Con la ratifica dell'accordo di conciliazione con il proprietario del peschereccio St.Antony all'Alta Corte del Kerala, si chiude l'aspetto civile della vicenda dei marò, dopo il risarcimento dei giorni scorsi alle famiglie dei pescatori uccisi. E già lunedì prossimo l'Enrica Lexie potrebbe ripartire per l'Italia. Si sono infatti ritirate tutte le persone che si erano costituite parte civile nei vari procedimenti in corso contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e contro il rilascio della petroliera. "Le complesse procedure per il deposito degli accordi e la consegna degli assegni agli eredi dei due pescatori uccisi e al proprietario del peschereccio sono state concluse in diverse tappe questa settimana davanti al giudice di pace e all'Alta Corte del Kerala" ha detto una fonte che segue la vicenda. Si chiude quindi un'importante fase per quanto riguarda i processi per cause civili - mentre va avanti il procedimento penale - e soprattutto per il via libera della nave bloccata al largo di Kochi. "Si spera che lunedì prossimo la Corte Suprema a New Delhi dia il suo parere favorevole alla partenza visto che non c'é più un'opposizione da parte delle famiglie delle vittime" ha aggiunto. In base ai tre accordi di conciliazione, i familiari dei due pescatori e il proprietario del peschereccio Freddy hanno accettato delle somme di denaro come "un gesto di buona volontà". Al pescatore le autorità italiane hanno consegnato la somma di 1,7 milioni di rupie (circa 25 mila euro) come risarcimento per i danni subiti alla sua attività di pescatore e all'imbarcazione. Mentre ai familiari dei pescatori uccisi sono andati di 10 milioni di rupie (circa 150 mila euro) ciascuna come "donazione ex gratia". "Il governo italiano - ha proseguito la fonte - ha mantenuto fede alla promessa di mostrare la sua solidarietà a chi ha sofferto così tanto in questa vicenda". Ma ciò non vuol dire che "ci sia stata un'ammissione di responsabilità da parte nostra" oppure "che ci sarà un'influenza positiva sul processo penale che va comunque avanti" ha detto ancora. E' tuttavia importante sottolineare che nel caso di Freddy c'é anche una diretta conseguenza sulla denuncia che lui stesso, come testimone oculare, aveva presentato alla polizia di Neendakara quando è giunto in porto con i cadaveri dei due colleghi a bordo. Davanti al giudice, Freddy ha fornito una versione dei fatti leggermente diversa in cui risulta che non è più un "diretto accusatore", anche se nella denuncia iniziale del 15 febbraio si era soltanto limitato a dire di aver visto una nave "di colore rosso e nero" non specificando se fosse la Enrica Lexie.
sabato 28 aprile 2012
India, polemiche per spot su crema schiarente per ''parti intime''
Una pubblicità di una crema schiarente per "parti intime" femminili ha scatenato una vivace polemica in India tra femministe che la considerano "l'ennesimo insulto alle donne" e le giovani della nuova classe emergente che la vedono come una nuova arma di seduzione. Lo spot televisivo di 25 secondi, diventato un successo su YouTube, mostra una bella e giovane donna dalla pelle chiarissima sorseggiare un caffé nero mentre il suo uomo legge il giornale evidentemente disinteressato dalla sua presenza. La scena cambia improvvisamente quando compare in scena un prodotto per l'igiene intima, chiamato "Clear and Dry" e che, come si vede da una grafica, ha l'effetto immediato di schiarire una zona d'ombra sul pube. In seguito, si vedono i due scherzare felici, mentre lui prende in braccio la sua compagna. Una voce in hindi spiega poi che "la speciale formula basata su pH bilanciato garantisce l'igiene e la protezione della parte da trattare e anche schiarisce la pelle. Nel numero in edicola, il settimanale India Today si unisce al coro di indignazione per questa "ultima frontiera" dell'ossessione indiana per la pelle chiara. "Prima era soltanto il tuo viso - si legge - poi si è aggiunto il collo, le gambe e le braccia. E ora, l'industria cosmetica ha deciso che c'é ancora una parte che non è chiara abbastanza per il tuo uomo, la tua vagina". Quasi la metà dei prodotti di bellezza venduti in India sono creme per schiarire la pelle, un requisito essenziale nel concetto di bellezza femminile e anche una condizione per trovare un "buon partito" come dimostrano gli annunci matrimoniali dove immancabilmente si precisa la "pelle chiara" dell'aspirante sposa. Di recente, la mania anche contagiato gli uomini. Diverse star di Bollywood, tra cui alcune icone del "machismo", sono infatti protagonisti di spot commerciali per prodotti schiarenti in cui si inculca il messaggio che "con la pelle bianca la vita è più bella" conclude il settimanale
venerdì 27 aprile 2012
Bin Laden, le tre vedove e i bambini in Arabia Saudita con i loro segreti
A un anno dal raid nella villa bunker di Abbottabad, la numerosa famiglia di Osama Bin Laden ha lasciato il Pakistan dove era sotto la sorveglianza speciale dei servizi segreti portandosi con se' i misteri ancora irrisolti della cattura del leader di Al Qaida e dei lunghi anni di permanenza nel Paese alleato degli Usa nella lotta al terrorismo islamico.
