La recessione mondiale ha colpito in particolare le piccole medie imprese italiane che non hanno più la forza di investire nei mercati emergenti come l’India, dove la ripresa dei consumi è già partita e il mercato è ancora da conquistare. “Questo è un paese che ha bisogno di 100 milioni di paia di scarpe all’anno, miliardi di cioccolatini, di costruire case e infrastrutture” – dice Roney Simon, rappresentante in Italia della Ficci (Federation of India Chambers of Commerce and Industry) - Ci sono immense opportunità per le pmi italiane che possono vendere e guadagnare immediatamente dal loro know how, ma non hanno più la forza di gettare un ponte dall’Italia all’India”.
La recessione globale ha tarpato le ali alla piccola impresa che è sempre stata il motore del successo del Made in Italy. Mentre i grandi gruppi come Piaggio o Ferrero hanno la forza sufficiente e il sostegno del sistema creditizio di navigare nella bufera, i piccoli non ce la fanno e sono costretti ad abbandonare i progetti di internazionalizzazione. Jacob Rose è uno dei pionieri della consulenza aziendale per ditte italiane: “Purtroppo molte pmi dopo la crisi di ottobre hanno bloccato gli investimenti. Hanno subito un crollo di vendite in Italia, non hanno più liquidità e stanno concentrando i loro sforzi per sopravvivere sul mercato italiano. Non hanno avuto nessun sostegno statale come è avvenuto negli Stati Uniti”. Rose, che è a capo della società Italtec Consulting con sede a Noida, vicino a Nuova Delhi, cita due esempi: una ditta specializzata in paste abrasivi che voleva avviare la produzione in India, ma che ha bloccato i progetti e ha deciso per ora di importare i propri prodotti da Italia e Cina. E un secondo caso di un’azienda di sedie e poltrone che ha anch’essa rinunciato a insediarsi sul mercato indiano. “Le aziende italiane sono deluse dalla Cina, soprattutto per la protezione dei brevetti, e vorrebbero trasferirsi in India” dice Rose che “non vede nubi nere all’orizzonte della crescita indiana” soprattutto per le garanzie di continuità offerte dal governo bis di Manmohan Singh riconfermato a maggio.
Dello stesso avviso è Simon, secondo il quale “c’è una finestra da qui al 2012 per entrare sul mercato indiano e occupare gli spazi aperti. Le imprese italiane non devono perdere questo treno”.
C’è chi però ha dei dubbi sulla capacità di ripresa della locomotiva indiana: “da circa 3 mesi gli ordini sono ripresi, ma non sono tornati ai livelli precedenti – dice Gabriele Checchini, ceo di Itema India, colosso delle macchine tessili, che da due anni ha aperto un impianto a Coimbatore, nello stato meridionale del Tamil Nadu. Le previsioni per quest’anno dovranno essere riviste al ribasso per il 30 o 40%, ma l’India e anche la Cina sono “gli unici mercati possibili dove vendere”. “Siccome i nostri telai costano in media 150 mila euro – conclude - le aziende tessili indiane hanno bisogno dei prestiti delle banche e quindi è necessario che il governo lanci una nuova politica di finanziamento alle imprese”.
domenica 30 agosto 2009
India, pmi italiane in difficoltà a causa della crisi
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