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Il governo di Manmohan Singh dovrà affrontare nei prossimi due mesi un mini test elettorale in cinque stati, tra cui quello della capitale Nuova Delhi. Per il partito del Congresso guidato dall’italo-indiana Sonia Gandhi si tratta di un banco di prova determinante per verificare la tenuta della maggioranza in vista delle elezioni generali del maggio 2009.
La coalizione di centro-sinistra, salita al potere nel 2004 con un programma politico antipovertà, si trova in difficoltà a causa del rischio di recessione economica, del rincaro dei generi alimentari e della catena di attentati terroristici degli ultimi mesi nei mercati di Jaipur, di Ahmedabad e per due volte a Nuova Delhi. Il governo ha anche perso il supporto dei partiti comunisti che lo scorso luglio hanno abbandonato la coalizione perché contrari all’accordo sul nucleare civile appena concluso con gli Stati Uniti.
L’opposizione del Bjp, il Bharatya Janata Party (Partito Indiano del Popolo), che si ispira a un’ideologia indu nazionalista e promuove una maggiore liberalizzazione economica, si trova con molte frecce nel suo arco. Il candidato a primo ministro, l’anziano leader Lal Krishna Advani ha già iniziato una dura campagna elettorale contro il governo denunciando la sua impotenza a garantire la sicurezza dei cittadini e l’incapacità a sradicare le organizzazioni islamiche estremiste legate al Simi, il Movimento Islamico Studentesco, un movimento clandestino sospettato di essere il mandante delle recenti stragi.
A dover rinnovare i parlamenti locali nel periodo tra il 14 novembre e 4 dicembre sono cinque stati. Tre di questi, il Rajasthan, Madhya Pradesh e il Chattisgarh (dove è attiva la guerriglia maoista) sono attualmente governati dal Bjp. Il voto si tiene poi nel piccolo Mizoram, uno degli stati del nord est, retto da un partito regionale e a Delhi, stato laboratorio del Congresso guidato dalla veterana Sheila Dikshit.
Nelle ultime elezioni locali, il partito di Sonia Gandhi ha subito una débacle perdendo ben nove degli undici Stati andati alle urne dal gennaio del 2007.
Nel voto autunnale era previsto anche lo stato di Jammu e Kashmir, che comprende la regione himalayana contesa da oltre mezzo secolo e che ha scatenato 4 guerre con il Pakistan. Ma è stato rimandato a causa dei gravi disordini scoppiati durante l’estate a causa dell’assegnazione di terra ai pellegrini indù diretti alla grotta sacra di Amarnath, che sorge in una vallata non distante da Srinagar. I separatisti kashmiri, che hanno ritrovato una nuova unità e anche nuova linfa per la causa indipendentista, avevano comunque deciso di boicottare le urne.
Sullo sfondo di questo mini test anticipato ci sono poi le persecuzioni anti cristiane in Orissa che stanno mettendo a dura prova il modello di convivenza religiosa ed etnica dell’India promosso dal Congresso, lo storico partito della dinastia Nehru-Gandhi. A fomentare le violenze contro la minoranza cristiana sono dei gruppi di fanatici, come il VHP (Consiglio Mondiale Hindu) o il Bajrang, che sono affiliati allo stesso Bjp e si nutrono della sua ideologia dell’”Hindutva”, l’identità nazionale indiana basata sulla religione induista, che ha come suo principale sostenitore Narendra Modi, il controverso leader dello stato del Gujarat dove nel 2002 si sono verificati i pogrom antimussulmani.
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