lunedì 17 novembre 2008

Ritornano in 200 convertiti della tribù perduta d'Israele

Circa 200 persone appartenenti alla comunità indiana Bnei Menashe, ritenuti discendenti di una delle tribù perdute d’Israele, hanno ricevuto il permesso di immigrare in Israele. Dopo aver ottenuto il via libera dal governo potranno volare a gennaio a Tel Aviv dove saranno ricevuti con tutti gli onori dal primo ministro Ehud Olmert, secondo una fonte ufficiale.
La decisione è frutto di un controverso processo di “riconoscimento” dei Bnei Menashe, letteralmente i figli di Manasse (uno dei figli del patriarca Giuseppe), che vivono nei piccoli e isolati stati indiani nord orientali del Manipur e Mizoram e che praticano una sorta di antico ebraismo rispettando alcune tradizioni come la celebrazione del sabato e la circoncisione. Sulla base di ricerche e anche della prova del DNA, le autorità israeliane erano giunte alla conclusione che si tratta dei discendenti di una delle 10 tribù perdute del regno di Israele esiliate dai conquistatori assiro-babilonesi circa 2700 anni fa. La comunità conta circa 9 mila persone, di cui 1500 sono già immigrati in Israele dove si sono convertiti e hanno acquisito un nuovo passaporto. Altri 7000 Bnei Menashe sono ancora in attesa del riconoscimento del diritto di “alihah” (diritto di ritorno) che consentirebbe loro di lasciare i poveri villaggi dove vivono ed essere integrati nella più benestante società israeliana.
Nel 2005 una speciale commissione di rabbini inviata dalle autorità israeliane era giunta in India per convertire all’ebraismo ortodosso la comunità dei Bnei Menasce (che avrebbe anche ramificazioni nel vicino Myanmar) dopo aver riconosciuto l’autenticità delle loro antiche origini ebraiche.

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