorno di bombardamenti
La tanto annunciata guerra in Waziristan meridionale è ufficialmente iniziata. Per il secondo giorno consecutivo diversi raid di cacciabombardieri, elicotteri e artiglieria hanno colpito le roccaforti dei militanti. Ma non ci sono notizie che emergono dalla remota regione tribale dove sarebbero stati già dispiegati 28 mila soldati. Le principali strade di accesso sono state chiuse. I militari avrebbero preso il controllo della cittadina di Spinkai Ragzai e anche di Kotkai, città natale del leader talebano Hakimullah Mehsud. Una ventina di militanti e diversi soldati sarebbero stati uccisi, ma è impossibile avere un quadro chiaro della situazione in mancanza di fonti. Il Waziristan meridionale, e in particolare la zona controllata dall’etnia tribale dei Mehsud, non è un’area facile da espugnare. Le milizie talebane, si stima dai 10 ai 15 mila uomini più un migliaio di militanti uzbeki affiliati ad Al Qaeda, starebbe opponendo una forte resistenza. Molti si sarebbero rifugiati nelle montagne al confine con l’Afghanistan in attesa dell’imminente stagione invernale. Sotto pressione degli Stati Uniti e anche dall’escalation di attentati dell’ultima settimana, il governo di Islamabad avrebbe deciso di combattere con tutti i mezzi gli estremisti islamici e, a differenza del passato, avrebbe anche il consenso delle forze politiche e dell’opinione pubblica. Il generale David Petraeus, capo del comando centrale statunitense, sarà domani a Islamabad probabilmente per coordinare le operazioni. Dal successo in Waziristan dipende molto probabilmente anche il successo della politica di Obama in Afghanistan.
sabato 17 ottobre 2009
Maldive, il governo si riunisce sul fondo dell'oceano
A sei metri di profondità, con i coralli e pesci tropicali sullo sfondo, il presidente maldiviano Mohamed Nashid e 13 ministri del suo governo con la tuta da sub, hanno discusso per mezzora e poi varato un documento in cui si chiede alla comunità internazionale di ridurre le emissioni di C02 nell’atmosfera che secondo gli esperti causeranno l’inabissamento del famoso arcipelago dell’Oceano Indiano. La riunione subacquea dell’esecutivo, avvenuta nella laguna dell’atollo militare di Girifushi, è servita a sollevare l’attenzione mondiale nei confronti delle drammatiche conseguenze del cambiamento climatico e dell’urgenza di trovare un accordo sul dopo Kyoto al summit di Copenhagen di dicembre. L’80 per cento delle Maldive sorge solo ad un metro da livello del mare. Secondo gli esperti di cambiamento climatico tra mezzo secolo gli atolli rischieranno di scomparire dalle mappe geografiche. “Dobbiamo avere più immaginazione e creatività per sensibilizzare le nazioni ed è quello che abbiamo fatto oggi con questa riunione speciale “ ha detto il presidente Nashid, l’unico con un brevetto da sub, salito al potere 10 mesi fa con un’agenda politica centrata sulla difesa dell’ambiente. Il governo intende fare delle oltre mille isole e atolli una zona a emissioni zero. Nashid era salito alla ribalta internazionale quando qualche mese fa aveva annunciato di creare un fondo speciale da dedicare all’acquisto di una nuova patria per i 350 mila maldiviani costretti all’esilio dall’innalzamento dell’oceano.
giovedì 15 ottobre 2009
Pakistan, coordinazione tra talebani e jihad?
L’escalation di attentati e di attacchi suicidi degli ultimi dieci giorni a Islamabad, Peshawar e Lahore costati la vita a 150 persone sembrano mostrare l’impotenza delle forze di sicurezza pachistane di fronte alla minaccia degli estremisti islamici che appare rinvigorita piuttosto che indebolita dai raid contro le basi del nord ovest e dall’offensiva militare nella valle di Swat. L’assalto agli uffici del Pam, l’assedio al quartiere generale dell’esercito a Rawalpindi e i tre attacchi sincronizzati di ieri a Lahore contro reclute della polizia suonano come un sinistro avvertimento per il governo di Asif Ali Zardari che si appresta a inviare le truppe nell’insidioso territorio talebano del Waziristan meridionale. Sembra evidente che esiste una coordinazione tra i talebani e i gruppi jihadisti come Jaish e Mohammed o Lashkar e Jhangvi, da anni attivi in Pakistan sembra con la complicità di servizi segreti deviati. Ma c’è anche un altro fattore che potrebbe aver scatenato l’ondata di attentati attribuita al gruppo guidato dal giovane leader talebano Hakimullah Mehsud. Proprio ieri il presidente americano Obama ha firmato il piano di maxi aiuti per il Pakistan, 7,5 miliardi di dollari che gli Stati Uniti verseranno al governo di Islamabad nei prossimi cinque anni per costruire strade, scuole e combattere la povertà dilagante. La legge è contestata dai generali e dall’opposizione politica perché contiene clausole vincolanti sulla proliferazione nucleare e sulla lotta al terrorismo viste come una limitazione alla sovranità nazionale.
domenica 11 ottobre 2009
Pakistan, gruppi estremisti islamici dietro attacco a base di Rawalpindi?
Ci sarebbe forse la firma di uno dei gruppi estremisti islamici con base nel Punjub pachistano dietro l’attacco terroristico al quartiere generale di Rawalpindi. Uno degli attentatori è stato catturato vivo e identificato. Si tratta di un ex militare che avrebbe organizzato l’attentato alla nazionale di cricket srilankese in trasferta nella città di Lahore il marzo scorso. La tattica sarebbe simile a quella usata per entrare nella base di Rawalpindi, una delle più fortificate del paese e in teoria anche una delle più inaccessibili. L’assedio al Pentagono pachistano, concluso con la liberazione della maggior parte gli ostaggi, ha fatto scattare un campanello di allarme non solo per il governo, convinto di aver indebolito i talebani dopo l’uccisione del leader waziristano Baitullah Mehsud, ma anche per Washington. La segretaria di stato americano Hillary Clinton, da Londra, ha parlato di “minaccia crescente all’autorità dello stato”, ma ha rassicurato dicendo che non ci sarebbero rischi per la sicurezza nazionale e soprattutto per l’arsenale nucleare. La relativa facilità con cui una decina di assalitori, con la mimetica dell’esercito, sono riusciti a entrare e a rimanere 20 ore nel quartiere generale di Rawalpindi è un segno da non sottovalutare. Il governo di Zardari avrebbe deciso di dare il via libera alla campagna militare in Waziristan del sud, dove ci sono le basi dei talebani e di Qaeda. Ma non sarà certo un compito facile dato che tutte le offensive lanciate dopo il 2001 nella remota regione nord occidentale sono fallite.
sabato 10 ottobre 2009
Rawalpindi, assaltato il quartiere generale dell'esercito
Almeno una quindicina di ostaggi, non identificati, sarebbero ancora intrappolati dentro il quartiere generale dell’esercito a Rawalpindi, attaccato da un commando di presunti militanti poco prima di mezzogiorno. L’assalto è stato condotto con precisione da almeno 4 uomini travestiti da soldati che, che a bordo di un furgone, hanno sfondato uno dei tanti posti di blocco nella cittadella militare di Rawalpindi una delle zone più fortificate del paese. Armati di mitragliatori e bombe a mano hanno ingaggiato un conflitto a fuoco durato 45 minuti prima di essere eliminati. Nello scontro sono morti anche sei militari, tra cui un colonnello. Secondo una prima ricostruzione potrebbe essere stata una manovra diversiva per permettere a dei complici di entrare nel quartiere generale. La notizia dell’assedio, tuttora in corso, è stata confermata solo poco tempo dal portavoce dell’esercito, il generale Athar Abbas che ha anche precisato che tra gli ostaggi non ci sarebbero alti ufficiali.
Si tratta del terzo attacco terroristico in una settimana, dopo quello di ieri in un mercato di Peshawar dove un’autobomba ha fatto strage di oltre 50 persone e di quello di lunedì contro la sede del Pam di Islamabad, rivendicato dai talebani. Questa volta pero i presunti attentatori hanno mirato al luogo simbolo delle forze armate pachistane in un momento delicato. Il governo ha annunciato infatti di voler lanciare una nuova offensiva nel Waziristan meridionale, lungo il poroso confine afghano, dominato da diversi capi tribali talebani alleati con Al Qaeda.
Si tratta del terzo attacco terroristico in una settimana, dopo quello di ieri in un mercato di Peshawar dove un’autobomba ha fatto strage di oltre 50 persone e di quello di lunedì contro la sede del Pam di Islamabad, rivendicato dai talebani. Questa volta pero i presunti attentatori hanno mirato al luogo simbolo delle forze armate pachistane in un momento delicato. Il governo ha annunciato infatti di voler lanciare una nuova offensiva nel Waziristan meridionale, lungo il poroso confine afghano, dominato da diversi capi tribali talebani alleati con Al Qaeda.
venerdì 9 ottobre 2009
Peshawar, autobomba fa strage di passanti nel Khyber bazar
A quattro giorni dall’attentato suicida contro un’agenzia delle Nazioni Unite a Islamabad, un’altra strage semina il terrore a Peshawar, la città pashtun crocevia di traffici illegali con l’Afghanistan. Poco dopo mezzogiorno, nei pressi del Kyber bazar, l’affollato centro storico, una potente esplosione ha travolto un bus, alcune auto parcheggiate e decine di passanti. Le immagini televisive mostrano un groviglio di lamiere coperte di detriti, da cui i soccorritori hanno estratto le vittime, oltre 40 secondo quanto riferito da un funzionario locale,mentre i feriti sarebbero un centinaio. Una carneficina, che conferma il ritorno della stagione delle stragi in Pakistan come aveva annunciato durante il finesettimana il nuovo leader talebano Hakimullah Mehsud che ora guida le milizie estremiste delle regioni di confine del nord ovest. I talebani hanno promesso di vendicare la morte del loro capo, Baitullah Mehsud, ucciso dai un raid americano lo scorso 5 agosto. La città di Peshawar, per la sua vicinanza con le zone controllate dai talebani, è la più vulnerabile per gli attentati. On è ben chiaro quale sia stato l’obiettivo dell’attacco di oggi, nella zona sorgono alcuni uffici del governo, ma tra le vittime ci sono solo civili, tra cui molte donne e bambini. Il ministro degli interni Rehman Malik ha detto che la strage accelera la decisione di lanciare un’offensiva militare nella regione Waziristan, dove ci sono le basi dei militanti.
martedì 6 ottobre 2009
Spose bambine, secondo Unicef un terzo sono in India
Ufficialmente i matrimoni tra minorenni sono vietati per legge dal 1929, ma questa vecchia e radicata tradizione è ancora largamente tollerata soprattutto nelle popolose e povere campagne dell’India settentrionale. Le nuove statistiche diffuse dall’Unicef sono scioccanti: oltre un terzo delle spose bambine nel mondo abitano in India. Nel 2007, in pieno boom economico, 25 milioni di minorenni hanno contratto un matrimonio di solito combinato dalle famiglie a seconda delle convenienze economiche e di casta. La pratica è particolarmente diffusa nello stato settentrionale del Rajasthan dove la soglia di età delle neo spose si abbassa alla pubertà. Il governo centrale nel suo Piano nazionale per l’Infanzia si è prefissato di eliminare il fenomeno delle spose bambine entro il 2010, un obiettivo ambizioso soprattutto per la difficoltà di esercitare un controllo effettivo nelle zone rurali dove i diritti delle donne e dei bambini sono calpestati quotidianamente e dove analfabetismo, superstizione e soprattutto povertà alimentano questa tradizione che secondo l’Unicef è ancora più diffusa nei vicini Nepal, Pakistan e Bangladesh. Inevitabilmente i matrimoni precoci portano a dei parti precoci con conseguente aumento della mortalità infantile che in India continua a essere tra le più alte al mondo nonostante la maggiore disponibilità di risorse da spendere per la salute pubblica.
Milioni di alluvionati in Karnataka e Andhra Pradesh
E’ una corsa contro il tempo per soccorrere i sopravissuti delle inondazioni che hanno colpito larga parte del Sud dell’India. Dopo cinque giorni di pioggia battente ci sarebbero ancora circa 350 villaggi sommersi in particolare negli stati dell’Andhra Pradesh e del Karnataka, due regioni che paradossalmente erano state duramente colpite dalla siccità durante la stagione estiva. Usando elicotteri e barche i soccorritori stanno cercando di portare in salvo gli alluvionati, ma anche di distribuire cibo e medicinali a quelli che hanno trovato rifugio nelle zone più alte. Secondo alcune stime 17 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case allagate o distrutte dalle piene dei fiumi. Finora sono stati recuperati circa 300 corpi, ma il bilancio delle vittime è probabilmente destinato ad aumentare nei prossimi giorni quando il livello dei fiumi tornerà normale. Le inondazioni, un fenomeno abbastanza raro per l’India del sud, avrebbero avrebbe causato miliardi di dollari di danni all’agricoltura e al bestiame, gli unici mezzi di sostentamento per milioni di contadini. Con l’aiuto dell’esercito, le autorità stanno allestendo tendopoli e centri di accoglienza per gli sfollati. Dopo aver sorvolato le aree devastate, la leader del partito del Congresso Sonia Gandhi ha promesso fondi di emergenza e per la ricostruzione. I danni maggiori sarebbero stati causati dalla massa d’acqua fuoriuscita da alcuni grandi sbarramenti sui principali fiumi dello stato del Karnataka.
lunedì 5 ottobre 2009
Islamabad, attentatore suicida negli uffici del Pam
Non è ancora chiaro da dove sarebbe entrato l’attentatore suicida che stamattina ha semidistrutto la sede del Programma Alimentare Mondiale, una palazzina di due piani protetta da un fitto cordone di sicurezza esterno e da molteplici controlli all’ingresso. Secondo le prime ipotesi l’esplosione, circa sette o otto chili di tritolo, sarebbe avvenuta in un ufficio nel seminterrato. Tra le vittime ci sarebbero anche due donne e un iracheno. Parlando ai giornalisti il ministro pachistano degli interni Rehman Malik ha rivelato che l’attentatore vestiva l’uniforme del servizio privato di sicurezza usato dalle Nazioni Unite. Un particolare che probabilmente è stato registrato dal circuito di telecamere interne. Il ministro ha puntato il dito contro gli estremisti talebani che sono in controllo di parte del nord ovest e che di recente si sono raggruppati sotto la guida del nuovo leader Hakimullah Mehsud. Proprio ieri in uno dei suoi rari incontri con i giornalisti, il nuovo capo talebano Hakimullah, che fonti pachistane avevano dato per morto, ha minacciato nuovi attentati per vendicare la morte di Baitullah Mehsud, il supericercato ucciso da un drone americano lo scorso 5 agosto. L’attentato all’Onu di stamattina interrompe un breve periodo di calma a Islamabad dopo l’offensiva militare contro i talebani nella vallata di Swat che aveva causato ben due milioni di sfollati, un’emergenza gestita proprio dall’ufficio del Pam.
giovedì 24 settembre 2009
Pakistan, Obama chiede più sostegno e triplica aiuti
Il futuro della democrazia in Pakistan e la lotta agli estremisti islamici continua a essere al centro dell’attenzione della comunità internazionale. A margine dell’assemblea generale delle nazioni Unite a New York si è tenuta ieri una riunione dei cosiddetti Amici del Pakistan democratico, un gruppo di 26 paesi donatori impegnati a salvare dalla bancarotta il governo di Asif Ali Zardari minacciato dall’avanzata dei talebani nelle aree pashtun del nord ovest. Il presidente americano Barak Obama ha chiesto ai paesi donatori, tra cui c’è anche l’Italia, un maggiore e duraturo impegno per sostenere Islamabad nella battaglia conto i militanti, che sarebbe cruciale anche per la stabilizzazione del vicino Afghanistan. Obama ha annunciato che il Senato americano ha deciso di triplicare gli aiuti non militari portandoli a 7,5 miliardi di dollari per i prossimi 5 anni. Intanto, nonostante le proteste del governo di Islamabad, continuano gli attacchi americani con aerei droni contro i militanti islamici. Nell’ennesimo di questi raid nel nord del Waziristan sono state uccise 12 persone, tra cui alcuni leader talebani, secondo le agenzie di stampa. Sempre ieri gli estremisti hanno attaccato nel distretto di Bannu un convoglio di milizie civili antitalebane provocando numerose vittime.
sabato 19 settembre 2009
Sri Lanka, sfollati tamil a casa nei prossimi 4 mesi?