Le tre vedove, due saudite e una yemenica, e una nidiata di figli di ogni eta' sono partiti nella nottata da Islamabad con un aereo speciale saudita e sono gia' arrivati a destinazione. Il governo saudita, che inizialmente si era opposto ad accogliere le mogli, ha mantenuto il piu' stretto riserbo sul trasferimento. Ad accompagnare i familiari c'era solo il fratello della giovane moglie yemenita, la ''favorita'' dello sceicco del terrore, che sara' presto rimpatriata in Yemen, con i suoi cinque figli, di cui quattro nati durante la ''clandestinita'' in Pakistan.
La partenza delle tre donne era stata ritardata da un vero e proprio giallo sulla mancanza di un nulla osta da parte delle autorita' pachistane che avevano ordinato la deportazione al termine di 45 giorni di reclusione per mancanza di permessi di soggiorno. In quell'occasione, la famiglia era stata trasferita dalla localita' segreta dei servizi segreti in un alloggio di Islamabad.
Da un verbale della polizia sull'interrogatorio della yemenita Amal Ahmed Abdul Fateh, avvenuto lo scorso 19 gennaio a Islamabda, emergono nuovi particolari sulla vita della famiglia. La donna di 30 anni racconta di essere arrivata a Karachi nel 2000 con un visto per cure mediche che e' scaduto dopo tre mesi. Si e' quindi recata a Kandahar, attraverso il confine del Baluchistan, dove qui ha sposato Bin Laden (che gia' viveva con due mogli) e ha avuto la prima figlia, Sania. ''Il mio desiderio era di sposare un mujahiddin'' di legge.
Dopo quello che viene definito ''l'incidente'' dell'11 settembre 2001, la famiglia si disperde. Amal e la neonata tornano a Karachi dove cambiano diverse case nel giro di 8 o 9 mesi grazie all'aiuto di una famiglia pachistana e al figlio maggiore dello sceicco, Saad. Ma dopo poco tempo, incontra di nuovo il marito a Peshawar, nel nord ovest, e da qui inizia un periodo di continui spostamenti. Prima nella valle di Swat, a nord di Islamabad, che all'epoca era controllata dai talebani del Mullah Fazlullah, e poi per due anni a Haripur, cittadina ad appena 65 chilometri da Islamabad. In questo tempo, nascono Aasia (2003) e Ibrahim (2004) in un ospedale governativo. ''In entrambe i casi sono stata soltanto due o tre ore per il parto'' racconta la vedova. Nel 2005 quindi traslocano a poca distanza nella grande villa di Abbottabad (ora demolita), con le due famiglie di ''corrieri'' che, anche in precedenza li avevano assistiti. Qui nasce nel 2006 un'altra figlia, Zainab e poi nel 2008 l'ultimo bambino, Hussein. La vedova fa sapere inoltre che durante il raid, gli americani hanno ucciso i due ''corrieri'' Ibrahim e Abrar, la moglie di quest'ultimo Busha e il figlio 20 enne di Bib Laden che si chiamava Khalid.
Le tre vedove, due saudite e una yemenica, e una nidiata di figli di ogni eta' sono partiti nella nottata da Islamabad con un aereo speciale saudita e sono gia' arrivati a destinazione. Il governo saudita, che inizialmente si era opposto ad accogliere le mogli, ha mantenuto il piu' stretto riserbo sul trasferimento. Ad accompagnare i familiari c'era solo il fratello della giovane moglie yemenita, la ''favorita'' dello sceicco del terrore, che sara' presto rimpatriata in Yemen, con i suoi cinque figli, di cui quattro nati durante la ''clandestinita'' in Pakistan.
La partenza delle tre donne era stata ritardata da un vero e proprio giallo sulla mancanza di un nulla osta da parte delle autorita' pachistane che avevano ordinato la deportazione al termine di 45 giorni di reclusione per mancanza di permessi di soggiorno. In quell'occasione, la famiglia era stata trasferita dalla localita' segreta dei servizi segreti in un alloggio di Islamabad.
Da un verbale della polizia sull'interrogatorio della yemenita Amal Ahmed Abdul Fateh, avvenuto lo scorso 19 gennaio a Islamabda, emergono nuovi particolari sulla vita della famiglia. La donna di 30 anni racconta di essere arrivata a Karachi nel 2000 con un visto per cure mediche che e' scaduto dopo tre mesi. Si e' quindi recata a Kandahar, attraverso il confine del Baluchistan, dove qui ha sposato Bin Laden (che gia' viveva con due mogli) e ha avuto la prima figlia, Sania. ''Il mio desiderio era di sposare un mujahiddin'' di legge.
Dopo quello che viene definito ''l'incidente'' dell'11 settembre 2001, la famiglia si disperde. Amal e la neonata tornano a Karachi dove cambiano diverse case nel giro di 8 o 9 mesi grazie all'aiuto di una famiglia pachistana e al figlio maggiore dello sceicco, Saad. Ma dopo poco tempo, incontra di nuovo il marito a Peshawar, nel nord ovest, e da qui inizia un periodo di continui spostamenti. Prima nella valle di Swat, a nord di Islamabad, che all'epoca era controllata dai talebani del Mullah Fazlullah, e poi per due anni a Haripur, cittadina ad appena 65 chilometri da Islamabad. In questo tempo, nascono Aasia (2003) e Ibrahim (2004) in un ospedale governativo. ''In entrambe i casi sono stata soltanto due o tre ore per il parto'' racconta la vedova. Nel 2005 quindi traslocano a poca distanza nella grande villa di Abbottabad (ora demolita), con le due famiglie di ''corrieri'' che, anche in precedenza li avevano assistiti. Qui nasce nel 2006 un'altra figlia, Zainab e poi nel 2008 l'ultimo bambino, Hussein. La vedova fa sapere inoltre che durante il raid, gli americani hanno ucciso i due ''corrieri'' Ibrahim e Abrar, la moglie di quest'ultimo Busha e il figlio 20 enne di Bib Laden che si chiamava Khalid.
