mercoledì 5 novembre 2008

Obama, i pro e contro per l'India

Su Apcom
La vittoria di Barack Obama è stata accolta tra luci e ombre in India, uno dei Paesi che ha tratto più beneficio dalla politica estera di George Bush culminata con l’accordo di cooperazione sul nucleare civile siglato alla metà di ottobre. Il futuro inquilino della Casa Bianca - che ha come amuleto portafortuna un piccolo Hanuman, il dio scimmia e ha un ritratto del Mahatma appeso alle pareti dell’ufficio da senatore - ha suscitato una certa apprensione negli ambienti diplomatici di Nuova Delhi soprattutto per alcune dichiarazioni riguardo il Kashmir. In un’intervista la scorsa settimana Obama aveva ipotizzato un maggiore ruolo degli Stati Uniti per trovare una soluzione alla disputa sul Kashmir che da oltre mezzo secolo è al centro dell’ostilità tra India e Pakistan e che costituisce un elemento di costante attrito nell’intera regione sud asiatica. Se, come sembra, il neo presidente vorrà cambiare strategia nella lotta al terrorismo islamico, avrà bisogno della collaborazione dei governi di Afghanistan, Pakistan e anche dell’India, anch’essa vittima del fondamentalismo islamico come dimostrano gli attentati a catena degli ultimi mesi. A Islamabad siede ora un governo democratico guidato dal partito dei Bhutto, che a differenza del regime di Pervez Musharraf, sembrerebbe più conciliante sul fronte del Kashmir e anche sulla cooperazione con il governo di Kabul per riappacificare i confini del nord ovest dove serpeggia il malcontento a causa dei raid americani. Mentre la tradizionale posizione del Pakistan sulla contesa del Kashmir è sempre stata quella di un coinvolgimento dell’Onu o di potenze occidentali, l’India ha sempre rifiutato categoricamente l’intervento di “terze parti” ribadendo che si tratta di una questione interna. Difficile per ora intravedere un cambio di linea in futuro. I separatisti kashmiri hanno esultato per il successo di Obama da cui sperano di poter ricevere un aiuto per la loro causa. In un’intervista alla rivista “Time” il senatore democratico ha lasciato intendere di volere affidare a Bill Clinton il ruolo di “inviato speciale” per il subcontinente. L’ex presidente era già intervenuto durante la mini guerra scoppiata sulla linea di demarcazione di Kargil nell’estate del 1999.
Un'altra preoccupazione che potrebbe turbare i sonni dei leader di Nuova Delhi, è la questione dell’outsourcing. Tra le promesse elettorali di Obama c’è quella di concedere incentivi alle aziende che creano posti di lavoro in patria invece di trasferire i call-center o altri servizi informatici nei Paesi emergenti a basso costo come l’India. In un periodo di recessione mondiale, una svolta protezionista americana rischierebbe di avere gravi conseguenze sul settore trainante dell’Information Tecnology, dominato in gran parte dalle multinazionali americane. Il ministro delle finanze Chidambaram ha però oggi buttato acqua sul fuoco assicurando che “il settore dell’outsourcing non subirà conseguenze”. “Sono convinto – ha detto – che una volta Obama salirà al potere si renderà conto che non si può prescindere dall’interdipendenza economica”. Secondo la Camera di Commercio Indo-Americana ci si aspetta un’ulteriore crescita dell’interscambio che quest’anno toccherà i 60 miliardi di dollari.
Le relazioni tra India e Usa non sono mai state così fiorenti grazie al nuovo accordo sul nucleare che permetterà a Nuova Delhi di importare centrali atomiche e tecnologia “dual use” prima vietata a causa delle sanzioni imposte in seguito ai test nucleari del 1977 e del 1998. L’India non aderisce al Trattato di Non Proliferazione e questa eccezione, fortemente sostenuta da Bush, ha creato un pericoloso precedente nel quadro giuridico internazionale della non proliferazione. Il Pakistan, anch’esso un “pariah” del nucleare, ha già rivendicato uno stesso trattamento rivolgendosi all’alleato cinese. La forte lobby anti proliferazione dei democratici americani non potrà rimettere in discussione il trattamento speciale dell’India contenuto in una legge già firmata da Bush, ma potrebbe fare più pressione per convincere l’India ad aderire al trattato che vieta i test nucleari (CTBT, Comprehensive Test Ban Treaty). Obama ha assicurato che gli Usa firmeranno il CTBT.
Nonostante le ombre, la vittoria elettorale definita “straordinaria” dall’anziano premier Manmohan Sigh (anche lui in scadenza di mandato e che si è complimentato per “l’energia giovanile” del quarantasettenne Obama) è vista con soddisfazione dai 140 milioni di mussulmani indiani che sperano in una politica estera meno aggressiva che ha portato a sentimenti di ostilità nei confronti della potenza americana. La nuova strategia di Obama per una “soft diplomacy” che richiede meno uso della forza e più collaborazione, coincide anche con l’idea di Nuova Delhi di un nuovo ordine multipolare, più equilibrato e pronto a unire le forze per risolvere le crisi internazionali.

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