C’è voluta la visita di un inviato di Ban Ki Moon a convincere il governo ad accelerare il ritorno delle decine di migliaia di sfollati tamil che si trovano nei campi di detenzione a Vavunya e in altre zone del nord dell’isola. Secondo quanto promesso dal presidente Rajapaksa entro la fine di gennaio i 280 mila tamil potranno lasciare i cosiddetti welfare centri allestiti dall’esercito durante il conflitto con le Tigri Tamil. Il problema maggiore per le autorità srilankesi è quello di sminare i villaggi e le aree precedentemente occupate dai ribelli ma anche quello di verificare l’identità degli sfollati per paura che tra di loro si possano nascondere superstiti del movimento separatista. Le Nazioni Unite e la comunità internazionale hanno denunciato in più occasioni le condizioni inumane di sovraffollamento in particolare nella immensa tendopoli di Manik Farm e le restrizioni di movimento degli sfollati, cosa che non farebbe che aumentare il risentimento della minoranza tamil contro le autorità cingalesi, come ha detto il sottosegretario dell’Onu agli affari politici Lynn Pascoe che ha concluso ieri una visita di tre giorni. Preoccupa anche il rischio di inondazioni visto l’imminente arrivo del monsone. E’ probabile che molti sfollati siano semplicemente ridislocati in altri centri di accoglienza più ospitali. Lo sminamento potrebbe richiedere molto più di quattro mesi.
venerdì 18 settembre 2009
Pakistan, attentato suicida contro sciiti, oltre 30 morti
Sarebbe stata un’auto imbottita con 150 kg di tritolo a seminare morte e terrore verso le 11 ora locale in una cittadina a maggioranza sciita a 60 km a sud di Peshawar nelle regioni pashtun. La deflagrazione, fortissima, è avvenuta in un mercato affollato in occasione dell’imminente festività di Eid Al Fitr che segna la fine del Ramadan. Testimoni hanno riferito di decine di corpi sotto le macerie di un albergo distrutto dall’esplosione. L’attentato, rivendicato da un gruppo islamico estremista sunnita pro talebano potrebbe essere in risposta ai recenti bombardamenti dell’esercito pachistano contro i capi tribali che controllano il distretto di Kyber porta di accesso in Afghanistan. Secondo la polizia il kamikaze alla guida dell’autobomba proveniva dalla regione di Orakzai, che è la roccaforte di Hakimullah Mehsud, il nuovo leader dei talebani pachistani che ha preso il posto del suo capo e omonimo Baitullah Mensud ucciso da un attacco aereo americano. Potrebbe essere quindi il segno di un rafforzamento dei militanti dopo un periodo di sbandamento per via delle faide interne e anche dei successi della campagna militare di Islamabad nella valle di Swat e nelle vicine regioni di Dir e Buner. La polizia non esclude però che la carneficina rientri nella ben nota rivalità tra sunniti e la minoranza sciita alimentata dalla presenza di elementi di Al Qaeda sul territorio pachistano.
giovedì 3 settembre 2009
Sri Lanka, allarme per i 280 mila sfollati tamil
Nei cosiddetti “welfare centers”, in realtà centri di detenzione, nelle ex zone di conflitto, ci sono ancora 280 mila tamil in condizioni di sovraffollamento e con il rischio di epidemie soprattutto ora che la stagione monsonica è alle porte. Il governo cingalese ha detto che 15 mila famiglie potranno tornare nelle loro case, ma la situazione rimane allarmante secondo le organizzazioni umanitarie che possono accedere ai campi, ma solo a patto di non rendere pubbliche le informazioni sulle condizioni degli sfollati. Un appello ad alleggerire la pressione dei centri gestiti dai militari nel distretto di Vavunya è arrivato anche dal leader dell’opposizione, l’ex premier Anil Wikremasinghe, secondo il quale due terzi degli sfollati potrebbero essere liberati subito e trasferiti presso amici o parenti in attesa della ricostruzione delle aree distrutte dall’offensiva contro i ribelli tamil terminata a maggio. Ma il governo teme che tra gli sfollati ci siano ancora migliaia di militanti delle Tigri Tamil che una volta ritornati nei propri territori potrebbero riorganizzare il movimento separatista. A preoccupare le Nazioni Unite e, in particolare, il segretario generale Ban Ki Moon sono anche le accuse di esecuzioni arbitrarie di presunti militanti tamil come mostrato da un filmato diffuso da un canale televisivo britannico.
Sri Lanka, allarme per i 280 mila sfollati tamil
Nei cosiddetti “welfare centers”, in realtà centri di detenzione, nelle ex zone di conflitto, ci sono ancora 280 mila tamil in condizioni di sovraffollamento e con il rischio di epidemie soprattutto ora che la stagione monsonica è alle porte. Il governo cingalese ha detto che 15 mila famiglie potranno tornare nelle loro case, ma la situazione rimane allarmante secondo le organizzazioni umanitarie che possono accedere ai campi, ma solo a patto di non rendere pubbliche le informazioni sulle condizioni degli sfollati. Un appello ad alleggerire la pressione dei centri gestiti dai militari nel distretto di Vavunya è arrivato anche dal leader dell’opposizione, l’ex premier Anil Wikremasinghe, secondo il quale due terzi degli sfollati potrebbero essere liberati subito e trasferiti presso amici o parenti in attesa della ricostruzione delle aree distrutte dall’offensiva contro i ribelli tamil terminata a maggio. Ma il governo teme che tra gli sfollati ci siano ancora migliaia di militanti delle Tigri Tamil che una volta ritornati nei propri territori potrebbero riorganizzare il movimento separatista. A preoccupare le Nazioni Unite e, in particolare, il segretario generale Ban Ki Moon sono anche le accuse di esecuzioni arbitrarie di presunti militanti tamil come mostrato da un filmato diffuso da un canale televisivo britannico.
martedì 1 settembre 2009
Singh ottimista sulla ripresa economica
La recessione mondiale non sembra aver colpito duramente l’India dove il tasso di crescita previsto per quest’anno si mantiene al di sopra del 6%. Negli ultimi tre mesi, dopo le elezioni che hanno riconfermato al potere del premier ed economista Manmohan Singh, la ripresa si è messa lentamente in moto soprattutto grazie a una forte domanda proveniente dal mercato interno. Ma a preoccupare ora è la siccità, dovuta alle scarse piogge monsoniche estive, che ha colpito il 40% delle coltivazioni. L’agricoltura è l’unica fonte di sostentamento per il 60% della popolazione indiana. Lo stesso Singh, parlando ieri alla prima riunione della commissione del Piano, ha però rassicurato che il Paese ha immagazzinato sufficienti scorte alimentari e che quindi non ci sarebbe il rischio di carestie. “Non bisogna essere eccessivamente pessimisti” ha detto Singh, secondo il quale “nei prossimi due anni l’India ritornerà ai livelli di crescita prefissati”. Secondo gli economisti indiani, il prossimo anno l’espansione dovrebbe salire all’8%, mentre nell’anno fiscale 2011-2012 si prevede un tasso di crescita del 9%, che è quello che il gigante asiatico ha bisogno per uscire dal sottosviluppo.
lunedì 31 agosto 2009
Sri Lanka, 20 anni di lavori forzati a giornalista tamil
Ha sollevato dure critiche, anche da parte della Casa Bianca, la condanna a 20 anni di lavori forzati inflitta al giornalista tamil Tissainayagam da un tribunale srilankese per violazione a mezzo stampa delle leggi antiterrorismo. In particolare, i giudici lo hanno accusato di aver alimentato l’odio razziale con articoli pubblicati nel 2006 su un settimanale diffuso nel nord est e di aver ricevuto denaro dalle Tigri Tamil per il suo sito internet. Tissainayagam era stato arrestato un anno e mezzo fa quando si era recato dalla polizia antiterrorismo per avere notizie su due colleghi scomparsi. Il suo caso era salito alla ribalta internazionale. Lo scorso primo maggio il presidente americano Barak Obama lo aveva citato come esempio di giornalista perseguitato in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa. Poche ore prima della sentenza, aveva ricevuto un premio dall’associazione francese Giornalisti Senza Frontiere.
La dura condanna non fa che confermare la politica di repressione della stampa seguita dal governo di Mahinda Rajapaksa anche ora dopo la vittoria sui ribelli tamil. Il direttore di una pubblicazione antigovernativa, Lasantha Wikrematunga, era stato assassinato a gennaio. Altri nove giornalisti sono stati uccisi negli ultimi tre anni, mentre numerosi sono stati i casi di aggressione e intimidazione. Continua anche la censura governativa sulla sorte dei 300 mila sfollati tamil rinchiusi nei campi di detenzione nel nord dell’isola .
La dura condanna non fa che confermare la politica di repressione della stampa seguita dal governo di Mahinda Rajapaksa anche ora dopo la vittoria sui ribelli tamil. Il direttore di una pubblicazione antigovernativa, Lasantha Wikrematunga, era stato assassinato a gennaio. Altri nove giornalisti sono stati uccisi negli ultimi tre anni, mentre numerosi sono stati i casi di aggressione e intimidazione. Continua anche la censura governativa sulla sorte dei 300 mila sfollati tamil rinchiusi nei campi di detenzione nel nord dell’isola .
domenica 30 agosto 2009
India, per le caramelle Perfetti non c’è crisi
Ogni giorno in India si mangiano 30 milioni di caramelle e gomme da masticare con il marchio Perfetti Van Melle. L’azienda fondata da Augusto Perfetti è una delle poche vere "success story" nel subcontinente indiano dove il settore del commercio al dettaglio è ancora chiuso agli stranieri. Paradossalmente le caramelle sono un prodotto "anticiclico" che non ha quindi risentito degli effetti della recessione globale. Secondo Stefano Pelle, manager della Perfetti e responsabile per l’Asia, "caramelle e gomme sono indulgenze a prezzi molto ragionevoli di cui difficilmente ci si priva, anche in tempi di crisi. Anzi, quando l'umore è mesto e si ha bisogno di regalarsi un attimo di rilassamento, una gomma, una caramella o un lollipop aiutano a ridurre la tensione e sono alla portata di tutte le tasche". Non stupisce quindi che nei Paesi emergenti, la Perfetti "ha continuato a registrare tassi di crescita delle vendite a due cifre".
Secondo Pelle i mercati emergenti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) hanno reagito in modo differente alla crisi: "Cina e l'India sono quelli che hanno sofferto di meno, seppure per motivazioni molto diverse. La prima, grande esportatrice nei paesi fortemente colpiti dalla crisi come gli Usa, ha inizialmente sofferto, ma nel giro di pochi mesi è riuscita a recuperare. Ha sostituito la domanda per l’export con la domanda interna e con esportazioni più a buon mercato in paesi meno ricchi. L'India invece, essendo solo marginalmente dipendente dalle esportazioni, ha sofferto per la mancanza di liquidità, soprattutto nel settore immobiliare e per la diminuzione degli investimenti stranieri. Tuttavia le misure prese dal governo hanno adeguatamente stimolato gli investimenti interni e i consumi riportando i tassi di crescita a un livello non lontano dal periodo pre-crisi. Il Brasile, partendo da tassi più modesti, ma contando anch'esso notevolmente su esportazioni, seppure più di commodoties che di prodotti finiti, ha comunque sofferto, ma non drammaticamente. Il Paese che ha maggiormente accusato il colpo è stato invece la Russia, particolarmente nel 2008 ed inizio 2009. Oltre all'effetto del calo dei prezzi e delle esportazioni di gas e petrolio, da cui l'economia del Paese dipende fortemente, l'alta svalutazione del Rublo ha provocato inflazione importata e ridotto notevolmente i redditi reali e consumi".
Pelle, autore di un libro sulle opportunità di investimento nei Paesi Bric ("Understanding Emerging Markets", Hoepli, 2007) è convinto che India e Cina rimangano "sicuramente appetibili". I tassi di crescita previsti, ben al di sopra del 5% "provano che questi Paesi hanno ancora potenziali di medio-lungo termine decisamente più attraenti rispetto ai paesi dell'Ovest Europeo e USA. Inoltre le loro borse sono drasticamente risalite durante il 2009, registrando eccellenti prestazioni ". In particolare l'India, conclude Pelle, "anche grazie al forte mandato ricevuto nelle recenti elezioni, ha enormi potenziali ed ha visto il proprio mercato azionario quasi raddoppiare il valore dal picco negativo raggiunto durante il 2008".
Secondo Pelle i mercati emergenti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) hanno reagito in modo differente alla crisi: "Cina e l'India sono quelli che hanno sofferto di meno, seppure per motivazioni molto diverse. La prima, grande esportatrice nei paesi fortemente colpiti dalla crisi come gli Usa, ha inizialmente sofferto, ma nel giro di pochi mesi è riuscita a recuperare. Ha sostituito la domanda per l’export con la domanda interna e con esportazioni più a buon mercato in paesi meno ricchi. L'India invece, essendo solo marginalmente dipendente dalle esportazioni, ha sofferto per la mancanza di liquidità, soprattutto nel settore immobiliare e per la diminuzione degli investimenti stranieri. Tuttavia le misure prese dal governo hanno adeguatamente stimolato gli investimenti interni e i consumi riportando i tassi di crescita a un livello non lontano dal periodo pre-crisi. Il Brasile, partendo da tassi più modesti, ma contando anch'esso notevolmente su esportazioni, seppure più di commodoties che di prodotti finiti, ha comunque sofferto, ma non drammaticamente. Il Paese che ha maggiormente accusato il colpo è stato invece la Russia, particolarmente nel 2008 ed inizio 2009. Oltre all'effetto del calo dei prezzi e delle esportazioni di gas e petrolio, da cui l'economia del Paese dipende fortemente, l'alta svalutazione del Rublo ha provocato inflazione importata e ridotto notevolmente i redditi reali e consumi".