giovedì 26 aprile 2012
Pakistan, premier Gilani condannato da Corte Suprema
‘’Non sono necessarie le dimissioni’’. Cosi’ e’ stato deciso nel vertice di maggioranza convocato oggi dal presidente Zardari subito dopo il verdetto della Corte Suprema, una sentenza prevedibile per molti, ma decisamente ammorbidita perche’ non prevede l’esonero automatico dalla carica di primo ministro.
Subito dopo la condanna, l’opposizione aveva chiesto le dimissioni di Gilani e le elezioni anticipato. Il suo rivale politico,l’ex premier Nawaz Shari, ha detto che il verdetto e’ basato un su fatto incontrovertibile, cioe’ il rifiuto del premier di eseguire un ordine dei giudici. Il massimo organo giudiziario aveva chiesto due anni fa a Gilani - come capo del governo di scrivere alle autorita’ elvetiche per la riapertura dei vecchi cassi di corruzione contro il presidente Asif Al Zardari. Ma il premier non ha mai obbedito alla richiesta in quanto – come ha detto lui stesso in aula quando e’ iniziato il processo, - il vedovo di Benazir Bhutto e’ protetto da immunita’ presidenziale e quindi non puo’ essere sottoposto a un inchiesta giudiziaria da parte di Berna.
Da qui l’accusa per oltraggio alla Corte Suprema che pero’ ha avuto un occhio di riguardo per Gilani condannandolo soltanto a una detenzione simbolica, invece che alla pena massima di sei mesi di carcere come prevede la legge in questi casi.
Ovviamente sara’ pero’ difficile per Gilani gestire il grave colpo alal sua imagine e la carica dell’opposizione. Piu’ indebolita appare anche la condizione di Zardari gia’ nella bufera per uno scandalo su un presunto memorandum segreto in cui chiedeva aiuto agli Stati uniti nell’eventualita’ di un golpe militare dopo il raid contro la villa bunker di Osama Bin Laden.
Subito dopo la condanna, l’opposizione aveva chiesto le dimissioni di Gilani e le elezioni anticipato. Il suo rivale politico,l’ex premier Nawaz Shari, ha detto che il verdetto e’ basato un su fatto incontrovertibile, cioe’ il rifiuto del premier di eseguire un ordine dei giudici. Il massimo organo giudiziario aveva chiesto due anni fa a Gilani - come capo del governo di scrivere alle autorita’ elvetiche per la riapertura dei vecchi cassi di corruzione contro il presidente Asif Al Zardari. Ma il premier non ha mai obbedito alla richiesta in quanto – come ha detto lui stesso in aula quando e’ iniziato il processo, - il vedovo di Benazir Bhutto e’ protetto da immunita’ presidenziale e quindi non puo’ essere sottoposto a un inchiesta giudiziaria da parte di Berna.
Da qui l’accusa per oltraggio alla Corte Suprema che pero’ ha avuto un occhio di riguardo per Gilani condannandolo soltanto a una detenzione simbolica, invece che alla pena massima di sei mesi di carcere come prevede la legge in questi casi.
Ovviamente sara’ pero’ difficile per Gilani gestire il grave colpo alal sua imagine e la carica dell’opposizione. Piu’ indebolita appare anche la condizione di Zardari gia’ nella bufera per uno scandalo su un presunto memorandum segreto in cui chiedeva aiuto agli Stati uniti nell’eventualita’ di un golpe militare dopo il raid contro la villa bunker di Osama Bin Laden.
mercoledì 25 aprile 2012
Riarmo, Pakistan risponde a test missilistico dell'India
Il lancio di prova di un missile balistico a capacita' nucleare pachistano, a meno di una settimana dal test di un simile ordigno condotto dall'India, e' l'ultimo segnale della corsa al riarmo in Asia che si e' fatta piu' allarmante dopo il fallito tentativo della Corea del Nord di mettere in orbita un satellite. Il missile intermedio Shaheen-1A, testato oggi da una base militare segreta, e' una versione ''potenziata'' di un precedente vettore a corto raggio del ricco arsenale missilistico pachistano sviluppato con il supporto cinese. Non e' stato dichiarato, ma gli esperti sostengono che abbia una gittata di 4.500 chilometri, sufficiente quindi a raggiungere New Delhi o Mumbai.
Un comunicato dell'esercito ha riferito che il test e' stato positivo e che il razzo ha centrato un obiettivo prefissato nell'oceano Indiano. Come e' prassi, alcuni giorni prima, Islamabad aveva avvertito gli indiani dell'esperimento e chiesto di modificare le rotte degli aerei di linea. La prova di forza di Islamabad, partner degli Usa nella lotta al terrorismo islamico ma alleato per necessita' della Cina, va vista nell'ottica della vecchia rivalita' con New Delhi che continua a tenere in scacco l'intera regione sud-asiatica sotto lo spettro di un confronto nucleare, anche se di recente si sono visti segnali di distensione.
