martedì 22 novembre 2011

ANALISI/ India, gigante con i piedi di argilla

L'India, seconda nazione piu' popolosa dopo la Cina e nona economia mondiale appena dopo l'Italia, si e' conquistata negli ultimi anni il rango di potenza economica emergente in Asia e per certi aspetti anche sulla scena globale. Nel vertice del G20 di Cannes, il governo di New Delhi e' stato visto come uno dei possibili ''cavalieri bianchi'' per il salvataggio di Eurolandia insieme a Pechino e alle altre tre neo potenze, Brasile, Russia e Sudafrica, che formano il cosiddetto blocco dei Brics. La doppia sfida del debito europeo e della recessione Usa ha proiettato una nuova luce sull'India e sulle altre economie emergenti a cui e' richiesto di giocare un ruolo maggiore nella gestione dell'economia internazionale. I Brics non hanno per ora deciso di aprire i cordoni della borsa, ma hanno strigliato l'Europa e chiesto maggior sforzi per risolvere la crisi. Il primo ministro indiano Manmohan Singh, un tecnocrate che 20 anni fa ha introdotto le riforme economiche che sono alla base del miracolo indiano, ha fornito la sua ricetta: aumentare la coordinazione nelle politiche macroeconomiche e strutturali tra i Paesi del G20 attraverso il Processo di reciproca valutazione (Map) costituito un anno fa dal G20 di Seul. L'India e' ovviamente preoccupata da un contagio europeo. La Ue e' il primo partner commerciale e l'interdipendenza sara' ancora piu' stretta dopo l'Accordo di libero scambio (Fta) che dovrebbe venire alla luce la prossima primavera. Il ministro indiano delle Finanze, Pranab Mukherjee, teme ripercussioni sulla crescita 2011-2012 stimata tra il 7,6% e 7,8%, secondo una nuova previsione al ribasso. Tuttavia, piu' che dalla tempesta finanziaria globale, gli ostacoli maggiori all'espansione arrivano da strozzature interne come i ritardi nel varo di riforme nel settore bancario, retail e lavoro, la cronica carenza di infrastrutture e ora anche la debolezza del governo Singh-II ai minimi storici di popolarita'. In questo clima, e' piu' ipotizzabile che il gigante indiano si concentri piuttosto a sviluppare il mercato interno e a costruire un tessuto industriale che a fare da pompiere alle economie avanzate in declino. In Francia, i Brics hanno lanciato due chiari messaggi: e' responsabilita' dei Paesi europei per la loro disastrosa situazione debitoria e, secondo, ogni tipo di aiuto dai mercati emergenti deve arrivare attraverso il Fondo Monetario Internazionale, che va riformato per renderlo piu' equilibrato e efficace. E' uno tsunami quello che sta per investire la mappa geo politica e geo economica mondiale a vantaggio di nazioni che come l'India fino a pochi anni fa non avevano alcuna voce in capitolo se non nei vecchi consessi retaggio della Guerra Fredda, come il Movimento dei Paesi non Allineati (Nam) dove New Delhi ha sempre giocato un ruolo dominante. Con un mercato di 300 milioni di potenziali consumatori, riserve in valuta straniera per 320 miliardi di dollari, il dividendo demografico di una popolazione che per la meta' e' al di sotto dei 35 anni e le ''Silicon Valley'' a basso costo, nessuno puo' oggi permettersi di ignorare l'India se intende sopravvivere sui mercati globalizzati. Il gigante indiano ha pero' delle gambe di argilla e il ''new dream'' di Singh rischia di rimanere incompiuto a causa delle enormi contraddizioni interne. E' difficile conciliare l'idea di potenza economica con il 40% di popolazione che vive sotto al soglia della poverta', con gli altissimi tassi di mortalita' infantile, con il 134esimo posto nell'Indice dello Sviluppo Umano 2011 dell'Onu, lo stesso dello scorso anno nonostante l'aumento dell'8% del Pil. Come sono elementi di disturbo anche la discriminazione sociale basata sul rigido sistema castale, gli abusi su donne e bambine e la corruzione dilagante denunciata dal pacifista Anna Hazare, il ‘’nuovo Gandhi'', a capo di un vasto movimento nazional popolare.

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