Pelle, autore di un libro sulle opportunità di investimento nei Paesi Bric ("Understanding Emerging Markets", Hoepli, 2007) è convinto che India e Cina rimangano "sicuramente appetibili". I tassi di crescita previsti, ben al di sopra del 5% "provano che questi Paesi hanno ancora potenziali di medio-lungo termine decisamente più attraenti rispetto ai paesi dell'Ovest Europeo e USA. Inoltre le loro borse sono drasticamente risalite durante il 2009, registrando eccellenti prestazioni ". In particolare l'India, conclude Pelle, "anche grazie al forte mandato ricevuto nelle recenti elezioni, ha enormi potenziali ed ha visto il proprio mercato azionario quasi raddoppiare il valore dal picco negativo raggiunto durante il 2008".
India, pmi italiane in difficoltà a causa della crisi
La recessione mondiale ha colpito in particolare le piccole medie imprese italiane che non hanno più la forza di investire nei mercati emergenti come l’India, dove la ripresa dei consumi è già partita e il mercato è ancora da conquistare. “Questo è un paese che ha bisogno di 100 milioni di paia di scarpe all’anno, miliardi di cioccolatini, di costruire case e infrastrutture” – dice Roney Simon, rappresentante in Italia della Ficci (Federation of India Chambers of Commerce and Industry) - Ci sono immense opportunità per le pmi italiane che possono vendere e guadagnare immediatamente dal loro know how, ma non hanno più la forza di gettare un ponte dall’Italia all’India”.
La recessione globale ha tarpato le ali alla piccola impresa che è sempre stata il motore del successo del Made in Italy. Mentre i grandi gruppi come Piaggio o Ferrero hanno la forza sufficiente e il sostegno del sistema creditizio di navigare nella bufera, i piccoli non ce la fanno e sono costretti ad abbandonare i progetti di internazionalizzazione. Jacob Rose è uno dei pionieri della consulenza aziendale per ditte italiane: “Purtroppo molte pmi dopo la crisi di ottobre hanno bloccato gli investimenti. Hanno subito un crollo di vendite in Italia, non hanno più liquidità e stanno concentrando i loro sforzi per sopravvivere sul mercato italiano. Non hanno avuto nessun sostegno statale come è avvenuto negli Stati Uniti”. Rose, che è a capo della società Italtec Consulting con sede a Noida, vicino a Nuova Delhi, cita due esempi: una ditta specializzata in paste abrasivi che voleva avviare la produzione in India, ma che ha bloccato i progetti e ha deciso per ora di importare i propri prodotti da Italia e Cina. E un secondo caso di un’azienda di sedie e poltrone che ha anch’essa rinunciato a insediarsi sul mercato indiano. “Le aziende italiane sono deluse dalla Cina, soprattutto per la protezione dei brevetti, e vorrebbero trasferirsi in India” dice Rose che “non vede nubi nere all’orizzonte della crescita indiana” soprattutto per le garanzie di continuità offerte dal governo bis di Manmohan Singh riconfermato a maggio.
Dello stesso avviso è Simon, secondo il quale “c’è una finestra da qui al 2012 per entrare sul mercato indiano e occupare gli spazi aperti. Le imprese italiane non devono perdere questo treno”.
C’è chi però ha dei dubbi sulla capacità di ripresa della locomotiva indiana: “da circa 3 mesi gli ordini sono ripresi, ma non sono tornati ai livelli precedenti – dice Gabriele Checchini, ceo di Itema India, colosso delle macchine tessili, che da due anni ha aperto un impianto a Coimbatore, nello stato meridionale del Tamil Nadu. Le previsioni per quest’anno dovranno essere riviste al ribasso per il 30 o 40%, ma l’India e anche la Cina sono “gli unici mercati possibili dove vendere”. “Siccome i nostri telai costano in media 150 mila euro – conclude - le aziende tessili indiane hanno bisogno dei prestiti delle banche e quindi è necessario che il governo lanci una nuova politica di finanziamento alle imprese”.
La recessione globale ha tarpato le ali alla piccola impresa che è sempre stata il motore del successo del Made in Italy. Mentre i grandi gruppi come Piaggio o Ferrero hanno la forza sufficiente e il sostegno del sistema creditizio di navigare nella bufera, i piccoli non ce la fanno e sono costretti ad abbandonare i progetti di internazionalizzazione. Jacob Rose è uno dei pionieri della consulenza aziendale per ditte italiane: “Purtroppo molte pmi dopo la crisi di ottobre hanno bloccato gli investimenti. Hanno subito un crollo di vendite in Italia, non hanno più liquidità e stanno concentrando i loro sforzi per sopravvivere sul mercato italiano. Non hanno avuto nessun sostegno statale come è avvenuto negli Stati Uniti”. Rose, che è a capo della società Italtec Consulting con sede a Noida, vicino a Nuova Delhi, cita due esempi: una ditta specializzata in paste abrasivi che voleva avviare la produzione in India, ma che ha bloccato i progetti e ha deciso per ora di importare i propri prodotti da Italia e Cina. E un secondo caso di un’azienda di sedie e poltrone che ha anch’essa rinunciato a insediarsi sul mercato indiano. “Le aziende italiane sono deluse dalla Cina, soprattutto per la protezione dei brevetti, e vorrebbero trasferirsi in India” dice Rose che “non vede nubi nere all’orizzonte della crescita indiana” soprattutto per le garanzie di continuità offerte dal governo bis di Manmohan Singh riconfermato a maggio.
Dello stesso avviso è Simon, secondo il quale “c’è una finestra da qui al 2012 per entrare sul mercato indiano e occupare gli spazi aperti. Le imprese italiane non devono perdere questo treno”.
C’è chi però ha dei dubbi sulla capacità di ripresa della locomotiva indiana: “da circa 3 mesi gli ordini sono ripresi, ma non sono tornati ai livelli precedenti – dice Gabriele Checchini, ceo di Itema India, colosso delle macchine tessili, che da due anni ha aperto un impianto a Coimbatore, nello stato meridionale del Tamil Nadu. Le previsioni per quest’anno dovranno essere riviste al ribasso per il 30 o 40%, ma l’India e anche la Cina sono “gli unici mercati possibili dove vendere”. “Siccome i nostri telai costano in media 150 mila euro – conclude - le aziende tessili indiane hanno bisogno dei prestiti delle banche e quindi è necessario che il governo lanci una nuova politica di finanziamento alle imprese”.
India, la ripresa è in anticipo di 4 mesi
Con una previsione di crescita di circa il 6% l’India continua a rimanere in mercato appetibile per il Made in Italy. Mentre Europa e Stati Uniti annaspano ancora nell’onda lunga della crisi finanziaria dello scorso ottobre, la locomotiva indiana ha ricominciato di nuovo a correre grazie alla ripresa della domanda interna e ai prestiti bancari agevolati. “L’India è in anticipo di 4 mesi rispetto alla ripresa degli altri Paesi – spiega Nicolò Tassoni, addetto commerciale della nostra ambasciata a Nuova Delhi – anche se ora sulle stime di crescita pesa l’incognita della produzione agricola seriamente compromessa dalle scarse piogge monsoniche di questa stagione”. Il settore dei beni durevoli, come auto e veicoli commerciali, che avevano patito di più la crisi dei consumi e la stretta creditizia, hanno cominciato a dare segnali di ripresa in primavera. Le grandi aziende italiane come Fiat, Piaggio, Carraro, New Holland hanno tirato un respiro di sollievo. L’inversione di tendenza è coincisa con le elezioni legislative che hanno dato ampio mandato al partito del Congresso e all’economista premier Mahmohan Singh escludendo dalla maggioranza le sinistre contrarie alle politiche di liberalizzazione economica. A luglio la produzione industriale ha registrato un aumento del 7% dopo un’accelerazione record di giugno del 7,8%. Il settore dell’informatica ha tenuto bene nonostante lo spauracchio di tagli dell’outsourcing americano.
In questo quadro l’ottimismo sull’India rimane intatto, anzi i mercati emergenti a Est sembrano essere sempre più l’unica ancora di salvezza per le nostre imprese “che anche nel picco della crisi hanno portato avanti i loro progetti” aggiunge Tassoni. Lo scorso aprile il gruppo Verlicchi, componentistica per moto, ha annunciato una joint venture con l’indiano Hema per realizzare uno stabilimento vicino a Bangalore. All’inizio dell’anno Bay Forge (gruppo Fomas) ha deciso di raddoppiare l’acciaieria a Chennai. Fiat ha lanciato a giugno la Grande Punto prodotta nel grande stabilimento congiunto con Tata Motors che sorge a Ranjangaon.
Gli indiani hanno ripreso a continuato a comprare il Made in Italy anche se c’è stato un quasi azzeramento delle esportazioni italiane in India tra dicembre e marzo che va a ridimensionare il boom del 2008.
Per quanto riguarda le firme della moda, da pochissimo presenti in India, il quadro ha molte luci e ombre. La “middle class” indiana ha ancora le gambe fragili ed è stata spaventata dalla crisi. Solo ora i nuovi centri commerciali cominciano di nuovo a riempirsi di acquirenti. “L’India è uno dei mercati più piccoli in tutta l’Asia per il lusso, ma con il tasso di crescita più elevata anche durante questo periodo di rallentamento della crescita – dicono da Luxottica, una realtà moto radicata in India, - Ciò significa che per un’azienda del lusso che viole entrare in India, ora ci vuole più tempo per raggiungere una massa critica e generare profitti visti gli investimenti iniziali molto elevati”.
In questo quadro l’ottimismo sull’India rimane intatto, anzi i mercati emergenti a Est sembrano essere sempre più l’unica ancora di salvezza per le nostre imprese “che anche nel picco della crisi hanno portato avanti i loro progetti” aggiunge Tassoni. Lo scorso aprile il gruppo Verlicchi, componentistica per moto, ha annunciato una joint venture con l’indiano Hema per realizzare uno stabilimento vicino a Bangalore. All’inizio dell’anno Bay Forge (gruppo Fomas) ha deciso di raddoppiare l’acciaieria a Chennai. Fiat ha lanciato a giugno la Grande Punto prodotta nel grande stabilimento congiunto con Tata Motors che sorge a Ranjangaon.
Gli indiani hanno ripreso a continuato a comprare il Made in Italy anche se c’è stato un quasi azzeramento delle esportazioni italiane in India tra dicembre e marzo che va a ridimensionare il boom del 2008.
Per quanto riguarda le firme della moda, da pochissimo presenti in India, il quadro ha molte luci e ombre. La “middle class” indiana ha ancora le gambe fragili ed è stata spaventata dalla crisi. Solo ora i nuovi centri commerciali cominciano di nuovo a riempirsi di acquirenti. “L’India è uno dei mercati più piccoli in tutta l’Asia per il lusso, ma con il tasso di crescita più elevata anche durante questo periodo di rallentamento della crescita – dicono da Luxottica, una realtà moto radicata in India, - Ciò significa che per un’azienda del lusso che viole entrare in India, ora ci vuole più tempo per raggiungere una massa critica e generare profitti visti gli investimenti iniziali molto elevati”.
Nuovo saggio dell'ambasciatore Toscano: “Il terrorismo non ha giustificazioni”
La premessa è che la società umana è dominata dal principio hobbesiano di “homo homini lupus” e che solo obbedendo alle regole di una “global governance” si possono vincere il terrorismo, il genocidio e la tortura, le tre forme di violenza che il mondo moderno dovrebbe assolutamente eliminare. Non ci sono giustificazioni ideologiche per chi ricorre alla violenza anche per una “giusta causa” secondo Roberto Toscano, ambasciatore italiano a Nuova Delhi e autore di un saggio intitolato “Between Terrorism and Global Governance” pubblicato dalla società di edizioni indiana Har-Anand Publications. Respingendo il presupposto dogmatico dello scontro di civiltà, il diplomatico italiano affronta i dilemmi del nuovo ordine mondiale post 11 settembre con un approccio estremamente pragmatico. “Se non è possibile vietare la guerra, allora introduciamo dei divieti nella guerra” dice citando il principio della Croce Rossa Internazionale. A questo proposito il ruolo del diritto internazionale è fondamentale e ne sa qualcosa Shashi Tharoor, ex funzionario delle Nazioni Unite, saggista e oggi sottosegretario indiano agli esteri, che è stato invitato a presentare il libro di Toscano ieri sera in un centro conferenze della capitale indiana. L’ambasciatore italiano, un esperto di diritto internazionale umanitario, è alla sua seconda pubblicazione da quando ha assunto servizio a Nuova Delhi un anno fa proveniente dalla sede diplomatica di Teheran. E’ dello scorso gennaio l’uscita del saggio “Beyond Violence. Principles for an Open Century” scritto insieme a Ramin Jahabengloo, l’intellettuale iraniano perseguitato dal regime di Teheran che vive in Canada.
martedì 25 agosto 2009
Pakistan, talebani annunciano morte di Baitullah Mehsud
Dopo la girandola di annunci e smentite durata una ventina di giorni, si è risolto ieri il giallo sulla morte di Baitullah Mehsud, il capo tribale Waziristan meridionale ritenuto responsabile delle più sanguinose stragi degli ultimi anni in Pakistan. Due suoi vicecomandanti hanno annunciato ieri con una telefonata all’agenzia di stampa AP che Mehsud è morto domenica scorsa in seguito alle ferite riportate nell’attacco missilistico americano del 5 agosto che ha colpito la casa del suocero in cui si trovava in compagnia della sua seconda moglie. La dichiarazione, che di sicuro è stata accolta con soddisfazione dal governo di Zardari, mette a tacere anche un'altra ridda di voci sulla lotta alla successione al vertice del movimento Tehrik e Taleban Pakistan, formato da gruppi estremisti del confine nord occidentale e da militanti Al Qaeda. La notizia del decesso di Mehsud è stata data congiuntamente dal suo giovane vice comandante e appartenente allo stesso gruppo tribale Hakimullah Mehsud, che avrebbe preso il suo posto e dal più anziano Waliur Rehman, che ora guida le milizie del Waziristan meridionale. Sono state cosi smentite le divergenze che sarebbero sorte tra i due candidati alla successione nel consiglio degli anziani convocato all’indomani del ferimento di Mehsud.