Dopo quattro guerre scatenate dall'annosa disputa sul Kashmir, il premier Yousuf Gilani ha detto di recente ''che l'era dei conflitti e' terminata e che siamo pronti a sederci intorno a un tavolo e a risolvere tutte le nostre contese come il Kashmir, Sir Creek, Siachen, risorse idriche o terrorismo''. Ma l'incubo di una guerra nucleare fa sempre paura. Uno studio di un think-tank scientifico americano, l'International Physicians for the Prevention of Nuclear War, rivela oggi che un conflitto atomico nel sud dell'Asia causerebbe la fame per un miliardo di persone.
Il lancio di prova non ha provocato alcuna reazione da parte della leadership indiana che lo ha definito la ''risposta all'Agni-V'', il primo missile intercontinentale da 5 mila chilometri lanciato con successo la scorsa settimana da una base spaziale militare al largo delle coste dell'Orissa e definito il 'China Killer'' perche', quando sara' pronto, ridurra' la netta superiorita' militare di Pechino. La notizia ha provocato molta irritazione tra i cinesi che hanno accusato New Delhi di ''mentire sulla reale gittata di 8 mila chilometri per non creare allarmismo tra gli altri Paesi''.
A differenza del programma missilistico nordcoreano, anche questo sponsorizzato dalla Cina, il botta e risposta tra India e Pakistan, entrambi ''pariah nucleari'' in quanto fuori dal Trattato di Non Proliferazione (Tnp), non ha destato troppa attenzione in Occidente. Non e' un segreto che gli Stati Uniti vedano con favore l'emergere di una potenza militare nell'area in grado di contenere l'aggressivita' cinese nell'Oceano Indiano. Ma temono il rischio di proliferazione nucleare in Pakistan per la presenza dei gruppi integralisti islamici e di al Qaida, soprattutto ora che si stanno preparando a lasciare l'Afghanistan
Un comunicato dell'esercito ha riferito che il test e' stato positivo e che il razzo ha centrato un obiettivo prefissato nell'oceano Indiano. Come e' prassi, alcuni giorni prima, Islamabad aveva avvertito gli indiani dell'esperimento e chiesto di modificare le rotte degli aerei di linea. La prova di forza di Islamabad, partner degli Usa nella lotta al terrorismo islamico ma alleato per necessita' della Cina, va vista nell'ottica della vecchia rivalita' con New Delhi che continua a tenere in scacco l'intera regione sud-asiatica sotto lo spettro di un confronto nucleare, anche se di recente si sono visti segnali di distensione.
Dopo quattro guerre scatenate dall'annosa disputa sul Kashmir, il premier Yousuf Gilani ha detto di recente ''che l'era dei conflitti e' terminata e che siamo pronti a sederci intorno a un tavolo e a risolvere tutte le nostre contese come il Kashmir, Sir Creek, Siachen, risorse idriche o terrorismo''. Ma l'incubo di una guerra nucleare fa sempre paura. Uno studio di un think-tank scientifico americano, l'International Physicians for the Prevention of Nuclear War, rivela oggi che un conflitto atomico nel sud dell'Asia causerebbe la fame per un miliardo di persone.
Il lancio di prova non ha provocato alcuna reazione da parte della leadership indiana che lo ha definito la ''risposta all'Agni-V'', il primo missile intercontinentale da 5 mila chilometri lanciato con successo la scorsa settimana da una base spaziale militare al largo delle coste dell'Orissa e definito il 'China Killer'' perche', quando sara' pronto, ridurra' la netta superiorita' militare di Pechino. La notizia ha provocato molta irritazione tra i cinesi che hanno accusato New Delhi di ''mentire sulla reale gittata di 8 mila chilometri per non creare allarmismo tra gli altri Paesi''.
A differenza del programma missilistico nordcoreano, anche questo sponsorizzato dalla Cina, il botta e risposta tra India e Pakistan, entrambi ''pariah nucleari'' in quanto fuori dal Trattato di Non Proliferazione (Tnp), non ha destato troppa attenzione in Occidente. Non e' un segreto che gli Stati Uniti vedano con favore l'emergere di una potenza militare nell'area in grado di contenere l'aggressivita' cinese nell'Oceano Indiano. Ma temono il rischio di proliferazione nucleare in Pakistan per la presenza dei gruppi integralisti islamici e di al Qaida, soprattutto ora che si stanno preparando a lasciare l'Afghanistan
lunedì 23 aprile 2012
Enrica Lexie, appello dei due maro' a Corte Suprema
Si è sciolto un altro nodo nell'intricata matassa della vicenda dell'Enrica Lexie: oggi la Corte Suprema di New Delhi ha ammesso un ricorso per incostituzionalità dell'arresto dei due marò accusati di aver ucciso due pescatori al largo dello Stato indiano del Kerala. I giudici del massimo organo giudiziario hanno mostrato di voler prendere "sul serio" le obiezioni dell'Italia sull'illegalità della detenzione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: i due, sostiene da sempre Roma, sono militari in servizio anti pirateria e l'incidente è avvenuto in acque internazionali. La Corte ha chiesto al governo indiano e allo stato del Kerala di comparire nella prossima udienza dell'8 maggio per esporre le loro tesi. Dopo l'accordo sull'indennizzo ai familiari delle due vittime e l'eventualità della partenza a breve tempo della petroliera ancorata al largo di Kochi, questo nuovo spiraglio potrebbe forse far sperare in un possibile rilascio dei due militari e nella loro consegna alla giustizia italiana. Parallelamente si intensifica anche l'azione della diplomazia italiana. