mercoledì 20 agosto 2008

la dea bambina di Kathmandu dovrà andare a scuola


Su Apcom
La “dea bambina” di Kathmandu dovrà andare a scuola. A deciderlo è stata una sentenza della Corte Suprema, il massimo organo giudiziario nepalese, che ha raccolto una petizione di un gruppo di avvocati preoccupati per le condizioni di vita della “Kumari” reale, la bimba che vive segregata in uno storico palazzo e che secondo la tradizione induista sarebbe un’incarnazione della dea dell’energia Durga. I giudici nepalesi avrebbero chiesto al nuovo governo guidato dai maoisti di prendere le necessarie misure per proteggere i diritti della minore.
Il culto della Kumari è vecchio di secoli ed è strettamente legato alla defunta monarchia in quanto è la “dea bambina” che legittimava il potere del sovrano con un simbolo religioso sulla fronte. Ma dopo la vittoria nelle elezioni di aprile dei ribelli maoisti di Prachanda, diventato ora primo ministro e la trasformazione del regno himalayano in repubblica, anche questo antico rito rischia di andare in soffitta.
Secondo quanto riferito da portavoce della Corte Suprema, “la Corte ha deciso che non ci sono documenti storici o religiosi che giustificano che la bambina debba essere privata del diritto dell’istruzione e della libertà di movimento. Non è giusto che sia privata di questi diritti solo perché è la Kumari”. In realtà già in passato la “dea bambina” aveva sollevato numerose polemiche tra coloro che si occupano della difesa dei diritti dei minori. In particolare, la complessa procedura di selezione della bambina, che proviene dalla casta buddhista degli Shakya, è vista come una “pratica medioevale”. La Kumari deve possedere 32 “perfezioni”, una pelle intatta da cicatrici o ferite e un completo controllo delle sue emozioni. Le candidate, di età tra i tre e quattro anni, devono superare una serie di prove, tra cui quelle di passare una notte senza piangere in una stanza buia piena di teste mozzate di bufali e capre. La nomina spetta al sacerdote della famiglia reale, una figura che ora non esiste più. La sua “aurea divina” si esaurisce con l’arrivo delle mestruazioni e per le ex Kumari è poi difficile trovare marito, secondo una credenza popolare che le considera portatrici di sventura.
Reagendo alla sentenza della Corte Suprema, Rajan Maharjan, che fa parte del “comitato di gestione” del palazzo della Kumari, si è difeso dicendo che “una maestra viene ogni giorno a istruire la bambina” e ha negato l’accusa di tenerla prigioniera. “Ha tre ore al giorno in cui può incontrare visitatori” ha aggiunto. L’attuale Kumari reale di Kathmandu è Preeti Shakya di nove anni, ma ne esistono altre due a Patan e Bhaktapur, le capitali degli altri due antichi regni medioevali, che però non vivono confinate in un palazzo, ma con la famiglia. Quella di Bhaktapur, a 15 chilometri da Kathmandu, aveva fatto parlare di se l’anno scorso quando aveva intrapreso un viaggio negli Stati Uniti, che secondo le autorità religiose avevano compromesso la sua “purezza” e per questo era stata costretta a un ritiro anticipato.

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