lunedì 24 agosto 2009
Pakistan, giornalista afghano ucciso e faide tra talebani
Un giornalista afghano freddato con quattro colpi di pistola, un attacco suicida a Peshawar contro un leader estremista e nuove voci contraddittorie sul successore del capo talebano Baitullah Mehsud. Se si mettono insieme queste notizie emerse negli ultimi due giorni in Pakistan, si potrebbe forse immaginare l’inizio di un nuovo scenario nella battaglia tra l’esercito e gli estremisti islamici. L’uccisione, smentita da alcuni capi talebani, del potente Mehsud, centrato da un missile della Cia il 5 agosto, avrebbe scatenato una faida all’interno del suo variegato gruppo che comprende capi tribali e militanti di Al Qaeda. L’attacco avvenuto domenica in un quartiere di Peshawar che ha ucciso tre passanti ne è un esempio. Un kamikaze si è fatto esplodere nella casa del fratello di Mubin Afridi, il portavoce di un gruppo islamico estremista ucciso il giorno prima da una bomba piazzata nella sua auto. Secondo alcuni analisti sarebbe in atto una sorta di guerra di mafia tra i vari capi tribali pashtun che lottano per la supremazia della regione e il controllo di diversi traffici illegali. Non è però chiaro se in questo quadro si possa collocare anche la bruta le esecuzione di Janullah Hashimzada, corrispondente dal Pakistan di una televisione afghana, avvenuta nel distretto di Kyber, mentre stava viaggiando a bordo di un pulmino.
domenica 9 agosto 2009
Pakistan, cristiani nel mirino degli estremisti
Su Famiglia Cristiana
Lahore
Gojra, nella provincia del Punjab, é il nuovo simbolo dell’intolleranza religiosa in Pakistan. In questa città a Sud di Lahore, vicino al confine con l’India, otto persone sono state bruciate vive da 3 mila fanatici musulmani che hanno assaltato il quartiere cristiano. Il rogo é avvenuto sotto lo sguardo complice della polizia e dopo che gli assalitori avevano bloccato strade e ferrovia. Tra i carbonizzati ci sono anche un bambino di sette anni e quattro donne. Cinquanta case sono state distrutte, centinaia di famiglie sono senza tetto e il villaggio é ora presidiato da reparti dell’esercito inviati dal presidente Asif Ali Zardari che è intervenuto subito, promettendo il pugno di ferro contro i responsabili. La polizia ha arrestato decine di persone incluso il leader del movimento clandestino Sipah-i-Sahaba, principale indiziato della strage.
Era una tragedia annunciata. Il giorno prima un gruppo di fanatici aveva distrutto e saccheggiato due chiese nel vicino villaggio di Korian. La rabbia anticristiana era esplosa in seguito a un presunto caso di profanazione da parte di tre cristiani che, durante una festa di nozze, il 29 luglio, avrebbero bruciato alcune pagine del Corano. A poco erano servite le smentite ufficiali («la storia della profanazione è falsa») e le richieste d’aiuto dei cristiani alle autoritá.
La scia di discriminazioni e violenze contro i circa 3 milioni di cristiani pachistani, la metá dei quali cattolici, inizia con l’introduzione della legge contro la blasfemia nel 1977, è cresciuta dopo l’11 settembre 2001, quando il Pakistan ha dichiarato guerra ai talebani e ad Al Qaeda, ed è ancora aumentata nell’aprile scorso, vista l’introduzione della sharia, la legge islamica, nella Swat Valley.
Monsignor Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana, era intervenuto pubblicamente scrivendo che la sharia nella Swat Valley rappresentava «una totale mancanza di considerazione nei confronti delle minoranze e dei loro diritti», sanciti nel 1947, dall’Assemblea costituente. È un fatto che molti cristiani sono stati costretti a scappare dalle zone pashtun del Nordovest dove i non musulmani, per professare la loro fede, ora sono obbligati a pagare la jizya (la tassa imposta dai seguaci dell’Islam ai fedeli delle religioni del Libro, cristiani ed ebrei).
I cristiani, che appartengono agli strati sociali piú bassi, sono considerati come “intoccabili” dalla societá pachistana. Le donne sono associate al mestiere di swepeer, donne delle pulizie, e sono spesso umiliate oppure, peggio, vittime di molestie sessuali se non addirittura di stupri. A Islamabad migliaia di cristiani vivono da anni in baraccopoli, semi abusive, che la municipalitá demolisce di tanto in tanto. Nel centrale Sitara Market, oltre 500 persone da settimane bivaccano su uno spartitraffico, sotto striscioni in cui si appellano alle ambasciate straniere e al Vaticano
Maria Grazia Coggiola
Lahore
Gojra, nella provincia del Punjab, é il nuovo simbolo dell’intolleranza religiosa in Pakistan. In questa città a Sud di Lahore, vicino al confine con l’India, otto persone sono state bruciate vive da 3 mila fanatici musulmani che hanno assaltato il quartiere cristiano. Il rogo é avvenuto sotto lo sguardo complice della polizia e dopo che gli assalitori avevano bloccato strade e ferrovia. Tra i carbonizzati ci sono anche un bambino di sette anni e quattro donne. Cinquanta case sono state distrutte, centinaia di famiglie sono senza tetto e il villaggio é ora presidiato da reparti dell’esercito inviati dal presidente Asif Ali Zardari che è intervenuto subito, promettendo il pugno di ferro contro i responsabili. La polizia ha arrestato decine di persone incluso il leader del movimento clandestino Sipah-i-Sahaba, principale indiziato della strage.
Era una tragedia annunciata. Il giorno prima un gruppo di fanatici aveva distrutto e saccheggiato due chiese nel vicino villaggio di Korian. La rabbia anticristiana era esplosa in seguito a un presunto caso di profanazione da parte di tre cristiani che, durante una festa di nozze, il 29 luglio, avrebbero bruciato alcune pagine del Corano. A poco erano servite le smentite ufficiali («la storia della profanazione è falsa») e le richieste d’aiuto dei cristiani alle autoritá.
La scia di discriminazioni e violenze contro i circa 3 milioni di cristiani pachistani, la metá dei quali cattolici, inizia con l’introduzione della legge contro la blasfemia nel 1977, è cresciuta dopo l’11 settembre 2001, quando il Pakistan ha dichiarato guerra ai talebani e ad Al Qaeda, ed è ancora aumentata nell’aprile scorso, vista l’introduzione della sharia, la legge islamica, nella Swat Valley.
Monsignor Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana, era intervenuto pubblicamente scrivendo che la sharia nella Swat Valley rappresentava «una totale mancanza di considerazione nei confronti delle minoranze e dei loro diritti», sanciti nel 1947, dall’Assemblea costituente. È un fatto che molti cristiani sono stati costretti a scappare dalle zone pashtun del Nordovest dove i non musulmani, per professare la loro fede, ora sono obbligati a pagare la jizya (la tassa imposta dai seguaci dell’Islam ai fedeli delle religioni del Libro, cristiani ed ebrei).
I cristiani, che appartengono agli strati sociali piú bassi, sono considerati come “intoccabili” dalla societá pachistana. Le donne sono associate al mestiere di swepeer, donne delle pulizie, e sono spesso umiliate oppure, peggio, vittime di molestie sessuali se non addirittura di stupri. A Islamabad migliaia di cristiani vivono da anni in baraccopoli, semi abusive, che la municipalitá demolisce di tanto in tanto. Nel centrale Sitara Market, oltre 500 persone da settimane bivaccano su uno spartitraffico, sotto striscioni in cui si appellano alle ambasciate straniere e al Vaticano
Maria Grazia Coggiola
Pakistan. si scatena lotta per successione di Baitullah Mehsud
Continua il giallo sulla morte del capo talebano Baitullah Mehsud e di altri leader del sud del Waziristan che sarebbero stati uccisi in seguito a un diverbio sulla successione. Il consigliere americano per la sicurezza nazionale James Jones ha detto in un’intervista di avere una certezza del 90 per cento che Mehsud sia stato ucciso nell’attacco di mercoledi notte quando un aereo drone della Cia ha distrutto la casa del suocero dove si trovava con la seconda moglie. Il governo pachistano ha riferito che presto sarà in grado di fornire prove scientifiche della sua eliminazione. Ma dal Sud del Waziristan, controllato dai talebani e off limits per giornalisti, emergono notizie confuse e contraddittorie. Si dice per esempio che il giovane vice comandante Hakimullah Mehsud, dello stesso gruppo tribale, sia morto in uno scontro a fuoco con il rivale Wali ur Rehman durante un vertice tribale che avrebbe dovuto eleggere il successore. Ma lo stesso Rehman ha smentito in una telefonata a un’agenzia di stampa l’esistenza di divergenze e ha detto che Hakimullah Mehsud convocherà presto i giornalisti.
Se sarà confermata, la morte di Baitullah Mehsud potrebbe essere un durissimo colpo per il suo gruppo Tehrik-e-Taleban Pakistan, un’alleanza di diversi capi tribu e di militanti di Al Qaeda, creato nel dicembre del 2007 per combattere il governo pachistano e imporre la legge coranica. Le divergenze che sarebbero già sorte tra i vari leader sono il segno che sarà difficile trovare un sostituto di Mehsud.
Se sarà confermata, la morte di Baitullah Mehsud potrebbe essere un durissimo colpo per il suo gruppo Tehrik-e-Taleban Pakistan, un’alleanza di diversi capi tribu e di militanti di Al Qaeda, creato nel dicembre del 2007 per combattere il governo pachistano e imporre la legge coranica. Le divergenze che sarebbero già sorte tra i vari leader sono il segno che sarà difficile trovare un sostituto di Mehsud.
sabato 8 agosto 2009
Sri Lanka, oggi si vota a Jaffna e Vavunya
Non c’era solo la sua seconda moglie nell’edificio distrutto due giorni nel Waziristan meridionale fa da un aereo drone americano, ma anche il leader dei talebani pachistani, Baitullah Mehsud, che sarebbe stato ucciso nell’attacco notturno. Fonti di intelligence hanno confermato la sua morte, anche se nessuno ha visto il corpo. I portavoce dei talebani hanno riferito che si sono già tenuti i funerali e che oggi dopo la preghiera del venerdì si riunirà il consiglio locale, la shura, per scegliere un successore alla guida del gruppo Tehrik-e-Taleban che conta migliaia di combattenti, tra cui ex mujahiddin e militanti di Al Qaeda.
L’eliminazione del supericercato Mehsud è un successo significativo per l’esercito pachistano che da alcuni mesi è impegnato in una controversa offensiva militare nella valle di Swat e nel sud del Waziristan. E probabilmente metterà anche a tacere le critiche di Islamabad contro l’uso dei droni della Cia sul proprio territorio contro le basi della leadership talebana. Negli ultimi due anni Mehsud è emerso come un personaggio di primo piano come mandante di una lunga serie di stragi tese a destabilizzare il Paese. E’ ritenuto responsabile anche dell’uccisione dell’ex premier Benazir Bhutto nel dicembre del 2006, su cui ora sta indagando una commissione delle Nazioni Unite. Secondo alcuni esperti si tratta di un duro colpo per i vertici talebani ma non significa la sconfitta. Come avvenuto in passato, ci sono almeno altri tre capi tribali del sud del Waziristan pronti a prendere il suo posto.
L’eliminazione del supericercato Mehsud è un successo significativo per l’esercito pachistano che da alcuni mesi è impegnato in una controversa offensiva militare nella valle di Swat e nel sud del Waziristan. E probabilmente metterà anche a tacere le critiche di Islamabad contro l’uso dei droni della Cia sul proprio territorio contro le basi della leadership talebana. Negli ultimi due anni Mehsud è emerso come un personaggio di primo piano come mandante di una lunga serie di stragi tese a destabilizzare il Paese. E’ ritenuto responsabile anche dell’uccisione dell’ex premier Benazir Bhutto nel dicembre del 2006, su cui ora sta indagando una commissione delle Nazioni Unite. Secondo alcuni esperti si tratta di un duro colpo per i vertici talebani ma non significa la sconfitta. Come avvenuto in passato, ci sono almeno altri tre capi tribali del sud del Waziristan pronti a prendere il suo posto.
venerdì 7 agosto 2009
Pakistan, ucciso da un missile americano il leader talebano Baitullah Mehsud
Non c’era solo la sua seconda moglie nell’edificio distrutto due giorni nel Waziristan meridionale fa da un aereo drone americano, ma anche il leader dei talebani pachistani, Baitullah Mehsud, che sarebbe stato ucciso nell’attacco notturno. Fonti di intelligence hanno confermato la sua morte, anche se nessuno ha visto il corpo. I portavoce dei talebani hanno riferito che si sono già tenuti i funerali e che oggi dopo la preghiera del venerdì si riunirà il consiglio locale, la shura, per scegliere un successore alla guida del gruppo Tehrik-e-Taleban che conta migliaia di combattenti, tra cui ex mujahiddin e militanti di Al Qaeda.
L’eliminazione del supericercato Mehsud è un successo significativo per l’esercito pachistano che da alcuni mesi è impegnato in una controversa offensiva militare nella valle di Swat e nel sud del Waziristan. E probabilmente metterà anche a tacere le critiche di Islamabad contro l’uso dei droni della Cia sul proprio territorio contro le basi della leadership talebana. Negli ultimi due anni Mehsud è emerso come un personaggio di primo piano come mandante di una lunga serie di stragi tese a destabilizzare il Paese. E’ ritenuto responsabile anche dell’uccisione dell’ex premier Benazir Bhutto nel dicembre del 2006, su cui ora sta indagando una commissione delle Nazioni Unite. Secondo alcuni esperti si tratta di un duro colpo per i vertici talebani ma non significa la sconfitta. Come avvenuto in passato, ci sono almeno altri tre capi tribali del sud del Waziristan pronti a prendere il suo posto.
L’eliminazione del supericercato Mehsud è un successo significativo per l’esercito pachistano che da alcuni mesi è impegnato in una controversa offensiva militare nella valle di Swat e nel sud del Waziristan. E probabilmente metterà anche a tacere le critiche di Islamabad contro l’uso dei droni della Cia sul proprio territorio contro le basi della leadership talebana. Negli ultimi due anni Mehsud è emerso come un personaggio di primo piano come mandante di una lunga serie di stragi tese a destabilizzare il Paese. E’ ritenuto responsabile anche dell’uccisione dell’ex premier Benazir Bhutto nel dicembre del 2006, su cui ora sta indagando una commissione delle Nazioni Unite. Secondo alcuni esperti si tratta di un duro colpo per i vertici talebani ma non significa la sconfitta. Come avvenuto in passato, ci sono almeno altri tre capi tribali del sud del Waziristan pronti a prendere il suo posto.
giovedì 6 agosto 2009
Tre mussulmani condannati a morte per duplice strage a Mumbai nel 2003
“Questa sentenza è un forte segnale per tutti coloro che hanno compiuto atti di terrore a Mumbai”. Cosi i giudici del tribunale speciale sull’antiterrorismo hanno commentato le tre condanne a morte per il duplice attentato del 2003 costato la vita a oltre cinquanta persone. Tre mussulmani, tra cui una donna, sono stati ritenuti responsabili dell’esecuzione materiale della strage organizzata - secondo loro - per vendicare i pogrom contro i mussulmani del Gujarat nel 2002. Avrebbero preparato a casa le bombe e poi le avrebbero lasciate in due taxi parcheggiati in mezzo alla folla a Gateway of India, il simbolo di Mumbai e nel mercato dei gioielli di Zaveri. I tre hanno ammesso di essere stati indottrinati dalla Lashkar-e-Taiba, gruppo estremista pachistano, accusato di aver organizzato molti attentati in India, tra cui anche quello del novembre scorso agli hotel di Mumbai.