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi, oggi a Giacarta, ha incassato il sostegno del collega indonesiano Marty Natalegawa. "Capisco le ragioni di entrambe le parti. Ho ascoltato la prospettiva italiana e auspico di poterla comunicare in modo appropriato, se può essere utile all'altra parte", ha detto dopo l'incontro con il capo della Farnesina. Lunedì prossimo, tra l'altro, si prevede che il giudice istruttore di Kollam estenda di altre due settimane la carcerazione preventiva dei due marò. Sarà l'ultima volta perché il 14 maggio si esauriscono i tre mesi di fermo di polizia. A proposito dei due fucilieri, sabato scorso Latorre è stato protagonista di un "gesto eroico" all'esterno del carcere di Trivandrum quando ha soccorso un fotoreporter indiano che era caduto e stava per finire sotto un veicolo. Una foto pubblicata sui media indiani immortala il balzo del marò tarantino che si lancia contro un autorisciò bloccandolo con le mani prima che investisse Aijaz Rahi, che lavora per Associated Press e che ha poi ringraziato Latorre attraverso i familiari presenti nel penitenziario per la visita quotidiana. La decisione della Corte Suprema di oggi è stata accolta con "soddisfazione" dal team legale guidato oggi dall'avvocato Harish Salve, uno dei più famosi legali indiani classificato dal settimanale India Today "al 18esimo posto tra le persone più influenti dell'India". "Ci trovavamo davanti a tre possibilità - ha detto all'ANSA una fonte italiana -: che i giudici respingessero 'ad limina' la richiesta; che dicessero che era legittima ma che bisognava comunque attendere la fine dell'iter dell'Alta Corte del Kerala; o ancora, come è successo, che riconoscessero che la sostanza del ricorso meritava un immediato esame". L'appello è stato presentato in base all'articolo 31 della Costituzione indiana che riconosce il potere della Corte Suprema di intervenire contro violazioni fondamentali sancite dalla Carta costituzionale. Nella sua esposizione, l'avvocato Salve ha sottolineato che il governo del Kerala non è competente nel caso della Lexie perché rientra nell'ambito del diritto internazionale e delle convenzioni dell'Onu. Il legale ha poi ricordato che il reato è avvenuto in acque internazionali come, tra l'altro, ricordato a sorpresa la scorsa settimana da un Avvocato dello Stato in un'altra udienza davanti alla Corte Suprema.
giovedì 12 aprile 2012
ANALISI/ Governo di Manmohan Singh sotto pressione per scandali e sconfitte elettorali
Mancano ancora diverse settimane all'arrivo del monsone in India, ma il governo di Manmohan Singh sembra annaspare sempre piu' sotto una pioggia di scandali, malcontento popolare e il progressivo declino della dinastia dei Gandhi. La coalizione guidata dal Congresso, detta United Progressive Alliance (Upa) e salita al potere otto anni fa, e' sempre piu' fragile e incapace di portare avanti le riforme di cui il Paese ha bisogno per soddisfare le sue ambizioni di potenza mondiale emergente. La crescita e' in frenata al 7,6% per il 2012-2013 a causa della crisi in Usa e Ue, ma anche di croniche strozzature, come i ritardi nello sviluppo di opere pubbliche, l'arretratezza dell'agricoltura e la corruzione dilagante. Il vento degli ''indignados'' e dell'antipolitica che spira in tutto il mondo, e' arrivato anche nel Paese del Mahatma Gandhi, il pioniere delle rivoluzioni non violente. Non a caso, uno dei picconatori del governo bis di Singh sarebbe il pacifista Anna Hazare, detto il 'nuovo Gandhi', a capo di un movimento nazionale anti corrotti ora sfruttato dall'opposizione di destra per la sua riscossa nelle elezioni del 2014.
Dagli scranni del Parlamento di New Delhi, paralizzato da continue proteste dei partiti di minoranza, gli indu' nazionalisti del Bharatya Janata Party (Bjp) chiedono le elezioni anticipate. Mentre gli alleati di Sonia, come la bengalese Mamata Banerjee, sono sempre piu' insofferenti .
La situazione e' precipitata dopo la debacle elettorale di febbraio-marzo in quattro stati, tra cui il popoloso Uttar Pradesh, dove si sono infranti i sogni del delfino Rahul Gandhi di ereditare il bastone di comando dal 79enne Singh, un ''tecnico'' di fede sikh. Il partito ha perso il 7% dei consensi nello stato e non e' riuscito a sfondare nel ricco Punjab, dove si concentra la minoranza dei sikh. Neppure l'intervento di Priyanka Vadra, sorella di Rahul, con marito e bambini, nella campagna elettorale e' riuscita a evitare l'umiliazione di una sconfitta negli stessi collegi elettorali della famiglia a Amethi e Rae Bareli.
Curiosamente la parabola discendente dell'Upa sarebbe coincisa con la malattia di Sonia Gandhi, rimasta top secret, anche se per molti di tratta di un tumore, che l'ha tenuta per molto tempo al di fuori della scena e confinata ancora di piu' nella privacy della sua residenza al numero 10 di Janpath. Anche se la Gandhi continua a tenere le redini del partito, sembra apparire sempre piu' fragile come si e' visto dall'assenza a un pranzo con il presidente pachistano Asif Ali Zardari e il figlio Bilawal Bhutto, esponenti di un'altra prestigiosa e influente dinastia asiatica.
