Sul numero in edicola di Famiglia Cristiana
Dal 16 aprile oltre 714 milioni di indiani si recheranno alle urne per rinnovare i 543 seggi del Lok Sabha, la camera bassa del parlamento di New Delhi. In realtà non dovranno imbucare una scheda, ma solo premere un tasto di una macchinetta elettronica. La lunga maratona elettorale che terminerà con lo spoglio del 16 maggio, è la quindicesima nella storia della più grande democrazia del mondo sorta 62anni fa dalle ceneri del Raj britannico. Mai come questa volta i destini politici saranno legati ai giovani sotto i 35 anni che rappresentano un quarto dell’elettorato. E mai come questa volta il complesso mosaico di caste, equilibri regionali e anche religioni segnerà la marcia dell’elefante indiano impantanato nelle paludi della crisi economica e del terrorismo islamico di matrice pachistana. I pogrom contro i mussulmani del Gujarat nel 2002 e le violenze contro i cristiani in Orissa scoppiate nell’agosto scorso sono le spie di un malessere che si agita nella maggioranza induista che rappresenta oltre l’80%. Lo storico partito del Congresso, ereditato da Sonia Gandhi e al governo negli ultimi 5 anni, è il custode dei diritti delle minoranze etniche e religiose sanciti dalla Costituzione, ma negli ultimi due decenni il suo potere si è eroso sotto la spinta della destra indù del Bjp (Bharatiya Janata Party o Partito Popolare Indiano) e dei nuovi poteri periferici. Queste elezioni saranno dominate molto probabilmente dal Terzo e Quarto Fronte, le alleanze trasversali di influenti e ambiziosi leader regionali che sono riusciti a canalizzare la disaffezione verso il Congresso rimasto fermo ai tempi di Indira Gandhi. La sfida principale arriva da Kumari Mayawati, la regina dei “dalit”, gli ex intoccabili, che governa l’Uttar Pradesh, lo stato più popoloso con 190 milioni di abitanti e dove sorge la “ground zero” dello scontro tra indù e mussulmani culminato con la distruzione nel 1992 di una moschea nella città sacra di Ayodhya. L’ottantaduenne Lal Krishna Advani, leader del Bjp e candidato premier, è oggi costretto a mediare tra l’”hindutva”, agenda nazionalista nata con Ayodhya e la lobby degli industriali che appoggia il suo delfino, Narendra Modi, leader del Gujarat e “persona non grata” negli Stati Uniti. La comunità cristiana - il 2,5 per cento ma con un grande impatto sull’istruzione – è particolarmente vulnerabile in caso di un ritorno al potere del Bjp che rinfocolerebbe l’intolleranza religiosa, in particolare contro la Chiesa accusata di convertire a forza i gruppi tribali e i ceti più poveri.
domenica 12 aprile 2009
ELEZIONI 2009, tra caste, religioni e nazionalismo
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