A nulla sono valse le preghiere della donna, Fehmida Syed, di 46 anni, che ha detto di aver obbedito agli ordini del marito Hanif. E’ la seconda donna a essere condannata alla pena capitale in India per terrorismo dopo Nalini, la complice nell’uccisione dell’ex statista Rajiv Gandhi, che si trova ancora nel braccio della morte. Le esecuzioni sono rare in India. L’ultimo a salire sul patibolo era stato uno stupratore nel 2004 dopo un intervallo di dieci anni.
A nulla sono valse le preghiere della donna, Fehmida Syed, di 46 anni, che ha detto di aver obbedito agli ordini del marito Hanif. E’ la seconda donna a essere condannata alla pena capitale in India per terrorismo dopo Nalini, la complice nell’uccisione dell’ex statista Rajiv Gandhi, che si trova ancora nel braccio della morte. Le esecuzioni sono rare in India. L’ultimo a salire sul patibolo era stato uno stupratore nel 2004 dopo un intervallo di dieci anni.
Waziristan, uccisa la moglie di Baisullah Mehsud
Non é chiaro se l'obiettivo dell'attacco missilistico delal scorsa notte era Baitullah Mehsud, il leader talebano supericercato oppure suo suocero Maulana Ikram ud Din, un capo religioso locale che perio non ha nessun ruolo nel gruppo islamico estremista. Nel raid effettuato con un aereo drone sarebbe peró morta la seconda moglie di Mehsud che in quel momento si trovava nella casa del padre nel villaggio di Laddah, nel sud del waziristan, che é stata completamente distrutta. Almeno 4 bambini e alcune donne sarebbero ferite, secondo notizie che non sono peró state confermate. Nell'ultimo anno gli Stati Uniti con l'aiuto dei servizi segreti hanno lanciato una cinquantina di attacchi con aerei pilotati a distanza contro presunte basi dei talebani e di Al Qaeda nelle zone montagne al confine con l' Afghanistan. I raid che avrebbero ucciso 500 persone, tra cui molti civili,, sono fortemente criticati dal governo di Zardari contrario a interferenze americane dirette sul proprio territorio. Lo stesso esercito pachistano é impegnato da molte settimane in un'offensiva nel sud del waziristan diretta a eliminare l'ex mujahiddin Mehsud, ritenuto responsabile di molte stragi tra cui quella che ha ucciso l'ex premoere Benazir Bhutto.
giovedì 30 luglio 2009
India, morta Gayatri Devi, l’ultima principessa di Jaipur
Nuova Delhi - Si tengono oggi i funerali Gayatri Devi, l’ultima principessa del Rajasthan e icona aristocratica di Jaipur morta all’età di 90 anni dopo una breve malattia. La sua salma è stata portata al palazzo reale, il City Palace, dove entrò a 20 anni come terza sposa del potente e ricco maharaja Sawai Man Singh.
Con la morte della “rajmata” Gayatri Devi se ne va un pezzo di India che ormai non esiste più se non nei musei e nelle residenze dei maharaja trasformate in lussuosi hotel. “La principessa che ha visto tutto e fatto tutto” scrive oggi in un necrologio il quotidiano “Hindustan Times” ripercorrendo le tappe della lunga e intensa vita della nobildonna che da un paio di anni era costretta alla sedia a rotelle.
Nata in una famiglia reale del Bengala, studia a Londra come è tradizione per i rampolli delle ricche famiglie indiane. Ha una bellezza folgorante da attrice hollywoodiana, che ricorda un po’ quella di Greta Garbo, tanto da essere nominata da Vogue tra le dieci più belle donne del mondo. Ma ha anche un carattere battagliero che la porta a scontrarsi con l’allora primo ministro Indira Gandhi, primadonna della politica indiana che nel 1971, poco sensibile all’aristocrazia, abolì i privilegi e le rendite dei circa 500 ex maharaja indiani. Gayatri Devi, che aveva iniziato la carriera politica nel 1962 in contrasto con il partito del Congresso dei Gandhi, fu incarcerata per diversi mesi con l’accusa di frode fiscale.
Oltre che per i suoi tre mandati al parlamento di Nuova Delhi, è ricordata per la sua passione per i cavalli, il polo, i gioielli, il jet set internazionale, i viaggi a Londra e per le marche di lusso. Dopo la morte del marito, caduto da cavallo durante una partita di polo, diventa una sorta di “ambasciatrice” della città reale di Jaipur. Di recente si era battuta contro le speculazioni edilizie e i palazzinari che minacciano il patrimonio storico della “città rosa”, una delle principali mete turistiche in India. Risale ad un anno fa la sua ultima battaglia pubblica quando si unì alla protesta degli abitanti di una baraccopoli sfrattati per far posto a un progetto edilizio sulla collina dove sorge la fortezza Moti Doongri. Abbandonata la politica, la “rajmata” si era dedicata ad attività sociali a favore delle donne e al recupero di vecchi mestieri artigianali, come quello legato alla terracotta blu rajastana. A Jaipur c’è una scuola femminile che porta il suo nome.
Su di lei esiste una vecchia biografia, “A Princess remembers”, un film-documentario, e molte foto d’epoca che la ritraggono con Jaqueline Kennedy e poi in gruppo con la regina Elisabetta II davanti a una tigre uccisa in una battuta di caccia.
mercoledì 29 luglio 2009
Pakistan, Musharraf non si presenta davanti ai giudici
Come era prevedibile l’ex presidente Pervez Musharraf non si è presentato davanti al giudice Iftikar Mohammed Chaudry, capo della Corte Suprema e principale oppositore dell’ex regime militare. Musharraf, che si trova a Londra dove possiede un appartamento, non ha inviato neppure un difensore. I suoi avvocati hanno riferito che non avrebbe ricevuto nessun avviso da parte della massima corte pachistana che lo ha convocato in merito alle leggi di emergenza imposte il 3 novembre del 2007. Invocando ragioni di sicurezza nazionale e l’emergenza del terrorismo islamico, Musharraf aveva all’epoca sospeso la costituzione e destituito i giudici della Corte Suprema.
Secondo gli esperti l’assenza di Musharraf, che ha lasciato il potere due anni fa a causa di forti pressioni popolari, non avrebbe nessuna conseguenza legale. Ci sono voci però che l’ex presidente potrebbe scegliere la via dell’esilio volontario per evitare una possibile condanna per alto tradimento da parte della Corte Suprema.
L’era di Musharraf, durata otto anni, ha lasciato una pesante eredità al governo di Asiz Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, che lo scorso anno ha reintegrato parte dei giudici della Corte Suprema su pressione dell’opposizione guidata dal rivale politico Nawaz Sharif, l’ex premier destituito da Musharraf.
Secondo gli esperti l’assenza di Musharraf, che ha lasciato il potere due anni fa a causa di forti pressioni popolari, non avrebbe nessuna conseguenza legale. Ci sono voci però che l’ex presidente potrebbe scegliere la via dell’esilio volontario per evitare una possibile condanna per alto tradimento da parte della Corte Suprema.
L’era di Musharraf, durata otto anni, ha lasciato una pesante eredità al governo di Asiz Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, che lo scorso anno ha reintegrato parte dei giudici della Corte Suprema su pressione dell’opposizione guidata dal rivale politico Nawaz Sharif, l’ex premier destituito da Musharraf.
lunedì 27 luglio 2009
INTERVISTA a ministro pachistano degli interni Rehman Malik
Rehman Malik è il ministro pachistano degli interni e braccio destro del presidente Asif Ali Zardari Zardari, uomo chiave per la lotta al terrorismo e al centro dell'emergenza sfollati della valle di Swat. Era in precedenza responsabile della sicurezza di Benazir Bhutto.
Appena tornato da una visita a Parigi, mi ha ricevuto nel suo ufficio nella “red area” di Islamabad. Dice che circa 850 mila sfollati sono giá rientrati nella valle di Swat e nelle altre zone del distretto nord occidentale di Malakand.
Il ministro mi ha anche parlato dell’offensiva in Waziristan, della caccia ai leader Fazullah e Baitullah Mehsud, delle prossime elezioni in Afghanistan, della crisi economica e infine delle relazioni con India dopo l’attacco di Mumbai dello scorso novembre.
Una sintesi dell'intervista è andata in onda nel Radiogiornale della Radio Svizzera Italiana di domenica 25 luglio
Appena tornato da una visita a Parigi, mi ha ricevuto nel suo ufficio nella “red area” di Islamabad. Dice che circa 850 mila sfollati sono giá rientrati nella valle di Swat e nelle altre zone del distretto nord occidentale di Malakand.
Il ministro mi ha anche parlato dell’offensiva in Waziristan, della caccia ai leader Fazullah e Baitullah Mehsud, delle prossime elezioni in Afghanistan, della crisi economica e infine delle relazioni con India dopo l’attacco di Mumbai dello scorso novembre.
Una sintesi dell'intervista è andata in onda nel Radiogiornale della Radio Svizzera Italiana di domenica 25 luglio
giovedì 2 luglio 2009
Pakistan, nuovo fronte contro Talebani nel nord ovest
La nuova offensiva americana in Afghanistan coincide con l'apertura di altri fronti di guerra nel nord ovest del Pakistan dove i talebani potrebbero rifugiarsi. Dopo aver ricatturato la valle di Swat, le forze di Islamabad sono impegnate in raid aerei mirati contro i militanti di Baitullah Mehsud nel sud del Waziristan. Ma la nuova operazione si presenta estremamente delicata per la complessitá dei rapporti tra i vari capi tribu pashtun in una regione che - come spesso si ricorda - nessun invasore é mai riuscito a conquistare. Una nuova minaccia arriverebbe da un altro leader talebano, Hafiz Gul Bahadur, che ha rotto una tregua con il governo e che interessava tutti il Nord del Waziristan, l'area dove si concentrano i militanti di Al Qaeda. Contrariamente alle aspettative sembra poi che lo stesso Swat e i distretti confinanti non siano ancora del tutto liberati dalla presenza degli integralisti che continuano le imboscate. L'esercito é stato costretto a intervenire anche nella remota regione di Kurram, dove in scontri tra tribú rivali sono morte 150 persone nelle ultime settimane. E ora secondo il portavoce Athar Abbas, per respingere l'eventuale fuga di talebani dalla provincia afghana di Helman sono state dislocate nuove truppe sul confine praticamente indifendibile per la lunghezza, 2600 km e per la natura del terreno.
giovedì 18 giugno 2009
Fiat presenta la Grande Punto made in India
Su Il Giornale
New Delhi – Anche se gli sforzi sono ora concentrati a ovest, il Lingotto continua la sua espansione in India. Dopo due anni, il matrimonio tra Fiat e Tata Motors comincia a prendere forma grazie all’introduzione di nuovi modelli già collaudati in altri mercati emergenti. L’ultima aggiunta al catalogo è la Grande Punto, il fiore all’occhiello della rinascita di Fiat, che sbarca oggi nei concessionari indiani in versione benzina e diesel. Prodotta nello stabilimento comune di Ranjangaon, nel distretto industriale di Pune, sarà venduta ad un prezzo molto contenuto che parte da 400 mila rupie (circa 6 mila euro per la cilindrata 1.2) grazie ad una elevata quota di componenti fabbricati in loco che dovrebbe raggiungere quasi il 90% a fine anno. L’utilitaria disegnata da Giugiaro e che ha venduto 1 milione e 600 mila unità nel mondo, affiancherà la Linea lanciata 4 mesi fa e la vecchia Palio, che pur non essendo mai riuscita a sfondare in India, continua a essere prodotta e anche esportata.
“Il mercato dell’auto in India non è crollato come in Russia, ma si è mantenuto costante – spiega Silverio Bonfiglioli, responsabile del gruppo Fiat per i paesi emergenti, presente al lancio avvenuto ieri a New Delhi – Anche quest’anno si prevede un volume totale di circa 1 milione e 500 mila veicoli venduti”.
Secondo Rajeev Kapoor, il manager indiano a capo della joint venture paritetica, l’obiettivo della Grande Punto è di conquistare una quota 12% nel segmento delle hatchback che è particolarmente affollato per via dell’arrivo di nuovi modelli Hyundai, Maruti, Skoda e Honda. Il che significa una produzione di 2000-2500 vetture al mese di cui un 10% destinato all’esportazione per ora prevista solo in Sud Africa. Un traguardo possibile dato che, come spiega Bonfiglioli, “il segmento C+ (quello della berlina Linea) è leggermente calato, mentre quello delle piccole cilindrate è cresciuto grazie alla classe media che ha mantenuto un notevole potere di acquisto”. Nonostante il rallentamento della domanda, la Linea ha tuttavia ricevuto un’accoglienza positiva. Da febbraio sono state vendute in media circa 1200 unità al mese, “in linea con le nostre aspettative” aggiunge il manager del Lingotto che prevede anche un’ulteriore espansione dello stabilimento di Ranjangaon per raggiungere la piena capacità produttiva di 200 mila auto all’anno “possibilmente entro il 2015”.
Come è stato detto anche in passato, non si esclude che Fiat e Tata sviluppino insieme nuovi modelli. Ma è ancora troppo presto per lanciare altri progetti e ci sono ancora troppe incertezze all’orizzonte. “Siamo appena partiti – dice ancora - e in questa fase stiamo ancora lavorando per rafforzare la rete di vendita”. Sono saliti a un centinaio i concessionari comuni dove sono esposti i modelli Fiat e Tata Motors. In passato era stata proprio l’inadeguatezza dei punti vendita e del servizio di assistenza ad offuscare l’immagine del marchio torinese presente in India fin dalla metà degli Anni Sessanta come dimostrano le vecchie Fiat 1100 usate ancora oggi dalla maggioranza dei tassisti di Mumbai.
