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Per il secondo giorno consecutivo la località himalayana di Darjeeling, paradiso delle piantagioni di tè e meta turistica fin dall’epoca del dominio britannico, è paralizzata da uno sciopero generale che ha costretto all’esodo migliaia di turisti indiani e anche stranieri.
La protesta, che è sfociata anche in scontri con la polizia, è stata organizzata da un gruppo separatista che si batte per la creazione di una nuova entità autonoma, chiamata Gorkhaland, nell’estremità settentrionale del Bengala Occidentale dove vive una maggioranza di etnia nepalese. Alla serrata, indetta lunedì dal Gorkha People Liberation Front (Gorkha Janamukti Morcha) per protestare contro lo “stato di terrore” imposto dal governo locale a guida comunista, hanno aderito negozi, ristoranti, hotel che si trovano nel picco delal stagione estiva e anche la rete di trasporti stradali rimasta completamente paralizzata. Gli attivisti Gorkha avrebbero anche costretto alla chiusura le rinomate piantagioni di tè che negli anni scorsi avevano sofferto una gravissima crisi. A causa del blocco dell’unica strada di collegamento con il centro ferroviario di Siluguri, anche il piccolo stato del Sikkim, che si estende a nord verso il confine con il Tibet, sarebbe isolato. Le autorità locali hanno deciso di evacuare un migliaio di turisti.
Nei prossimi giorni la situazione potrebbe peggiorare. Già oggi ci sono state notizie di violenze tra i manifestanti gorkha e alcuni quadri comunisti che hanno indetto un analogo sciopero a Siliguri, città in pianura, a maggioranza etnica bengalese e punto di passaggio obbligato per Darjeeling, che dista a tre ore di auto.
I leader della protesta hanno dato 60 ore di tempo ai visitatori per lasciare la vallata, mentre hanno consigliato alla popolazione di rifornirsi di viveri. “Siamo pronti per la battaglia finale” ha detto uno dei leader dei Gorka annunciando una serrata ad oltranza a partire da sabato quando scadrà la “tregua”.
Il governo comunista del Bengala Occidentale, guidato da Buddhadeb Bhattacharjee, il “Buddha rosso” come è chiamato dalla stampa indiana, ha respinto le rivendicazione degli attivisti Gorkha e ha convocato una riunione di emergenza di tutti i partiti a Calcutta. C’è il rischio che la protesta si trasformi in un'altra “Nandigram”, dove lo scorso anno è avvenuta una sanguinosa repressione dei contadini che per mesi si erano opposti contro l’esproprio delle proprie terre per far posto a un polo chimico.
Il movimento di liberazione dei Gorkha risale al secolo scorso, ma è culminato nel 1979 quando le comunità montane, the “hill people”, lanciarono una rivolta armata contro il governo locale bengalese. Il risultato fu di ottenere una sorta di comitato locale autonomo in materia di economia, istruzione e cultura. Ma non sufficiente per i Gorkha che vorrebbero uno status speciale simile a quello che godono alcuni stati “ribelli” del nord est indiano, Assam, Meghalaya, Mizoran e Tripura.
L’esodo dei turisti e la paralisi delle piantagioni di te è comunque un brutto colpo per Darjeeling che vive esclusivamente di queste due risorse. Ma lo è anche per l’industria turistica nazionale già messa in ginocchio dall’attentato terroristico del 13 maggio nel cuore di Jaipur e dalla rivolta della casta dei Gujjar che per giorni ha paralizzato lo stato del Rajasthan, la meta più popolare in India.
giovedì 12 giugno 2008
Darjeeling paralizzata da rivolta dei gorkha
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