lunedì 7 luglio 2008

Attentato ambasciata indiana a Kabul: perchè l'India è nel mirino

Su Apcom
Non è la prima volta che l’India è vittima di attentati in Afghanistan. Circa tre mesi fa un presunto kamikaze si è fatto esplodere in un cantiere stradale uccidendo due lavoratori indiani e pochi giorni dopo un altro operaio è stato sequestrato a Herat.
Subito la caduta del regime talebano il governo di Nuova Delhi è stato uno dei primi Paesi a riallacciare i rapporti con Kabul. Oggi l’India è il maggiore donatore regionale con oltre 850 milioni di dollari investiti in progetti infrastrutturali, come scuole, ospedali, centrali elettriche e nell’addestramento della polizia e dei funzionari statali. Per esempio l’India ha costruito la sede del Parlamento, fornito i primi aerei alla compagnia di bandiera afgana Ariana e anche alcuni autobus per il sistema di trasporto pubblico a Kabul. Ha anche sponsorizzato la realizzazione di servizi igienici “ecologici” sempre per la capitale.
In Afghanistan lavorano circa 4 mila indiani. Dopo una serie di attentati e rapimenti, il governo indiano ha inviato 200 soldati esclusivamente per garantire la sicurezza ai cantieri.
Le relazioni tra i due Paesi sono sempre state molto solide, con l’eccezione dell’intervallo dal 1996 al 2002 quando Delhi sosteneva l’Alleanza del Nord evidentemente in opposizione al rivale Pakistan che invece sponsorizzava il regime talebano. Ci sono anche dei legami culturali dovuti alla grande popolarità dei film di Bollywood e alle importazioni indiane di pietre preziose, scialli e frutta secca afghana.
Dopo l’11 settembre e la svolta filoamericana di Pervez Musharraf, la diplomazia indiana è stata interessata anche una politica di “contenimento” del Pakistan che oggi gode di una sorta di “egemonia commerciale” sull’Afghanistan in quanto tutte le merci devono per forza passare dal suo territorio. Occorre anche aggiungere che l’India - affamata di idrocarburi per mantenere il suo tasso di crescita - vede oggi l’Afghanistan come la porta d’ingresso per le risorse energetiche dell’Asia Centrale. In discussione c’è in particolare il progetto di oleodotto dal Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India (cosiddetto TAPI) che potrebbe essere un’alternativa a quello Iran, Pakistan, India, fortemente osteggiato dalla Casa Bianca.
La crescente influenza indiana in Afghanistan ha creato non poca irritazione per il Pakistan che accusa Nuova Delhi di “usare” i suoi quattro consolati, soprattutto quelli nel sud, per istigare la ribellione e atti sovversivi nel Baluchistan e nelle aree di confine.
Anche la questione irrisolta del Kashhmir contribuisce a fare dell’India un obiettivo privilegiato dei gruppi integralisti attivi sia in Afghanistan che in Pakistan sul versante orientale dove la disputa kashmira rimane sempre un punto caldo nonostante il cessate il fuoco siglato nel 2003 che ha portato al disgelo delle relazioni indo-pachistane.

giovedì 3 luglio 2008

India semiparalizzata per sciopero dei camionisti

In onda su Radio Svizzera
Rischia di mettere in ginocchio l’intero Paese l’agitazione a tempo indeterminato proclamata da 5 milioni di camionisti indiani contro il rincaro del carburante. Il blocco del trasporto pesante è iniziato alla mezzanotte di martedì e ha già provocato disagi per i consumatori delle metropoli dove sono rincarati i prezzi di alcune derrate alimentari. Allo sciopero, indetto dall’associazione di categoria nazionale, non hanno aderito dieci stati indiani, ma le conseguenze sono tuttavia pesanti per il trasporto commerciale che per il 75% avviene su gomma. Solo a Calcutta ogni giorno entrano 10 mila camion per rifornire la città.
Gli autotrasportatori protestano contro il caro gasolio, aumentato del 10% il mese scorso e anche contro l’imposizione di pedaggi su alcune arterie stradali importanti. Chiedono al governo sostegni economici e la riduzione dell’aggravio fiscale. Ma per l’esecutivo del premier Manmohan Singh, che il prossimo anno affronta le elezioni generali, è un momento delicato per via dell’inflazione galoppante, che lo scorso mese ha superato l’11 per cento. Nel 2004 un analogo sciopero selvaggio dei camionisti ebbe conseguenze negative sul tasso di crescita nazionale.

mercoledì 2 luglio 2008

Accordo nucleare India-Usa alla stretta finale

In onda su Radio Svizzera Italiana
Dopo due anni di tira e molla l’ accordo di cooperazione indo americano sul nucleare civile, è arrivato in questi giorni alla stretta finale. Il primo ministro Manmohan Singh, vuole a tutti costi presentarsi al G8 di Tokio del 7 luglio con il patto pronto per essere firmato dalle grandi potenze nelle sedi dell’Agenzia Internazionale Atomica e nel Club dei Paesi Fornitori di Tecnologia nucleare. L’accordo riconosce all’Iindia lo status di potenza nucleare e le assicura una nuova risorsa energetica fondamentale per la sua crescita. Fortemente sostenuto dalla leader Sonia Gandhi, il premier indiano intende tenere la linea dura contro gli alleati comunisti che si oppongono all’accordo in quanto lesivo dell’índipendenza delprogramma atomico nazionale, anche se la parte militare rimarrebe segreta. Singh ha già minacciato le dimissioni ed è anche è pronto ad andare alle elezioni anticipate in un momento di calo dipopolarità a causa dell.inflazione galoppante. I partiti comunisti che hanno 59 seggi, non sembrano cedere. Il leader Prakash Karat potrebbe ritirare l’appoggio da un momento all’ltro. Anche se tecnicamente non cadrebbe il governo, peró lo renderebbe in balia dei partiti regionali minori. Interessati a sbloccare lo stallo non sarebbe solo gli Stati Uniti, ma anche le altre potenze nucleari come Francia e Russia interessate a esportare in India combustibile e tecnologia nucleare. Sull’accordo, fortemente voluto da Bush, si gioca anche la credibilità della politica estera indiana e le stesse relazioni politiche ed economiche con Washington.
Da ND MGC