New Delhi – Anche se gli sforzi sono ora concentrati a ovest, il Lingotto continua la sua espansione in India. Dopo due anni, il matrimonio tra Fiat e Tata Motors comincia a prendere forma grazie all’introduzione di nuovi modelli già collaudati in altri mercati emergenti. L’ultima aggiunta al catalogo è la Grande Punto, il fiore all’occhiello della rinascita di Fiat, che sbarca oggi nei concessionari indiani in versione benzina e diesel. Prodotta nello stabilimento comune di Ranjangaon, nel distretto industriale di Pune, sarà venduta ad un prezzo molto contenuto che parte da 400 mila rupie (circa 6 mila euro per la cilindrata 1.2) grazie ad una elevata quota di componenti fabbricati in loco che dovrebbe raggiungere quasi il 90% a fine anno. L’utilitaria disegnata da Giugiaro e che ha venduto 1 milione e 600 mila unità nel mondo, affiancherà la Linea lanciata 4 mesi fa e la vecchia Palio, che pur non essendo mai riuscita a sfondare in India, continua a essere prodotta e anche esportata.
“Il mercato dell’auto in India non è crollato come in Russia, ma si è mantenuto costante – spiega Silverio Bonfiglioli, responsabile del gruppo Fiat per i paesi emergenti, presente al lancio avvenuto ieri a New Delhi – Anche quest’anno si prevede un volume totale di circa 1 milione e 500 mila veicoli venduti”.
Secondo Rajeev Kapoor, il manager indiano a capo della joint venture paritetica, l’obiettivo della Grande Punto è di conquistare una quota 12% nel segmento delle hatchback che è particolarmente affollato per via dell’arrivo di nuovi modelli Hyundai, Maruti, Skoda e Honda. Il che significa una produzione di 2000-2500 vetture al mese di cui un 10% destinato all’esportazione per ora prevista solo in Sud Africa. Un traguardo possibile dato che, come spiega Bonfiglioli, “il segmento C+ (quello della berlina Linea) è leggermente calato, mentre quello delle piccole cilindrate è cresciuto grazie alla classe media che ha mantenuto un notevole potere di acquisto”. Nonostante il rallentamento della domanda, la Linea ha tuttavia ricevuto un’accoglienza positiva. Da febbraio sono state vendute in media circa 1200 unità al mese, “in linea con le nostre aspettative” aggiunge il manager del Lingotto che prevede anche un’ulteriore espansione dello stabilimento di Ranjangaon per raggiungere la piena capacità produttiva di 200 mila auto all’anno “possibilmente entro il 2015”.
Come è stato detto anche in passato, non si esclude che Fiat e Tata sviluppino insieme nuovi modelli. Ma è ancora troppo presto per lanciare altri progetti e ci sono ancora troppe incertezze all’orizzonte. “Siamo appena partiti – dice ancora - e in questa fase stiamo ancora lavorando per rafforzare la rete di vendita”. Sono saliti a un centinaio i concessionari comuni dove sono esposti i modelli Fiat e Tata Motors. In passato era stata proprio l’inadeguatezza dei punti vendita e del servizio di assistenza ad offuscare l’immagine del marchio torinese presente in India fin dalla metà degli Anni Sessanta come dimostrano le vecchie Fiat 1100 usate ancora oggi dalla maggioranza dei tassisti di Mumbai.
martedì 16 giugno 2009
Singh e Zardari riavviano dialogo dopo attentato di Mumbai
Ci voleva l’aria degli Urali per sciogliere il ghiaccio tra India e Pakistan, i due vecchi rivali asiatici, che si ritrovano ora a dover affrontare il comune nemico del terrorismo. Dopo l’attentato di Mumbai di novembre, attribuito a un gruppo estremista pachistano, il processo di pace già allora traballante si era interrotto del tutto. Ora, dopo le elezioni indiane che hanno riconfermato il governo di Manmohan Singh, sembra che il dialogo si sia ristabilito. In un incontro di mezzora a margine del vertice annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai tenuto nella città russa di Yekaterinburgh, il premier Singh e il presidente Asif Ali Zardari hanno deciso di proseguire i negoziati. I due leader hanno anche fissato un nuovo incontro tra un mese al vertice dei Paesi Non Allineati previsto al Cairo. Come lo stesso Singh aveva annunciato nel suo discorso programmatico al Parlamento, New Delhi vuole quindi la pace, ma a una condizione precisa, ovvero “che il suolo pachistano non deve essere utilizzato come base per i terroristi e che Islamabad deve impegnarsi a smantellare i gruppi estremisti la Lashkar-e-Taiba. Il recente rilascio ordinato da un tribunale di Lahore del leader islamico Said Hafeez, considerato la mente delle stragi di Mumbai, aveva irritato il governo indiano che mai ora però punta sul rafforzamento della cooperazione regionale per affrontare la crisi economica globale e l’avanzata dell’integralismo islamico.
domenica 14 giugno 2009
Pakistan, esercito a caccia di Baitullah Mehsud
In onda su Radio Vaticana
Dopo i successi nella valle di Swat, l’offensiva delle truppe pachistane si sposta nelle regioni tribali del Waziristan, vicino al confine afghano, dove ci sarebbero le basi degli integralisti. Il governatore delle Province di Frontiera del Nord Ovest ha confermato che l’obiettivo è ora di eliminare Baitullah Mehsud, il leader talebano ritenuto responsabile dell’assassinio di Benazir Bhutto e di una lunga serie di attentati negli ultimi tempi, tra cui l’uccisione di un noto religioso moderato venerdì in una moschea di Lahore. Anche ieri una nuova esplosione causata da una bomba nascosta in un affollato mercato della città di Dera Ismail Khan, nel nord ovest, ha ucciso 9 persone.
La nuova campagna militare nel Sud del Waziristan potrebbe però rivelarsi più difficile del previsto, secono alcuni analisti, in quanto i militanti, tra cui ci sarebbero anche elementi di Al Qaeda, godono di un maggiore supporto tra la popolazione. Fin dallo scorso anno la regione montagnosa è stata presa di mira da diversi raid oltre confine delle forze statunitensi che proprio ieri hanno ripreso gli attacchi con aerei droni dopo una pausa di un mese. Almeno 5 presunti militanti estremisti a bordo di un’auto sarebbero stati uccisi da un missile.
Dopo i successi nella valle di Swat, l’offensiva delle truppe pachistane si sposta nelle regioni tribali del Waziristan, vicino al confine afghano, dove ci sarebbero le basi degli integralisti. Il governatore delle Province di Frontiera del Nord Ovest ha confermato che l’obiettivo è ora di eliminare Baitullah Mehsud, il leader talebano ritenuto responsabile dell’assassinio di Benazir Bhutto e di una lunga serie di attentati negli ultimi tempi, tra cui l’uccisione di un noto religioso moderato venerdì in una moschea di Lahore. Anche ieri una nuova esplosione causata da una bomba nascosta in un affollato mercato della città di Dera Ismail Khan, nel nord ovest, ha ucciso 9 persone.
La nuova campagna militare nel Sud del Waziristan potrebbe però rivelarsi più difficile del previsto, secono alcuni analisti, in quanto i militanti, tra cui ci sarebbero anche elementi di Al Qaeda, godono di un maggiore supporto tra la popolazione. Fin dallo scorso anno la regione montagnosa è stata presa di mira da diversi raid oltre confine delle forze statunitensi che proprio ieri hanno ripreso gli attacchi con aerei droni dopo una pausa di un mese. Almeno 5 presunti militanti estremisti a bordo di un’auto sarebbero stati uccisi da un missile.
venerdì 12 giugno 2009
Pakistan, Zardari deciso a eliminare i talebani
In onda su Radio Vaticana
“Proseguiremo questa guerra fino alla fine e la vinceremo” Sono le parole del presidente pachistano Asif Ali Zardari pronunciate in un discorso televisivo alla fine di un un’altra giornata di attentati costati la vita a sei persone tra cui un importante leader anti talebano. Rivolgendosi ai propri connazionali Zardari ha detto che “i talebani sono i nemici del popolo innocente. Vogliono terrorizzare la popolazione e prendere il controllo delle istituzioni del Paese”. La preghiera del venerdì di ieri è stata insanguinata da due attacchi suicidi, una a Nowshera nel nordovest dove un’autobomba ha fatto strage di fedeli che uscivano da una moschea e l’altro nella città orientale di Lahore, dove un kamikaze è entrato in una madrassa uccidendo un capo religioso che aveva emesso una fatwa contro i talebani. In una telefonata un portavoce di Baitullah Mehsud, il leader dei talebani pachistani, ha rivendicato i due attacchi di ieri e anche quello gravissimo di martedi scorso contro l’hotel Pearl Continental di Peshawar.
Queste azioni terroristiche coincidono con l’avanzata delle truppe Pachistan nella valle di Swat e con l’avvio di una nuova campagna militare nel sud del Waziristan, vicino al confine afgano, dove ci sono le basi dei talebani di Mehsud.
“Proseguiremo questa guerra fino alla fine e la vinceremo” Sono le parole del presidente pachistano Asif Ali Zardari pronunciate in un discorso televisivo alla fine di un un’altra giornata di attentati costati la vita a sei persone tra cui un importante leader anti talebano. Rivolgendosi ai propri connazionali Zardari ha detto che “i talebani sono i nemici del popolo innocente. Vogliono terrorizzare la popolazione e prendere il controllo delle istituzioni del Paese”. La preghiera del venerdì di ieri è stata insanguinata da due attacchi suicidi, una a Nowshera nel nordovest dove un’autobomba ha fatto strage di fedeli che uscivano da una moschea e l’altro nella città orientale di Lahore, dove un kamikaze è entrato in una madrassa uccidendo un capo religioso che aveva emesso una fatwa contro i talebani. In una telefonata un portavoce di Baitullah Mehsud, il leader dei talebani pachistani, ha rivendicato i due attacchi di ieri e anche quello gravissimo di martedi scorso contro l’hotel Pearl Continental di Peshawar.
Queste azioni terroristiche coincidono con l’avanzata delle truppe Pachistan nella valle di Swat e con l’avvio di una nuova campagna militare nel sud del Waziristan, vicino al confine afgano, dove ci sono le basi dei talebani di Mehsud.
mercoledì 10 giugno 2009
India-Usa, inizia missione dell'inviato William Burns
Su Apcom
Il sottosegretario di stato americano agli affari politici William Burns è da oggi a Nuova Delhi per una missione tesa a riallacciare i legami politici e anche commerciali con l’India. E’ il primo incontro importante tra l’amministrazione di Barak Obama e il governo di Manmohan Singh riconfermato nelle elezioni legislative di aprile-maggio. Il diplomatico statunitense, accompagnato dal vice Robert Blake, responsabile per l’Asia meridionale e centrale, dovrà anche preparare la visita del segretario di stato Hillary Clinton prevista per luglio.
Secondo indiscrezioni la missione di Burns sarà incentrata sui rapporti con il Pakistan, l’alleato chiave degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo islamico. Dopo le stragi di Mumbai dello scorso 26 novembre, il processo di pace indo-pachistano si è interrotto. In un discorso in Parlamento, ieri, il primo ministro Singh ha rilanciato il dialogo a condizione che Islamabad si impegni a eliminare i gruppi integralisti che operano sul suo territorio. La recente scarcerazione ordinata da un tribunale di Lahore di Hafeez Said, leader del gruppo islamico Lashkar-e.Taiba, ritenuto responsabile per gli attacchi agli hotel di Mumbai, ha irritato il governo indiano che non mancherà di sollevare la questione nei colloqui con Burns.
Mentre per l’ex presidente Bush, l’India era una pedina importante nella strategia di “contenimento” della Cina, per Obama non è ancora chiaro quale sarà il ruolo di Nuova Delhi nella nuova strategia di politica estera, soprattutto per quello che riguarda Afghanistan, Pakistan e Iran. La Casa Bianca vorrebbe facilitare il dialogo per la soluzione del nodo Kashmir, ma il governo indiano rifiuta ogni mediazione di terzi sulla decennale disputa territoriale. Un altro punto di attrito potrebbe essere l’accordo nucleare siglato da Bush lo scorso anno e che permette l’esportazione di centrali atomiche e tecnologia in India. La lobby non proliferazione dei democratici di Obama vorrebbe che Nuova Delhi aderisca al Comprehensive Test Ban Treaty rinunciando così alla possibilità di condurre nuovi test atomici dopo quelli del 1974 e 1998.
Il sottosegretario di stato americano agli affari politici William Burns è da oggi a Nuova Delhi per una missione tesa a riallacciare i legami politici e anche commerciali con l’India. E’ il primo incontro importante tra l’amministrazione di Barak Obama e il governo di Manmohan Singh riconfermato nelle elezioni legislative di aprile-maggio. Il diplomatico statunitense, accompagnato dal vice Robert Blake, responsabile per l’Asia meridionale e centrale, dovrà anche preparare la visita del segretario di stato Hillary Clinton prevista per luglio.
Secondo indiscrezioni la missione di Burns sarà incentrata sui rapporti con il Pakistan, l’alleato chiave degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo islamico. Dopo le stragi di Mumbai dello scorso 26 novembre, il processo di pace indo-pachistano si è interrotto. In un discorso in Parlamento, ieri, il primo ministro Singh ha rilanciato il dialogo a condizione che Islamabad si impegni a eliminare i gruppi integralisti che operano sul suo territorio. La recente scarcerazione ordinata da un tribunale di Lahore di Hafeez Said, leader del gruppo islamico Lashkar-e.Taiba, ritenuto responsabile per gli attacchi agli hotel di Mumbai, ha irritato il governo indiano che non mancherà di sollevare la questione nei colloqui con Burns.
Mentre per l’ex presidente Bush, l’India era una pedina importante nella strategia di “contenimento” della Cina, per Obama non è ancora chiaro quale sarà il ruolo di Nuova Delhi nella nuova strategia di politica estera, soprattutto per quello che riguarda Afghanistan, Pakistan e Iran. La Casa Bianca vorrebbe facilitare il dialogo per la soluzione del nodo Kashmir, ma il governo indiano rifiuta ogni mediazione di terzi sulla decennale disputa territoriale. Un altro punto di attrito potrebbe essere l’accordo nucleare siglato da Bush lo scorso anno e che permette l’esportazione di centrali atomiche e tecnologia in India. La lobby non proliferazione dei democratici di Obama vorrebbe che Nuova Delhi aderisca al Comprehensive Test Ban Treaty rinunciando così alla possibilità di condurre nuovi test atomici dopo quelli del 1974 e 1998.
martedì 9 giugno 2009
Peshawar, autobomba contro PC hotel
Un altro attacco suicida ha scosso il nord ovest del Pakistan dove è in corso l’offensiva dell’esercito contro i talebani della valle di Swat. Questa volta gli attentatori hanno preso di mira un obiettivo importante e simbolico, l’hotel Pearl Continental frequentato da stranieri e dall’elite che sorge in una zona protetta di Peshawar.
