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E’ stato uno degli attentati più sanguinosi della lunga storia di violenze in Assam, lo stato nord orientale indiano famoso per le piantagioni di te, ma anche per una guerriglia separatista che da oltre 20 anni si batte contro il governo centrale di Nuova Delhi. Secondo un bilancio ancora parziale oltre 62 persone sono morte e circa 300 sono state ferite in una decina di esplosioni a catena che stamattina dopo le 11 ora locale hanno seminato morte e terrore nei mercati della capitale assamese Guwahati e in altre tre città a centinaia di chilometri di distanza. Le bombe, a base del composto chimico RDX, sono state piazzate per la maggior parte su automobili e fatte scoppiare in un arco di tempo di 15 minuti l’una dall’altra. Proprio questa precisione e abilità farebbe pensare che dietro l’attacco ci sia una nuova regia meglio organizzata che quella dell’ULFA (Fronte Unito di Liberazione dell’Assam), la sigla che in passato ha firmato quasi tutti gli attacchi esplosivi in Assam e negli altri piccoli stati del turbolento nord est indiano. Gli stessi guerriglieri separatisti si sono affrettati quasi subito a negare ogni responsabilità accusando le “forze di occupazione” indiane di aver orchestrato gli attacchi.
Chi ci sarebbe quindi dietro la nuova strage che giunge pochi mesi dopo quelle di matrice islamica ai mercati di Nuova Delhi, di Ahmedabad, in Gujarat e di Jaipur, la “città rosa” del Rajasthan? Per ora ci sarebbero solo speculazioni, tra cui quella più accreditata per ora di una fazione di “ribelli” dell’Ulfa, fuoriusciti dall’organizzazione e nascosti nel vicino Bangladesh. Fonti dell’intelligence indiana hanno detto che la ‘nuova Ulfa” avrebbe deciso ora di passare al “terrore urbano” non colpendo come prima più obiettivi specifici, come gasdotti e oleodotti, depositi di carburante e soprattutto immigrati “non assamesi”, ma passando a una “strategia della tensione” simile a quella usata dai gruppi integralisti che si rifanno ad Al Qaeda.
Dopo il fallimento dei negoziati di pace nel 2006, il governo di Nuova Delhi avrebbe adottato una nuova strategia tentando di creare spaccature tra i ribelli. Alcuni “battaglioni” dell’Ulfa avrebbero avviato un dialogo arrivando anche a un cessate il fuoco, mentre altri sarebbero decisi a continuare la lotta armata approfittando del poroso confine con il Bangladesh e delle pessime relazioni tra Dacca e Nuova Delhi.
Era tuttavia già da qualche mese che in Assam la tensione era alta a causa di scontri tra la comunità indù e la minoranza mussulmana costituita da immigrati del Bangladesh. Il governo aveva schierato truppe paramilitari per porre fine alle violenze che avevano provocato oltre 50 morti in tre distretti settentrionali. Le ostilità erano tra il gruppo tribale Bodo, che da anni guida la guerriglia separatista, e la numerosa comunità degli immigrati bangladesi spesso accusati di sottrarre posti di lavoro e di alterare l’equilibrio demografico.
giovedì 30 ottobre 2008
Assan, bombe a catena firmate da "nuova" ULFA?
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