Su Famiglia Cristiana
Lahore
Gojra, nella provincia del Punjab, é il nuovo simbolo dell’intolleranza religiosa in Pakistan. In questa città a Sud di Lahore, vicino al confine con l’India, otto persone sono state bruciate vive da 3 mila fanatici musulmani che hanno assaltato il quartiere cristiano. Il rogo é avvenuto sotto lo sguardo complice della polizia e dopo che gli assalitori avevano bloccato strade e ferrovia. Tra i carbonizzati ci sono anche un bambino di sette anni e quattro donne. Cinquanta case sono state distrutte, centinaia di famiglie sono senza tetto e il villaggio é ora presidiato da reparti dell’esercito inviati dal presidente Asif Ali Zardari che è intervenuto subito, promettendo il pugno di ferro contro i responsabili. La polizia ha arrestato decine di persone incluso il leader del movimento clandestino Sipah-i-Sahaba, principale indiziato della strage.
Era una tragedia annunciata. Il giorno prima un gruppo di fanatici aveva distrutto e saccheggiato due chiese nel vicino villaggio di Korian. La rabbia anticristiana era esplosa in seguito a un presunto caso di profanazione da parte di tre cristiani che, durante una festa di nozze, il 29 luglio, avrebbero bruciato alcune pagine del Corano. A poco erano servite le smentite ufficiali («la storia della profanazione è falsa») e le richieste d’aiuto dei cristiani alle autoritá.
La scia di discriminazioni e violenze contro i circa 3 milioni di cristiani pachistani, la metá dei quali cattolici, inizia con l’introduzione della legge contro la blasfemia nel 1977, è cresciuta dopo l’11 settembre 2001, quando il Pakistan ha dichiarato guerra ai talebani e ad Al Qaeda, ed è ancora aumentata nell’aprile scorso, vista l’introduzione della sharia, la legge islamica, nella Swat Valley.
Monsignor Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana, era intervenuto pubblicamente scrivendo che la sharia nella Swat Valley rappresentava «una totale mancanza di considerazione nei confronti delle minoranze e dei loro diritti», sanciti nel 1947, dall’Assemblea costituente. È un fatto che molti cristiani sono stati costretti a scappare dalle zone pashtun del Nordovest dove i non musulmani, per professare la loro fede, ora sono obbligati a pagare la jizya (la tassa imposta dai seguaci dell’Islam ai fedeli delle religioni del Libro, cristiani ed ebrei).
I cristiani, che appartengono agli strati sociali piú bassi, sono considerati come “intoccabili” dalla societá pachistana. Le donne sono associate al mestiere di swepeer, donne delle pulizie, e sono spesso umiliate oppure, peggio, vittime di molestie sessuali se non addirittura di stupri. A Islamabad migliaia di cristiani vivono da anni in baraccopoli, semi abusive, che la municipalitá demolisce di tanto in tanto. Nel centrale Sitara Market, oltre 500 persone da settimane bivaccano su uno spartitraffico, sotto striscioni in cui si appellano alle ambasciate straniere e al Vaticano
Maria Grazia Coggiola
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