Secondo la ricostruzione della polizia, tre uomini avrebbero sfondato ieri sera i posti di blocco a bordo di un furgone e sparando all’impazzato si sarebbero fatti largo fino ad arrivare nel parcheggio dove è avvenuta l’esplosione. Sul veicolo c’erano almeno 500 chili di dinamite. La deflagrazione è stata udita a diversi km di distanza e ha fatto crollare parte dell’edificio a 4 piani. Tra le vittime ci sono due stranieri tra cui un dipendente dell’Onu di nazionalità serba appartenente a un team di emergenza dell’Alto Commissariato per i rifugiati.
Si tratta del settimo attacco a Peshawar in meno di due mesi e avrebbe delle somiglianze con quello dell’Hotel Marriot di Islamabad distrutto lo scorso settembre da un camion imbottito di esplosivo.
Secondo la ricostruzione della polizia, tre uomini avrebbero sfondato ieri sera i posti di blocco a bordo di un furgone e sparando all’impazzato si sarebbero fatti largo fino ad arrivare nel parcheggio dove è avvenuta l’esplosione. Sul veicolo c’erano almeno 500 chili di dinamite. La deflagrazione è stata udita a diversi km di distanza e ha fatto crollare parte dell’edificio a 4 piani. Tra le vittime ci sono due stranieri tra cui un dipendente dell’Onu di nazionalità serba appartenente a un team di emergenza dell’Alto Commissariato per i rifugiati.
Si tratta del settimo attacco a Peshawar in meno di due mesi e avrebbe delle somiglianze con quello dell’Hotel Marriot di Islamabad distrutto lo scorso settembre da un camion imbottito di esplosivo.
lunedì 8 giugno 2009
Pratibha Patil elenca le priorità del governo Sing bis
Coinvolgimento delle donne nella vita politica, lotta alla povertá, tolleranza zero verso il terrorismo e riforme economiche per attrarre investimenti dall'estero per contrastare il rallentamento della crescita. Sono questi i punti principali dell'agenda politica che il governo bis di Manmohan Singh dovrá affrontare nei prossimi cinque anni. Nel tradizionale discorso davanti ai due rami del Parlamento riunito stamattina a Nuova Delhi, la presidente della Repubblica, Pratibha Patil, ha tracciato una sorta di "road map" per permettere all'India di colmare il divario tra ricchi e poveri, ma anche per sostenere la crescita dell'8,5% registrata negli ultimi cinque anni prima dello shock finanziario mondiale. Nell'anno fiscale 2008-2009 che si é concluso a marzo l'espansione si é fermata al 6,7% e per il prossimo anno é prevista un'ulteriore riduzione. Tra le prioritá fissate dalla presidente Patil nel suo discorso - concordato con la coalizione di maggioranza - c'é "l'intervento nell'economia attravero una combinazione di politiche settoriali e macroeconomiche per controbilanciare gli effetti della recesione globale". L'attenzione del governo sará sui settori piú colpiti: le piccole e medio imprese, le esportazioni, il tessile, i veicoli commerciali, le infrastrutture e l'edilizia. Una delle misure da prendere sará quella di finanziare opere pubbliche attraverso partnership statali-private. Ma questi investimenti pubblici devono essere compatibili "con una strategia a medio termine di prudenza fiscale". La ricetta "keynesiana" potrebbe infatti portare ad ingigantire il deficit statale che ora é al livello record di 6,7% del prodotto nazionale lordo. Sempre sul piano economico il governo di Singh - un economista liberale che negli anni Novanta ha introdotto le prime riforme - intende anche incoraggiare gli investimenti stranieri "attraverso politiche appropriate". Molti settori, tra cui il bancario e l'assicurativo, sono ancora protetti e arretrati.
Dopo la nomina, avvenuta ieri per consenso, di Meira Kumar, una parlamentare della vasta comunitá degli 'intoccabili" alla presidenza del Lok Sabha (la Camera dei Deputati) - voluta da Sonia Gandhi, la leader del Congresso - sembra che le donne saranno chiamate a giovcare un ruolo centrale nel futuro dell'India. Una delle prioritá dei primi 100 giorni sará quella di approvare una serie di leggi da tempo nel cassetto e mirare ad aumentare le "quote rosa" negli organi legislativi centrali e locali. Tra queste c'é il Woman Reservation Bill, che stabilisce una quota del 30% di donne in Parlamento e nelle assemblee legislative locali. Un'altra decisione del governo sará di far approvare un emendamento costituzionale per assicurare una presenza del 50% di donne nei consigli di villaggio (i panchayats), il primo ingranaggio del comlesso sistema democatico indiano.
Il rafforzamento del ruolo delle donne va di pari passo con altri programmi nazionali per l'alfabetizzazione e lo sviluppo del settore agricolo, la "cenerentola" dell'India che impiega ancora oltre il 60 per cento della popolazione e che é anche quella piú misera. Tra questi ci sono anche 40 milioni di famiglie al di sotto della povertá. Tra le proposte del governo a favore dei poveri c'é di presentare una nuova legge, il National Food Security Act, per assicurare cibo per tutti. Come promesso dal Congresso nel suo manifesto elettorale, le famiglie povere avranno diritto a 25 chili di riso al mese al prezzo sovvenzionato di 3 rupie (un euro é circa 65 rupie al cambio attuale).
Infine da sottolineare la nuova politica di "tolleranza zero" verso il terrorismo, che non é solo quello di matrice islamica che ha colpito Mumbai con le stragi del 26 novembre, ma anche la militanza maoista attiva nelle regioni del nord est. Per coordinare i servizi segreti l'anno scorso era stata istituita una sorta di "Fbi" che peró deve essere ancora resa operativa.
Sul fronte della politica estera infine, l'India cercherá di rilanciare il processo di pace con il Pakistan ma questo dipenderá "dalla sinceritá" dell'impegno del governo di Islamabad di "combattere i gruppi che lanciano attacchi all'India dal territorio pachistano". La strage di Mumbai era stata attribuita ad un gruppo estremista pachistano il cui leader Said Hafeez é stato liberato qualche giorno fa da un tribunale di Lahore per mancanza di prove nonostante il voluminoso dossier di indizi consegnato dagli investigatori indiani al governo pachistano.
Dopo la nomina, avvenuta ieri per consenso, di Meira Kumar, una parlamentare della vasta comunitá degli 'intoccabili" alla presidenza del Lok Sabha (la Camera dei Deputati) - voluta da Sonia Gandhi, la leader del Congresso - sembra che le donne saranno chiamate a giovcare un ruolo centrale nel futuro dell'India. Una delle prioritá dei primi 100 giorni sará quella di approvare una serie di leggi da tempo nel cassetto e mirare ad aumentare le "quote rosa" negli organi legislativi centrali e locali. Tra queste c'é il Woman Reservation Bill, che stabilisce una quota del 30% di donne in Parlamento e nelle assemblee legislative locali. Un'altra decisione del governo sará di far approvare un emendamento costituzionale per assicurare una presenza del 50% di donne nei consigli di villaggio (i panchayats), il primo ingranaggio del comlesso sistema democatico indiano.
Il rafforzamento del ruolo delle donne va di pari passo con altri programmi nazionali per l'alfabetizzazione e lo sviluppo del settore agricolo, la "cenerentola" dell'India che impiega ancora oltre il 60 per cento della popolazione e che é anche quella piú misera. Tra questi ci sono anche 40 milioni di famiglie al di sotto della povertá. Tra le proposte del governo a favore dei poveri c'é di presentare una nuova legge, il National Food Security Act, per assicurare cibo per tutti. Come promesso dal Congresso nel suo manifesto elettorale, le famiglie povere avranno diritto a 25 chili di riso al mese al prezzo sovvenzionato di 3 rupie (un euro é circa 65 rupie al cambio attuale).
Infine da sottolineare la nuova politica di "tolleranza zero" verso il terrorismo, che non é solo quello di matrice islamica che ha colpito Mumbai con le stragi del 26 novembre, ma anche la militanza maoista attiva nelle regioni del nord est. Per coordinare i servizi segreti l'anno scorso era stata istituita una sorta di "Fbi" che peró deve essere ancora resa operativa.
Sul fronte della politica estera infine, l'India cercherá di rilanciare il processo di pace con il Pakistan ma questo dipenderá "dalla sinceritá" dell'impegno del governo di Islamabad di "combattere i gruppi che lanciano attacchi all'India dal territorio pachistano". La strage di Mumbai era stata attribuita ad un gruppo estremista pachistano il cui leader Said Hafeez é stato liberato qualche giorno fa da un tribunale di Lahore per mancanza di prove nonostante il voluminoso dossier di indizi consegnato dagli investigatori indiani al governo pachistano.
martedì 2 giugno 2009
India, Fiat lancia la Grande Punto
Su Apcom
La Grande Punto debutta in India a partire dalla metà di giugno. Come previsto dal programma di espansione dell’alleanza Fiat-Tata, la nuova vettura sarà prodotta nel grande stabilimento comune di Ranjangaon, nello stato del Maharashtra, dove sono già fabbricate le “world car” Palio e Linea. L’esordio della Linea era avvenuto lo scorso gennaio.
Con il lancio della Grande Punto, in versione benzina e diesel, Fiat intende rafforzare la sua presenza nel segmento “hatchback” in competizione con Maruti Suzuki Ritz, Hunday i20, Skoda Fabia e della prossima Honda Jazz.
In un comunicato, la joint venture guidata da Rajiv Kapoor precisa di voler aumentare entro la fine dell’anno fino all’85% la quota di componenti prodotti localmente. La vettura sarà disponibile nella rete di concessionari Tata-Fiat che sono ora un centinaio.
Il prezzo sarà annunciato nella cerimonia del lancio prevista a Nuova Delhi il 19 giugno. In previsione a breve termine c’è il debutto di due altri modelli, Bravo e Fiat 500, che non saranno però prodotti localmente.
La Grande Punto debutta in India a partire dalla metà di giugno. Come previsto dal programma di espansione dell’alleanza Fiat-Tata, la nuova vettura sarà prodotta nel grande stabilimento comune di Ranjangaon, nello stato del Maharashtra, dove sono già fabbricate le “world car” Palio e Linea. L’esordio della Linea era avvenuto lo scorso gennaio.
Con il lancio della Grande Punto, in versione benzina e diesel, Fiat intende rafforzare la sua presenza nel segmento “hatchback” in competizione con Maruti Suzuki Ritz, Hunday i20, Skoda Fabia e della prossima Honda Jazz.
In un comunicato, la joint venture guidata da Rajiv Kapoor precisa di voler aumentare entro la fine dell’anno fino all’85% la quota di componenti prodotti localmente. La vettura sarà disponibile nella rete di concessionari Tata-Fiat che sono ora un centinaio.
Il prezzo sarà annunciato nella cerimonia del lancio prevista a Nuova Delhi il 19 giugno. In previsione a breve termine c’è il debutto di due altri modelli, Bravo e Fiat 500, che non saranno però prodotti localmente.
domenica 31 maggio 2009
Meira Kumar, prima donna presidente della Camera
Per la prima volta in India una donna è stata scelta a presiedere la nuova Camera Bassa che si insedia domani. Meira Kumar, 64 anni, parlamentare del Congresso sarà infatti la “speaker” del Lok Sabha o Assemblea del Popolo che conta 543 deputati.
A volere la sua nomina, che sarà formalizzata nella sessione del 3 giugno, è stata Sonia Gandhi, la leader del Congresso, il partito di maggioranza che ha trionfato nelle elezioni di maggio-aprile. Di estrazione “dalit” (gli “intoccabili”), Kumar è originaria dello stato settentrionale del Bihar e fa parte di una dinastia politica essendo la figlia di un ex vice primo ministro. Ha una lunga esperienza come diplomatica prima e nel precedente governo come ministro per la giustizia sociale dove si era battuta, in particolare, per la promozione di matrimoni tra caste differenti. Era stata riconfermata venerdì scorso nella nuova compagine governativa di Manmohan Singh come ministro per le risorse idriche, incarico da cui dovrà dimettersi.
Il suo predecessore era il comunista marxista bengalese Somnath Chatterjee, espulso dal partito nel 2008 perché si era rifiutato di votare contro in un cruciale voto di fiducia al governo sull’accordo indo-americano sul commercio di tecnologia nucleare.
Non è la prima volta che Sonia Gandhi affida una delle massime cariche istituzionali ad una donna. Nel 2007, un'altra “fedelissima” del Congresso, Pratibha Patil era stata scelta come presidente della Repubblica al posto dello scienziato nucleare mussulmano Abdul Kalam.
A volere la sua nomina, che sarà formalizzata nella sessione del 3 giugno, è stata Sonia Gandhi, la leader del Congresso, il partito di maggioranza che ha trionfato nelle elezioni di maggio-aprile. Di estrazione “dalit” (gli “intoccabili”), Kumar è originaria dello stato settentrionale del Bihar e fa parte di una dinastia politica essendo la figlia di un ex vice primo ministro. Ha una lunga esperienza come diplomatica prima e nel precedente governo come ministro per la giustizia sociale dove si era battuta, in particolare, per la promozione di matrimoni tra caste differenti. Era stata riconfermata venerdì scorso nella nuova compagine governativa di Manmohan Singh come ministro per le risorse idriche, incarico da cui dovrà dimettersi.
Il suo predecessore era il comunista marxista bengalese Somnath Chatterjee, espulso dal partito nel 2008 perché si era rifiutato di votare contro in un cruciale voto di fiducia al governo sull’accordo indo-americano sul commercio di tecnologia nucleare.