Dopo la riconferma nel 2009, la coalizione Upa e' stata travolta da continui scandali per corruzione. Prima la tangentopoli e i flop dei Giochi del Commnwealth di New Delhi dell'ottobre 2010 e poi il colossale ''affaire'' della svendita delle licenze di telefonia mobile di seconda generazione che ha portato in carcere un ministro di un partito alleato del Tamil Nadu. L'ultimo caso riguarda la denuncia del capo dell'esercito generale V.K. Singh di presunte mazzette per una fornitura di camion militari.
Il prossimo banco di prova sara' a luglio quando scade il settennato della presidente della Repubblica Pratibha Patil, una fedelissima di Sonia e non e' sicuro che il Congresso riuscira' a imporre una propria scelta.
Intanto c'e' chi guarda gia' a un'alternativa: il controverso leader Narendra Modi, falco del Bjp, dal passato macchiato da pogrom anti mussulmani, ma con un pedigree perfetto in tema di sviluppo economico dello stato settentrionale del Gujarat che guida da dieci anni. Coccolato dagli industriali, tra cui lo stesso Ratan Tata, Modi e' finito su una recente copertina del settimanale Time con il titolo emblematico ''Modi significa business, ma puo' guidare l'India?''.
Dagli scranni del Parlamento di New Delhi, paralizzato da continue proteste dei partiti di minoranza, gli indu' nazionalisti del Bharatya Janata Party (Bjp) chiedono le elezioni anticipate. Mentre gli alleati di Sonia, come la bengalese Mamata Banerjee, sono sempre piu' insofferenti .
La situazione e' precipitata dopo la debacle elettorale di febbraio-marzo in quattro stati, tra cui il popoloso Uttar Pradesh, dove si sono infranti i sogni del delfino Rahul Gandhi di ereditare il bastone di comando dal 79enne Singh, un ''tecnico'' di fede sikh. Il partito ha perso il 7% dei consensi nello stato e non e' riuscito a sfondare nel ricco Punjab, dove si concentra la minoranza dei sikh. Neppure l'intervento di Priyanka Vadra, sorella di Rahul, con marito e bambini, nella campagna elettorale e' riuscita a evitare l'umiliazione di una sconfitta negli stessi collegi elettorali della famiglia a Amethi e Rae Bareli.
Curiosamente la parabola discendente dell'Upa sarebbe coincisa con la malattia di Sonia Gandhi, rimasta top secret, anche se per molti di tratta di un tumore, che l'ha tenuta per molto tempo al di fuori della scena e confinata ancora di piu' nella privacy della sua residenza al numero 10 di Janpath. Anche se la Gandhi continua a tenere le redini del partito, sembra apparire sempre piu' fragile come si e' visto dall'assenza a un pranzo con il presidente pachistano Asif Ali Zardari e il figlio Bilawal Bhutto, esponenti di un'altra prestigiosa e influente dinastia asiatica.
Dopo la riconferma nel 2009, la coalizione Upa e' stata travolta da continui scandali per corruzione. Prima la tangentopoli e i flop dei Giochi del Commnwealth di New Delhi dell'ottobre 2010 e poi il colossale ''affaire'' della svendita delle licenze di telefonia mobile di seconda generazione che ha portato in carcere un ministro di un partito alleato del Tamil Nadu. L'ultimo caso riguarda la denuncia del capo dell'esercito generale V.K. Singh di presunte mazzette per una fornitura di camion militari.
Il prossimo banco di prova sara' a luglio quando scade il settennato della presidente della Repubblica Pratibha Patil, una fedelissima di Sonia e non e' sicuro che il Congresso riuscira' a imporre una propria scelta.
Intanto c'e' chi guarda gia' a un'alternativa: il controverso leader Narendra Modi, falco del Bjp, dal passato macchiato da pogrom anti mussulmani, ma con un pedigree perfetto in tema di sviluppo economico dello stato settentrionale del Gujarat che guida da dieci anni. Coccolato dagli industriali, tra cui lo stesso Ratan Tata, Modi e' finito su una recente copertina del settimanale Time con il titolo emblematico ''Modi significa business, ma puo' guidare l'India?''.
Orissa, maoisti rilasciano Paolo Bosusco
Apparso sorridente da un balcone di una casa di Bhubaneswar insieme all'ambasciatore italiano Giacomo Sanfelice e alla polizia indiana, Paolo Bosusco sara' presto in Italia per riabbracciare il padre e i familiari. La sua odissea come ostaggio dei ribelli maoisti, che controllano parte dell'India orientale, e' finita stamattina quando e' stato consegnato a dei giornalisti locali fuori dalla foresta di Kandkamal dove lui stesso si era addentrato il 14 marzo scorso in compagnia del turista e cliente Claudio Colangelo poi liberato dopo una decina di giorni.
La notizia del rilascio e' stata accolta con sollievo sia dalla Farnesina che da New Delhi e in particolare dal governo del'Orissa che ha condotto il delicato negoziato con i guerriglieri. Per la liberazione della guida turistica piemontese sono state fatte numerose concessioni tra cui la scarcerazione di 27 detenuti maoisti e la promessa da parte del governo locale di migliorare le condizioni delle popolazioni tribali.
''In questo mese ho imparato molto dai maoisti, ma sono contento di aver riguadagnato la mia liberta' - sono state le sue prime parole mentre lo portavano in auto nel capoluogo dell'Orissa dove si trova attualmete per esami medici. Gia' stasera e previsto l'arrivo a New Delhi e da qui il rimpatrio.
