Il primo ministro indiano Manmohan Singh dovrà sottoporsi a un intervento al cuore secondo quando gli hanno consigliato i medici dopo un test effettuato oggi all’All India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi che ha rilevato un blocco alle coronarie. Il premier-economista che ha 76 anni aveva già subito un’angioplastica quattro anni fa, mentre nel 1990 era stato operato nel Regno Unito per l’impianto di un bypass.
Le condizioni di salute di Singh, che potrebbe essere ricoverato già nei prossimi giorni, hanno sollevato nuovi dubbi sulla possibilità di un secondo mandato nelle elezioni legislative di aprile-maggio. Il partito del Congresso, che dal 2004 guida una coalizione di centro-sinistra, non ha annunciato per ora nessun altro candidato ufficiale al posto di primo ministro lasciando intendere che in caso di vittoria l’economista “dal turbante azzurro” rimarrebbe al timone del Paese. Di recente si sono però fatte insistenti le voci sull’ascesa di Rahul Gandhi, primogenito di Sonia e suo delfino politico, che dal 2007 guida l’ala giovanile del Congresso e che è considerato come il capofila di una nuova generazione di politici più idonea a rappresentare una nazione dove il 50 per cento della popolazione ha meno di 25 anni. Il trentottenne Rahul, eletto in Parlamento nel 2004, è particolarmente popolare nelle vaste campagne indiane soprattutto grazie ai suoi “pernottamenti” a casa di famiglie di “intoccabili”. Un paio di settimane fa il ministro degli esteri Pranab Mukherjee, rispondendo ai giornalisti, aveva detto: “non è lontano il giorno in cui Rahul Gandhi diventerà primo ministro”. Aveva anche tracciato un parallelo con il padre Rajiv, che era salito al potere appena quarantenne dopo l’assassinio della madre Indira. Mukherjee è considerato particolarmente vicino alla famiglia della dinastia dei Nehru-Gandhi che ha dominato la maggior parte della vita politica dell’India moderna. Ma secondo alcune indiscrezioni di stampa il giovane Rahul potrebbe ereditare le redini del potere da Singh dopo un paio di anni di “apprendistato”. La stessa Sonia sarebbe più favorevole a un rinnovo del mandato di Singh, il “tecnico” che lei stessa ha scelto nel 2004 dopo la vittoria elettorale quando rinunciò a ricoprire la poltrona di primo ministro seguendo la sua “voce interiore”. L’economista di Harvard, fautore della prima ondata di riforme di mercato negli anni Novanta, ha una solida reputazione di integrità e onestà politica che lo hanno reso popolare in un Paese dove la corruzione è dilagante. Tra i successi più importanti del quinquennio di Singh spicca l’accordo con gli Stati Uniti sul commercio di tecnologia nucleare che dopo tre decenni di sanzioni permette all’India di entrare a pieno titolo nel ristretto club delle potenze atomiche pur non avendo mai aderito al Trattato di Non Proliferazione.
Secondo alcuni sondaggi, il Congresso appare in vantaggio sul rivale del partito dell’opposizione indo nazionalista del Bjp (Bharatya Janata Party o Partito Popolare Indiano) che ha come candidato l’ottantatreenne Lal Krishna Advani, sostenitore dell’identità indù e beniamino del ceto sociale medio-alto, anche se, di recente, alcuni industriali hanno affermato pubblicamente di preferire il conservatore Narendra Modi, un falco del Bjp al potere in Gujarat, uno degli stati più avanzati dell’India.
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