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Tra una decina di giorni l’India festeggia Diwali, la “festa delle luci”, una delle più importanti del calendario religioso induista dove è tradizione fare scoppiare mortaretti e petardi nelle strade e regalare dolci e frutta secca. Ma dopo 4 anni consecutivi di sbornia consumistica, quest’anno le luci delle candele di Diwali brilleranno un po’ di meno. Il collasso finanziario mondiale si è abbattuto anche sull’India, il gigante asiatico che si sta svegliando dal suo letargo, in un momento in cui il boom economico stava già cedendo il passo sotto il peso di un’inflazione galoppante di oltre l’11 per cento e di una battuta di arresto della produzione manifatturiera che ad agosto è crollata all’1,9 per cento (dal 10,9 per cento dello stesso mese del 2007).
La prima vittima è stata la borsa di Mumbai che dopo l’ultimo scivolone di venerdì risulta dimezzata rispetto all’inizio dell’anno. Il principale indice Sensex è ridisceso dopo due anni sotto la soglia psicologica dei 10 mila punti. I più colpiti dall’orso di Dalal Street (la “Wall Street” di Mumbai) sono i titoli della “vecchia” economia che stavano trainando il miracolo indiano ancor più che il settore informatico e high-tech, ovvero il gruppo Reliance dei litigiosi fratelli Ambani, l’onnipresente conglomerato Tata, i costruttori di DLF, appena arrivati nel listino e la più grande banca, la ICICI. A provocare il terremoto borsistico è stato, come prevedibile, il fuggi fuggi degli investitori istituzionali stranieri, tipo i fondi pensione, che in questi anni avevano “pompato” il mercato spingendolo a dei record storici.
Il risultato è stato devastante soprattutto sui piccoli azionisti che fanno parte dell’emergente classe media che per la prima volta nella storia dell’India si ritrovava con un vero potere di acquisto. I quotidiani indiani, oggi evidenziano il caso di un uomo di Ahmedabad, il capoluogo del ricco stato del Punjub, che ha chiesto il divorzio della moglie casalinga che ha perso in borsa tutti i risparmi, e di un insegnante statale che per la disperazione di aver perso una somma enorme si è suicidato con il veleno in Uttar Pradesh.
Dopo alcuni anni di euforia che hanno spinto la domanda interna di beni di consumo e beni durevoli tipo elettrodomestici, televisioni e veicoli, i consumatori indiani si sono presi paura e stanno ritornando alla tradizionale austerità predicata dal Mahatma Gandhi. In questi giorni di vigilia di festa nei mercati popolari di Nuova Delhi c’è meno folla del solito. Alla crisi si è aggiunta anche la paura delle bombe dopo gli attentati terroristici a catena che hanno colpito la capitale lo scorso 13 settembre. Sono semi deserti anche i negozi delle marche di moda nella popolare Connaught Place o nel rione South Extension, dove gli affitti commerciali avevano raggiunto livelli paragonabili a quello della Fifth Avanue a Manhattan. Così come lo sono anche quelli dei nuovi “mall”, i mega centri commerciali, che stanno spuntando come funghi alla periferia e nei poli tecnologici di Noida e Gurgaon. Si lamentano perfino le gioiellerie che alla vigilia del Diwali erano una delle mete preferite dagli indiani, da sempre sono grandi acquirenti di oro e pietre preziose.
In questi giorni a Delhi ci sono due settimane della moda in contemporanea e la prossima settimana ne inizia un’altra a Mumbai, ma manca il “glamour” delle precedenti edizioni. “La gente non ha più voglia di uscire – dice Tersillo Nataloni, proprietario di un ristorante italiano molto popolare tra gli indiani della classe media – . C’è la paura degli attentati, certo, ma c’è anche l’effetto della crisi che comunque si era fatta sentire già qualche mese fa”.
Il timore è anche quello della perdita di posti di lavoro. Ha fatto scalpore la notizia del licenziamento in tronco di 800 hostess e steward della compagnia aerea privata Jet Airways costretta a un matrimonio di interessi con Kingfisher Airlines, appartenente al re della birra Vijay Mallya, anche lui con qualche problema finanziario. Dopo le proteste del personale davanti all’aeroporto, il patron di Jet, Naresh Goyal ha fatto marcia indietro perché come ha dichiarato in una conferenza stampa “non poteva dormire pensando alle lacrime dei suoi impiegati”. In realtà, secondo speculazioni di stampa, sarebbe intervenuto il ministro dell’aviazione Praful Patel e quindi anche il governo dell’economista Manmohan Singh che il prossimo anno dovrà affrontare le elezioni generali. A causa del caro petrolio e di una concorrenza aggressiva delle compagnie “low cost”, il settore aereo è in profonda crisi e sta cercando di unire le forze e tamponare i bilanci. L’era dei voli a buon prezzo, che ha permesso a milioni di indiani di volare per la prima volta, sembra essere tramontata. Il fortunato slogan coniato da Kingfisher, “Flying the Good Times”, impresso su tutti gli aerei della flotta oggi suona più amaro che mai.
sabato 18 ottobre 2008
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