venerdì 3 aprile 2009
ELEZIONI 2009, il Bjp rispolvera l'agenda dell'Hindutva
Il volto di Atal Bihari Vajpayee, l’ex primo ministro che nel 2004 è stato sconfitto da Sonia Gandhi campeggia nel manifesto dietro il palco accanto a Lal Krishna Advani, l’ultraottantenne delfino politico che ha ereditato la guida della destra indù. Ma a causa delle sue condizioni di salute l’anziano Vajpayee non è presente sotto il tendone tricolore dove oggi il partito indù nazionalista del Bjp ha presentato il suo programma politico in vista delle elezioni del 16 aprile-13 maggio.
Dopo 4 anni di opposizione la destra indù lancia la sua sfida basata sul sostegno alla classe media emergente, su misure più severe per combattere il terrorismo e sulla filosofia dell’”hindutva”, la protezione dell’identità e della religione induista. Il Congresso ha già replicato nel pomeriggio. Il ministro della scienza, Kapil Sibal, candidato del Congresso per la circoscrizione di Chandni Chowk, il centro storico di Delhi, ha detto che il manifesto “non è in sintonia con l’India” e che “il Bjp ha ancora una volta perso la sua strada”.
La battaglia elettorale per il rinnovo del 15esimo Lok Sabha (la camera bassa) terminerà con lo spoglio del 16 maggio, ma il clima è già rovente tra i due maggior partiti. Da una parte c’è il Congresso, laico e orientato a centro-sinistra, legato alla dinastia dei Nehru-Gandhi e favorito dai ceti rurali e dalle minoranze religiose. Dall’altra parte, il partito indù nazionalista Bjp (Bhraratya Janata Party o Partito Popolare Indiano) che gode dell’appoggio della classe medio alta e degli industriali. In mezzo ci sono una miriade di litigiosi partiti regionali pronti a giocare il ruolo da ago della bilancia Nelle ultime elezioni il Congresso ha conquistato 145 seggi (su un totale di 543) seguito dal Bjp con 138 seggi. In termini di consenso nazionale il partito di Sonia Gandhi conta oltre 103 milioni di voti (27%) mentre l’opposizione aveva totalizzato 86 milioni di voti (22%). Entrambi per governare hanno bisogno di entrare in alleanze.
Nel 2004 quasi tutti i sondaggi davano per vincente il Bjp che allora aveva come slogan “India Shining” (“India splendente”, per il boom economico che aveva iniziato a prendere piede soprattutto nel campo dell’informatica). Il partito di Vajpayee non aveva però fatto i conti con le grandi masse delle campagne indiane, ovvero con quel 41% che vive al di sotto della soglia della povertà e che non ha mai raccolto i benefici della nuova prosperità che ancora oggi tocca principalmente le metropoli. Il Congresso, storicamente legato all’”aam admi” (“l’uomo della strada”) ha quindi fatto leva sull’insoddisfazione dei ceti deboli e anche sul risentimento delle minoranze religiose, come i mussulmani che rappresentano il 13,4% del totale della popolazione.
Nel programma politico presentato oggi la filosofia dell’”Hindutva” occupa una posizione di rilievo. Sotto la voce “Difesa della civiltà” si legge che il Bjp rimane legato all’impegno di costruire un “grande” tempio dedicato al dio Ram nella città sacra di Ayodhya, dove nel 1992 i fanatici indù distrussero mattone dopo mattone una moschea del 1600 scatenando un’ondata di violenza in tutto il Paese. Tra gli altri punti la revoca dello statuto speciale dello stato del Jammu e Kashmir, il “revival” ecologico del fiume sacro del Gange e la tutela delle vacche, che significa soprattutto estendere il divieto di macellazione oggi presente in molti stati indiani.
Sul fronte fiscale il Bjp prevede un’esenzione dell’imposta sul reddito per le classi lavoratrici e per gli anziani. Niente tasse anche per ben 2 milioni di soldati. Il tasto della sicurezza nazionale è centrale per l’opposizione che ha accusato il governo di Manmohan Singh di essere stato incapace a gestire l’emergenza dell’attentato di Mumbai del 26 novembre scorso. Il Bjp auspica l’entrata in vigore di nuove misure antiterrorismo e il completamento della “cortina di ferro” con il Bangladesh per impedire l’immigrazione clandestina.
E’ curiosa anche la promessa, elencata nel capitolo “Precedenza ai poveri” di garantire 35 chili di riso al mese al prezzo sovvenzionato di 3 rupie al chilo (mezzo centesimo di euro) per le famiglie al di sotto della soglia della povertà. Dieci chili in più e una rupia in meno di quanto promesso dal manifesto del Congresso.
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