Sulla liberazione c'era stato stamattina un piccolo giallo, in quanto il leader ribelle Sabyasachi Panda aveva messo come condizione la concessione della liberta' provvisioria per una donna incarcerata da due anni.
Va ricordato che nelle mani dei maoisti, ma di un'altra fazione rispetto a quella di Panda, rimane il deputato dell'Oriossa, Jhina Hikaka, sequestrato dieci giorni dopo il rapimento di Bosusco e di cui non si sa piu' nulla.
La notizia del rilascio e' stata accolta con sollievo sia dalla Farnesina che da New Delhi e in particolare dal governo del'Orissa che ha condotto il delicato negoziato con i guerriglieri. Per la liberazione della guida turistica piemontese sono state fatte numerose concessioni tra cui la scarcerazione di 27 detenuti maoisti e la promessa da parte del governo locale di migliorare le condizioni delle popolazioni tribali.
''In questo mese ho imparato molto dai maoisti, ma sono contento di aver riguadagnato la mia liberta' - sono state le sue prime parole mentre lo portavano in auto nel capoluogo dell'Orissa dove si trova attualmete per esami medici. Gia' stasera e previsto l'arrivo a New Delhi e da qui il rimpatrio.
Sulla liberazione c'era stato stamattina un piccolo giallo, in quanto il leader ribelle Sabyasachi Panda aveva messo come condizione la concessione della liberta' provvisioria per una donna incarcerata da due anni.
Va ricordato che nelle mani dei maoisti, ma di un'altra fazione rispetto a quella di Panda, rimane il deputato dell'Oriossa, Jhina Hikaka, sequestrato dieci giorni dopo il rapimento di Bosusco e di cui non si sa piu' nulla.
mercoledì 11 aprile 2012
Enrica Lexie, attesa per verdetto su ricorso giurisdizione
Si prolunga l'attesa per la sentenza sul ricorso italiano in cui si contesta la giurisdizione indiana e per l'accesso agli esiti della perizia balistica, i due elementi cruciali per la sorte dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone detenuti in India per l'uccisione di due pescatori scambiati per pirati avvenuti lo scorso 15 febbraio. L'Alta Corte del Kerala, il massimo organo giudiziario dello stato indiano meridionale che ha sede a Kochi, non ha ancora fissato una data per pronunciarsi sull'"eccezione di giurisdizione" sollevata dagli italiani dopo la denuncia per omicidio. Venerdì sarà l'ultimo giorno utile prima che scattino le ferie giudiziarie. "La nostra speranza è che il giudice convochi la seduta per dopodomani", ha detto una fonte che segue l'inchiesta. Il calendario dell'Alta Corte prevede infatti la chiusura del Palazzo di Giustizia fino al 21 maggio. "Uno slittamento a dopo la pausa estiva sarebbe un irragionevole ritardo per la pronuncia sul ricorso", ha commentato un legale del foro di Kochi. La decisione a cui è chiamato il giudice P.S. Gopinathan è estremamente complessa e, secondo gli esperti, rappresenterà un importante precedente nel diritto internazionale marittimo. La tesi italiana è che il reato è stato commesso in acque internazionali al largo della costa del Kerala su una nave battente bandiera italiana e quindi tocca alla procura militare di Roma processare i due marò. Mentre gli indiani sostengono che il crimine è avvenuto a bordo di un peschereccio indiano e che quindi si applica la legge del luogo. Intanto c'é ancora suspense sul fronte della perizia balistica sulle armi dei due fucilieri del San Marco, conclusa la scorsa settimana e già consegnata al giudice istruttore di Kollam. I test condotti nel laboratorio della polizia scientifica di Trivandrum avrebbero identificato due fucili di marca Beretta - tra i sei in dotazione al team anti pirateria del mercantile - che hanno sparato ai pescatori sulla base della compatibilità tra le rigature delle canne e i proiettili recuperati dai cadaveri dei pescatori dopo l'autopsia. Ma i risultati dei test non sono stati ancora visionati dal team legale italiano o dagli esperti del ROS in quanto le indagini della polizia sono ancora in corso. Saranno disponibili, insieme alle altre prove, tra cui l'autopsia, solo quando si aprirà il processo a carico di Latorre e Girone. I due fucilieri dovranno comparire lunedì davanti al magistrato di Kollam per la scadenza dei 14 giorni di carcerazione preventiva ed è probabile che siano rinviati ad altre due settimane di detenzione.
martedì 10 aprile 2012
ENRICA LEXIE: MARO' COLPEVOLI SECONDO TEST BALISTICI
Dopo oltre un mese di suspense, la perizia balistica inchioda i maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti in India per l'uccisione di due pescatori scambiati per pirati. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum ha confermato di aver identificato due fucili usati dai militari italiani a bordo della petroliera Enrica Lexie per sparare contro il peschereccio St.Antony nel pomeriggio del 15 febbraio al largo delle coste del Kerala.
La famosa ''prova del nove'' e' quindi conclusa e il rapporto e' gia' stato consegnato al magistrato di Kollam, che sta istruendo la causa contro i militari italiani. Secondo fonti che seguono l'inchiesta, le indagini della polizia potrebbero pero' durare altre due o tre settimane. E' quindi probabile che i termini di carcerazione giudiziaria che scadono lunedi' siano ulteriormente estesi prima di procedere al rinvio a giudizio.