Non è la prima volta che Sonia Gandhi affida una delle massime cariche istituzionali ad una donna. Nel 2007, un'altra “fedelissima” del Congresso, Pratibha Patil era stata scelta come presidente della Repubblica al posto dello scienziato nucleare mussulmano Abdul Kalam.
venerdì 29 maggio 2009
Baitullah Mehsud, il Bin Laden del Pakistan
Secondo i servizi segreti Baitullah Mehsud avrebbe preso il posto di Osama Bin laden e del Mullah Omar nella lista degli uomini più pericolosi. Il leader talebano, che guida l’omonimo gruppo tribale dei Mehsud, nel sud del Waziristan, sarebbe responsabile di molte stragi, tra cui quella che ha ucciso l’ex premier Benazir Bhutto nel dicembre 2007, l’assalto ai cadetti della polizia alla periferia Lahore lo scorso marzo e l’ultimo attentato sempre a Lahore l’altro ieri che ha distrutto una caserma e provocato la morte di 35 persone. Quest’ultimo attacco è stato rivendicato da un suo vicecomandante che porta lo stesso cognome. Ma di Baitullah Mehsud, braccato dal governo americano che ha messo una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa, si sa veramente poco. L’ultima intervista del servizio in urdu della Bbc risale a qualche anno fa. Nel 2007 avevano detto che era morto per malattia, ma la sua organizzazione Tehrik-e-Taliban, un’alleanza di cinque gruppi talebani del Waziristan, aveva smentito. Sempre secondo fonti di intelligence Mehsud sarebbe a capo di 5 mila guerriglieri che molto probabilmente sono gli stessi che hanno occupato negli ultimi mesi la valle di Swat dove al potere c’è un altro influente leader suo alleato Maulana Fazlullah, detto radio Mullah, perchè utilizza una radio in FM per diffondere i precetti coranici.
giovedì 28 maggio 2009
Strage di Lahore, una vendetta del talebano Baitullah Mehsud
Come aveva ipotizzato ieri un responsabile del governo di Islamabad, la strage a Lahore sarebbe opera dei talebani attivi in Waziristan e nelle province di frontiera del nord ovest. Un vice comandante del leader supercircercato Baitullah Mehsud, raggiunto telefonicamente dai alcxuni giornalisti, ha rivendicato la paternità dell’attentato che ha distrutto una caserma della polizia e danneggiato la sede dei servizi segreti uccidendo 24 persone. In particolare ha detto che si è trattato di una vendetta per l’offensiva militare in corso nella valle di Swat. Il leader talebano, che si chiama Hakimullah Mehsud, e che controlla le regioni tribali del Kyber pass, ha poi minacciato altri attacchi e ha chiesto ai cittadini di Lahore, Islamabad, Rawalpindi e Multan di lasciare le loro cittò per mettersi in salvo. I militari hanno anche intercettato una telefonata di un portavoce del capo talebano di Swat, Maulana Fazlullah, dove incitava i suoi a colpire con azioni terroristiche le città pachistane. La rivendicazione coincide anche con un misterioso comunicato apparso su un sito internet in lingua turca firmato da un’organizzazione talebana del Punjub.
Intanto secondo fonti militari, l’esercito prosegue la sua avanzata a Mingora, il capoluogo di Swat. Le truppe governative avrebbero preso il controllo del 70 per cento della città dove migliaia di abitanti sono intrappolati senza viveri, elettricità e linee telefoniche.
Intanto secondo fonti militari, l’esercito prosegue la sua avanzata a Mingora, il capoluogo di Swat. Le truppe governative avrebbero preso il controllo del 70 per cento della città dove migliaia di abitanti sono intrappolati senza viveri, elettricità e linee telefoniche.
India, giurano altri 59 ministri del governo Singh bis
Su Apcom
Tra questi anche Shashi Tharoor, ex diplomatico delle Nazioni Unite
Il governo bis di Manomohan Singh avrà in totale 78 ministri. Dopo tre giorni di consultazioni tra il premier e Sonia Gandhi, leader del Congresso è stata messa a punto la lista finale dei componenti dell’esecutivo. Davanti alla presidente della Repubblica Prathiba Patil oggi prestano giuramento 59 ministri, di cui 14 sono parte del consiglio di gabinetto del governo. E’ significativo che tra questi ci siano 29 “new entry”, molti dei quali sono considerati “vicini” a Rahul Gandhi, il figlio di Sonia, che ha rinunciato a un posto nell’esecutivo perché impegnato a riorganizzare l’ala giovanile del Congresso. Tra gli esordienti del nuovo governo, che conta su una solida maggioranza parlamentare di oltre 300 seggi su un totale di 543, c’è Shashi Tharoor, ex diplomatico delle Nazioni Unite ed ex candidato alla carica di segretario generale. Ritornato in India, dopo una lunga carriera a New York, Tharoor è stato eletto parlamentare in un collegio dello stato meridionale del Kerala, suo stato di origine. mgc
Tra questi anche Shashi Tharoor, ex diplomatico delle Nazioni Unite
Il governo bis di Manomohan Singh avrà in totale 78 ministri. Dopo tre giorni di consultazioni tra il premier e Sonia Gandhi, leader del Congresso è stata messa a punto la lista finale dei componenti dell’esecutivo. Davanti alla presidente della Repubblica Prathiba Patil oggi prestano giuramento 59 ministri, di cui 14 sono parte del consiglio di gabinetto del governo. E’ significativo che tra questi ci siano 29 “new entry”, molti dei quali sono considerati “vicini” a Rahul Gandhi, il figlio di Sonia, che ha rinunciato a un posto nell’esecutivo perché impegnato a riorganizzare l’ala giovanile del Congresso. Tra gli esordienti del nuovo governo, che conta su una solida maggioranza parlamentare di oltre 300 seggi su un totale di 543, c’è Shashi Tharoor, ex diplomatico delle Nazioni Unite ed ex candidato alla carica di segretario generale. Ritornato in India, dopo una lunga carriera a New York, Tharoor è stato eletto parlamentare in un collegio dello stato meridionale del Kerala, suo stato di origine. mgc
martedì 26 maggio 2009
Pakistan, porte aperte per ex premier Nawaz Sharif
Dopo un anno di prigione, sette anni di esilio e il ritorno in patria nel 2007, l’ex primo ministro Nawaz Sharif ha vinto la sua battaglia per ritornare a pieno titolo nell’arena politica. La Corte Suprema ha revocato l’interdizione ai pubblici uffici a cui lui e il fratello Shahbaz erano stati condannati per l’accusa di alto tradimento e concussione. Il leader dell’opposizione e nemico dichiarato del presidente Asif Ali Zardari può quindi essere eletto in parlamento e assumere una carica pubblica. Secondo i sondaggi Sharif e il suo partito, la Lega Mussulmana Pachistano, godono di una vasta popolarità, soprattutto nella provincia del Punjab pachistano governata dal fratello fino allo scorso febbraio prima dell’interdizione alle cariche pubbliche. Era stata proprio quella sentenza a innescare la marcia dei magistrati e avvocati su Islamabad per chiedere il re insediamento dei giudici del Corte Suprema rimossi dall’ex presidente golpista Pervez Musharraf. Tra questi c’era anche il giudice capo Iftikar Mohammed Chaudry, strenuo oppositore del generale di Islamabad che aveva esautorato l’allora premier Sharif nel colpo di stato del 1999.
Il ritorno sulla scena politica dei fratelli Sharif è una nuova spina nel fianco per il governo di Zardari impegnato insieme agli Stati Uniti a riprendere il controllo di parte del Paese caduto nelle mani dei talebani.
Il ritorno sulla scena politica dei fratelli Sharif è una nuova spina nel fianco per il governo di Zardari impegnato insieme agli Stati Uniti a riprendere il controllo di parte del Paese caduto nelle mani dei talebani.
lunedì 25 maggio 2009
Punjub, ritorno alla calma dopo le proteste dei seguaci della setta Dera
Il coprifuoco è stato revocato per due ore stamattina a Jalandhar e nelle altre città del Punjub dove ieri sono scoppiate violente proteste dei fedeli di una setta sikh infuriati per la morte di un loro guru ucciso da rivali domenica a Vienna. Secondo la polizia, la situazione sarebbe in via di miglioramento, ma la maggior parte dei treni di lunga percorrenza diretti verso nord e verso il Pakistan sono ancora sospesi con disagi per migliaia di passeggeri. Rimane alta la tensione anche nei principali centri presidiati dall’esercito. Almeno due dimostranti sono morti ieri negli scontri con la polizia costretta ad aprire il fuoco sulla folla per riportare la calma. La notizia dell’uccisione del guru, che appartiene alla popolare setta dei Dera Sach Khand, aveva scatenato la rabbia dei seguaci in tutto il Punjub, dove vivono la maggior parte dei 20 milioni di sikh indiani, e in particolare a Jalandhar, roccaforte della setta formata in prevalenza da “dalit”, gli intoccabili e da caste inferiori. I manifestanti hanno attaccato caserme della polizia, incendiato auto e vagoni ferroviari e bloccato alcune arterie stradali. Le proteste sono dilagate anche nella città sacra di Amritzar dove hanno fatto slittare l’attesa apertura del primo supermercato all’ingrosso del colosso americano Wal Mart.
E’ la prima crisi per il neo governo di Manmohan Singh, ritornato al potere dopo la vittoria elettorale del Congresso. Il premier, lui stesso un sikh, aveva rivolto ieri un accorato appello alla calma.
E’ la prima crisi per il neo governo di Manmohan Singh, ritornato al potere dopo la vittoria elettorale del Congresso. Il premier, lui stesso un sikh, aveva rivolto ieri un accorato appello alla calma.
domenica 24 maggio 2009
Tigri Tamil confermano, Prabhakaran "martire" contro l'oppressione del governo srilankese
Adesso non ci sono più dubbi. I rappresentanti all’estero delle Tigri tamil hanno ammesso che il loro leader Velupillai Prabhakaran è stato ucciso una settimana fa in circostanze che non sono però state precisate. L’esercito aveva mostrato in un filmato il suo corpo con la testa crivellata di colpi e anche il suo tesserino di riconoscimento, ma secondo i ribelli Prabhakaran era sano e salvo. Ora in un comunicato ufficiale, il responsabile delle relazioni esterne Selvarasa Pathmanathan ha annunciato il “martirio” del capo supremo dell’LTTE morto “combattendo contro l’oppressione del governo srilankese”. Ha poi precisato che la sua ultima volontà è stata quella di esortare i suoi a “continuare la lotta per la libertà del popolo tamil”. Secondo l’esercito cingalese tutti i militanti sono stati eliminati nella massiccia offensiva di questi mesi, ma sul sito internet Tamil Net si legge che la leadership dell’LTTE esiste ancora e che risorgerà quando sarà il momento giusto. Parole che stridono però con quanto dichiarato in un‘intervista telefonica alla BBC lo stesso portavoce Pathmanathan, secondo il quale il movimento ribelle avrebbe rinunciato alla lotta armata e sarebbe disposto a usare metodi non violenti per tutelare i diritti dei tamil.
Intanto sul fronte della crisi umanitaria che interessa 250 mila sfollati attualmente rinchiusi in affollati campi profughi, c’è da segnalare il rifiuto del governo di Colombo a permettere l’accesso dell’Onu e degli altri operatori, come richiesto da Ban Ki moon durante la sua visita di sabato.
Intanto sul fronte della crisi umanitaria che interessa 250 mila sfollati attualmente rinchiusi in affollati campi profughi, c’è da segnalare il rifiuto del governo di Colombo a permettere l’accesso dell’Onu e degli altri operatori, come richiesto da Ban Ki moon durante la sua visita di sabato.
sabato 23 maggio 2009
Pakistan, talebani in ritirata da valle di Swat
Dopo settimane di bombardamenti, i talebani della valle di Swat avrebbero iniziato la ritirata. Ma il compito dell’esercito pachistano potrebbe essere ora più difficile. Secondo il generale Athar Abbas, le truppe sono entrate a Mingora, la città principale e sono ora impegnate in combattimenti in strada.
“Si tratta di un’operazione complessa perché dobbiamo fare ricerche casa per casa” ha detto il portavoce militare precisando che i soldati hanno già preso controllo di alcune aree e che negli scontri delle ultime 24 ore sarebbero stati uccisi 17 insorti. La liberazione di Mingora potrebbe richiedere tempo anche perché l’esercito intende assolutamente evitare vittime tra i civili. Non tutta la popolazione è fuggita. Si pensa che dai 10 ai 20 mila abitanti sarebbero rimasti e c’è il rischio che possano essere usati come scudi umani dai talebani.
L’offensiva è cruciale per il successo della nuova strategia del presidente americano Obama per sconfiggere Al Qaeda e stabilizzare l’ Afghanistan. Sempre secondo fonti militari la vittoria sarebbe vicina. In un mese sarebbero stati uccisi oltre mille talebani. Molti di loro avrebbero iniziato a ritirarsi anche dagli altri distretti confinanti con Swat.
Intanto preoccupa la crisi umanitaria che coinvolge in totale circa 2 milioni di persone che dallo scorso agosto hanno abbandonato le case per fuggire i combattimenti. Le Nazioni Unite hanno chiesto alla comunità internazionale 543 milioni di dollari per venire in aiuto all’enorme esodo di sfollati.
“Si tratta di un’operazione complessa perché dobbiamo fare ricerche casa per casa” ha detto il portavoce militare precisando che i soldati hanno già preso controllo di alcune aree e che negli scontri delle ultime 24 ore sarebbero stati uccisi 17 insorti. La liberazione di Mingora potrebbe richiedere tempo anche perché l’esercito intende assolutamente evitare vittime tra i civili. Non tutta la popolazione è fuggita. Si pensa che dai 10 ai 20 mila abitanti sarebbero rimasti e c’è il rischio che possano essere usati come scudi umani dai talebani.
L’offensiva è cruciale per il successo della nuova strategia del presidente americano Obama per sconfiggere Al Qaeda e stabilizzare l’ Afghanistan. Sempre secondo fonti militari la vittoria sarebbe vicina. In un mese sarebbero stati uccisi oltre mille talebani. Molti di loro avrebbero iniziato a ritirarsi anche dagli altri distretti confinanti con Swat.
Intanto preoccupa la crisi umanitaria che coinvolge in totale circa 2 milioni di persone che dallo scorso agosto hanno abbandonato le case per fuggire i combattimenti. Le Nazioni Unite hanno chiesto alla comunità internazionale 543 milioni di dollari per venire in aiuto all’enorme esodo di sfollati.
venerdì 22 maggio 2009
Sri Lanka, iniziata missione lampo di Ban Ki-moon
Accompagnato da una ventina di giornalisti Ban Ki Moon sta in queste ore visitando alcuni campi profughi e ospedali allestiti dal governo nelle zone di crisi dove sono ammassati 300 mila follati in condizioni allarmanti, secondo gli operatori umanitari che continuano a non avere accesso con i loro automezzi alle zone di crisi. Il segretario generale dell’Onu dovrebbe recarsi anche al campo di Menik Farm, nella città di Vavunya, al nord, dove sono rinchiusi 160 mila sfollati tamil fuggiti ai combattimenti di questi mesi con i ribelli delle Tigri Tamil. Al suo arrivo a Colombo, ieri sera, Ban Ki moon ha detto che la priorità della sua missione è di assicurare l’aiuto umanitario all’enorme massa di sfollati, ma ha insistito anche sulla riconciliazione nazionale con la minoranza tamil che rappresenta quasi il 13 per cento della popolazione e che è sempre stata marginalizzata. “E’ ora che lo Sri Lanka curi le sue ferite e cerchi di unificare il paese superando le divisioni etniche e religiose ‘ ha detto Ban Ki moon che incontrerà nel pomeriggio Mahinda Rajapaksa, il presidente nazionalista che all’inizio della settimana ha proclamato la vittoria della guerra e l’eliminazione del capo ribelle Veluppillai Prabkakaran. Le autorità hanno cremato ieri il corpo del leader delle Tigri Tamil e gettato le ceneri nell’Oceano Indiano, ma secondo il sito internet dei ribelli Tamil Net, Prabhakaran sarebbe ancora vivo.
Iscriviti a:
Post (Atom)