Pubblicato su Ansa
La condanna a 90 anni di carcere di un anziano leader islamico per crimini di guerra ha sollevato una nuova ondata di violenze e tensioni in Bangladesh, Paese asiatico nato nel 1971 da una sanguinosa guerra con il Pakistan e che solo da un paio di anni ha riaperto questo doloroso capitolo della sua storia. Il 90enne Ghulam Azam, sulla sedia a rotelle, è stato giudicato colpevole di cinque reati, tra cui omicidio e tortura, da un tribunale speciale chiamato "Tribunale Internazionale dei Crimini" e creato nel 2010 dalla premier Sheik Hasina. Gli è stata risparmiata la pena capitale "per via della sua avanzata età" come hanno spiegato i giudici. Le accuse a suo carico sono basate su oltre 60 massacri documentati sulla stampa dell'epoca. L'accusa lo ha paragonato ad Adolf Hitler, ma lui ha respinto la condanna come "politicamente motivata". La sentenza, contenuta in 243 pagine, è stata accolta con rabbia dal principale partito islamico della Jamat-e-Islami, che lo stesso Azam aveva guidato dal 1969 al 2000 fino al ritiro dalla vita politica. Per protesta, il gruppo ha annunciato per domani uno sciopero nazionale. I disordini erano già scoppiati stamane a Dacca e in diverse città con violenti scontri con la polizia e attacchi vandalici a diversi veicoli in strada. Si sono registrati diversi feriti, tra cui anche dei giornalisti. Sono scesi in strada nella capitale anche i gruppi spontanei del "movimento di piazza Shahbag" che lo scorso febbraio protestarono contro la mancata condanna a morte di Abdul Quader Mollah, un altro leader accusato di gravissimi abusi e mandato all'ergastolo. Quella di Azam è la quinta condanna del tribunale speciale di un appartenente alla Jamaat-e-Islami, che all'epoca si era schierato con il Pakistan contro il movimento indipendentista bengalese. Lo stesso Azam si era opposto alla scissione del Bangladesh dal Pakistan perché contrario a una "divisione tra mussulmani". Secondo stime ufficiali del governo di Dacca, nei nove mesi di durata della guerra morirono circa 3 milioni di persone, mentre circa 10 milioni di persone fuggirono in India.
La condanna a 90 anni di carcere di un anziano leader islamico per crimini di guerra ha sollevato una nuova ondata di violenze e tensioni in Bangladesh, Paese asiatico nato nel 1971 da una sanguinosa guerra con il Pakistan e che solo da un paio di anni ha riaperto questo doloroso capitolo della sua storia. Il 90enne Ghulam Azam, sulla sedia a rotelle, è stato giudicato colpevole di cinque reati, tra cui omicidio e tortura, da un tribunale speciale chiamato "Tribunale Internazionale dei Crimini" e creato nel 2010 dalla premier Sheik Hasina. Gli è stata risparmiata la pena capitale "per via della sua avanzata età" come hanno spiegato i giudici. Le accuse a suo carico sono basate su oltre 60 massacri documentati sulla stampa dell'epoca. L'accusa lo ha paragonato ad Adolf Hitler, ma lui ha respinto la condanna come "politicamente motivata". La sentenza, contenuta in 243 pagine, è stata accolta con rabbia dal principale partito islamico della Jamat-e-Islami, che lo stesso Azam aveva guidato dal 1969 al 2000 fino al ritiro dalla vita politica. Per protesta, il gruppo ha annunciato per domani uno sciopero nazionale. I disordini erano già scoppiati stamane a Dacca e in diverse città con violenti scontri con la polizia e attacchi vandalici a diversi veicoli in strada. Si sono registrati diversi feriti, tra cui anche dei giornalisti. Sono scesi in strada nella capitale anche i gruppi spontanei del "movimento di piazza Shahbag" che lo scorso febbraio protestarono contro la mancata condanna a morte di Abdul Quader Mollah, un altro leader accusato di gravissimi abusi e mandato all'ergastolo. Quella di Azam è la quinta condanna del tribunale speciale di un appartenente alla Jamaat-e-Islami, che all'epoca si era schierato con il Pakistan contro il movimento indipendentista bengalese. Lo stesso Azam si era opposto alla scissione del Bangladesh dal Pakistan perché contrario a una "divisione tra mussulmani". Secondo stime ufficiali del governo di Dacca, nei nove mesi di durata della guerra morirono circa 3 milioni di persone, mentre circa 10 milioni di persone fuggirono in India.
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