La notizia e' stata accolta in Italia con estrema cautela dal sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura, secondo il quale per un giudizio approfondito ''c'e' bisogno del rapporto ufficiale, e non di indiscrezioni di stampa''. Il diplomatico italiano, che sta seguendo ogni sviluppo della vicenda, ha aggiunto che "anche qualora, cosa non ancora confermata, si provasse che le pallottole che hanno ucciso i due pescatori fossero italiane, e uguali a quelle usate dalle forze armate italiane, rimane il fatto che, secondo noi, per quello che riguarda i nostri militari italiani, la giustizia deve essere amministrata in Italia''.
La doccia fredda per gli italiani coincide con un nuovo spiraglio di speranza per la partenza della nave ancora ancorata al largo del porto di Kochi con l'equipaggio (5 italiani e 19 indiani) e quattro maro' del team anti pirateria. La Corte Suprema, massimo organo giudiziario indiano che ha sede a New Delhi, ha ammesso oggi un ricorso dell'armatore contro un verdetto dell'Alta Corte del Kerala e convocato tutte le parti in causa, compresa la polizia locale per il prossimo 20 aprile.
A proposito di battaglie legali, in questi giorni (ma non e' ancora stata fissata una data) sempre all'Alta Corte del Kerala e' atteso anche il giudizio sul ricorso italiano che riguarda l'applicabilita' della legge indiana al crimine commesso in acque internazionali e su una nave battente bandiera italiana. La sorte dei maro' e' ormai legata a questa decisione.
Ad anticipare i risultati della perizia era stata stamattina la stampa indiana citando fonti del laboratorio della polizia scientifica di Trivandrum (Fsl) secondo le quali a sparare sono stati due fucili Beretta ARX 160 sequestrati insieme ad altre sei armi a bordo della Enrica Lexie lo scorso 25 febbraio alla presenza di due periti dell'Arma dei Carabinieri.
Sentita al telefono, la responsabile del dipartimento di balistica N.G. Nisha ha confermato i risultati delle prove condotte su otto armi (oltre ai sei fucili Beretta, due mitragliette FN Minimi di fabbricazione belga) e precisato che il rapporto sui test di tiro, la balistica e le impronte digitali e' stato consegnato al magistrato lo scorso 4 aprile. ''Abbiamo potuto identificare le due armi - ha affermato - dopo aver esaminato i proiettili recuperati dai cadaveri delle vittime che sono compatibili con le rigature delle canne di due fucili''. (ANSA).
La famosa ''prova del nove'' e' quindi conclusa e il rapporto e' gia' stato consegnato al magistrato di Kollam, che sta istruendo la causa contro i militari italiani. Secondo fonti che seguono l'inchiesta, le indagini della polizia potrebbero pero' durare altre due o tre settimane. E' quindi probabile che i termini di carcerazione giudiziaria che scadono lunedi' siano ulteriormente estesi prima di procedere al rinvio a giudizio.
La notizia e' stata accolta in Italia con estrema cautela dal sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura, secondo il quale per un giudizio approfondito ''c'e' bisogno del rapporto ufficiale, e non di indiscrezioni di stampa''. Il diplomatico italiano, che sta seguendo ogni sviluppo della vicenda, ha aggiunto che "anche qualora, cosa non ancora confermata, si provasse che le pallottole che hanno ucciso i due pescatori fossero italiane, e uguali a quelle usate dalle forze armate italiane, rimane il fatto che, secondo noi, per quello che riguarda i nostri militari italiani, la giustizia deve essere amministrata in Italia''.
La doccia fredda per gli italiani coincide con un nuovo spiraglio di speranza per la partenza della nave ancora ancorata al largo del porto di Kochi con l'equipaggio (5 italiani e 19 indiani) e quattro maro' del team anti pirateria. La Corte Suprema, massimo organo giudiziario indiano che ha sede a New Delhi, ha ammesso oggi un ricorso dell'armatore contro un verdetto dell'Alta Corte del Kerala e convocato tutte le parti in causa, compresa la polizia locale per il prossimo 20 aprile.
A proposito di battaglie legali, in questi giorni (ma non e' ancora stata fissata una data) sempre all'Alta Corte del Kerala e' atteso anche il giudizio sul ricorso italiano che riguarda l'applicabilita' della legge indiana al crimine commesso in acque internazionali e su una nave battente bandiera italiana. La sorte dei maro' e' ormai legata a questa decisione.
Ad anticipare i risultati della perizia era stata stamattina la stampa indiana citando fonti del laboratorio della polizia scientifica di Trivandrum (Fsl) secondo le quali a sparare sono stati due fucili Beretta ARX 160 sequestrati insieme ad altre sei armi a bordo della Enrica Lexie lo scorso 25 febbraio alla presenza di due periti dell'Arma dei Carabinieri.
Sentita al telefono, la responsabile del dipartimento di balistica N.G. Nisha ha confermato i risultati delle prove condotte su otto armi (oltre ai sei fucili Beretta, due mitragliette FN Minimi di fabbricazione belga) e precisato che il rapporto sui test di tiro, la balistica e le impronte digitali e' stato consegnato al magistrato lo scorso 4 aprile. ''Abbiamo potuto identificare le due armi - ha affermato - dopo aver esaminato i proiettili recuperati dai cadaveri delle vittime che sono compatibili con le rigature delle canne di due fucili''. (ANSA).
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