La Enrica Lexie brilla nella rada di Kochi, o Cochin secondo il vecchio nome, una delle principali mete turistiche del ricco stato meridionale del Kerala, ma anche importante terminal petrolifero e cantiere navale. ''Ci vuole l'autorizzazione per andare a bordo'' dice uno dei due poliziotti di guardia all'imbarco da dove si puo' vedere la petroliera italiana e che viene usato anche dai turisti provenienti dall'isola di Fort Kochi che sorge di fronte. Il Cochin Port Trust, che da tre giorni ospita la nave delle polemiche, coinvolta nella morte di due pescatori indiani e che sta mettendo a dura prova i rapporti tra Italia e India, si trova sulla rigogliosa isola di Wellingdon, che ospita anche una base militare e i tre piu' lussuosi hotel. Oggi un centinaio di giornalisti, fotografi e cameramen hanno accolto con una ressa mediatica Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due maro' che sono scesi a terra insieme al capitano Umberto Vitelli, ai quattro ufficiali della Marina Italiana, al console di Mumbai Gianpaolo Cutillo e al contro ammiraglio Franco Favre, che hanno seguito passo dopo passo l'intera vicenda. E' proprio quest'ultimo a rassicurare sul loro fermo da parte delle autorita' indiane che in realta' e' ''una non reclusione'' in una guesthouse. ''Sono sereni e ovviamente sono un po' preoccupati per le famiglie che hanno potuto sentire. La professionalita' del Battaglione San Marco e' famosa in tutto il mondo e questi ragazzi sanno davvero come comportarsi in tutte le occasioni'' ha aggiunto. Ma la tensione a Kochi e nel Kerala, in generale, e' palpabile. Il caso della ''Italian ship'' e' sulla bocca di tutti. ''La gente qui e' molto arrabbiata, soprattutto i pescatori'' dice Sabtosh Kumar, un altro agente di sicurezza del porto dove e' attraccata una nave da crociera ''Amet Cruise''. ''Ma come si fa a confondere dei normali pescatori con dei pirati?'' aggiunge. Gia', proprio questa e' la domanda che tutti si fanno in questi giorni. Oggi a bordo della petroliera napoletana, che non ha attualmente carico, sono saliti diversi team investigativi della polizia indiana per condurre accertamenti e raccogliere indizi. Ma secondo fonti diplomatiche il punto principale sara' ora dimostrare che l'unita' si trovava in acque internazionali e che quindi l'India non ha giurisdizione. Intanto il Cochin Port Trust intende chiedere il pagamento dei costi di permanenza al terminal petrolifero che sono circa 300 mila rupie (6 mila dollari circa) al giorno per la stazza della Enrica Lexie (58 mila tonnellate). A cui si aggiungono anche - secondo quanto calcolava una fonte giornalistica locale - i danni causati dalla mancata attivita' della raffineria. Quando la nave e' stata portata mercoledi' notte nella rada, ha preso il posto di un'altra petroliera, Jag Prachi, che stava per iniziare le operazioni di pompaggio del greggio e che ha dovuto lasciare il posto. Ieri inoltre e' giunta un'altra nave e anch'essa e' in attesa che si liberi il terminal. Questi ritardi costano alle compagnie petrolifere circa 4 milioni di rupie (81 mila dollari) al giorno. ''Siccome non ci sono altre strutture disponibili, non resta altro che aspettare'' ha detto un responsabile del gruppo BPCL che gestisce la raffineria. Ad accollarsi i costi sara' pero' lo stesso porto, che e' di proprieta' governativa e in questo caso ''serve gli interessi della nazione'' come ha precisato il presidente Paul Antony.
domenica 19 febbraio 2012
REPORTAGE- Pescatori uccisi, petroliera italiana bloccata a Kochi
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