martedì 26 aprile 2011
Morte Sai Baba, la cittadella del Sai Baba
Un complesso residenziale da 2.400 camere, con un ospedale, due musei, una biblioteca, tre templi, una banca e tre mense, di cui una con cibo italiano riservata ai seguaci stranieri. Il luogo di meditazione e romitaggio del Sai Baba, la "dimora della pace suprema" (Prasanthi Nilayam) fondata oltre 60 anni fa a Puttaparthi (125 chilometri dal polo informatico di Bangalore) é una vera e propria città con tanto di poliziotti e pompieri. A differenza di altri "ashram", i luoghi di romitaggio indiani come quello del filosofo Osho a Pune o della guru "che abbraccia" Amma nel Kerala, non ci sono regole precise per i fedeli. La giornata è scandita dai "darshan" (adorazione) e dai bhajans (canti sacri), ma non ci sono degli obblighi per il "seva", il lavoro volontario offerto a Dio. "Ognuno fa quello che si sente, il Sai Baba non ha mai imposto nulla a coloro che lo seguono" dice Maurielle, francese, assidua frequentatrice dell'ashram, e una dei tanti stranieri che sono arrivati in questi giorni per l'addio alla loro guida spirituale. Non ci sono statistiche precise in merito, ma la comunità degli italiani, seguita dai latinoamericani, è quella più numerosa. Luca, piemontese di Bardonecchia, serve i pasti nella "Western Canteen" (mensa occidentale), considerata il "miglior ristorante" di Puttaparthi e dove pasta e lasagne non mancano mai. Per un pasto si spende l'equivalente di poco più di un euro. Gli italiani hanno anche donato lavastoviglie industriali.Nonostante sia frequentata quasi esclusivamente da occidentali, ci sono due sale separate per uomini e donne come è nella prassi indiana per i momenti di preghiera o di meditazione.
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