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L’oscuramento di un canale televisivo, le dimissioni del ministro dell’informazione, la giornalista Sherry Rehman, e la prova di forza del presidente Asif Ali Zardari che da oggi ha schierato l’esercito a Islamabad per impedire la massiccia protesta dei giudici e dell’opposizione di Nawaz Sharif. A distanza di un anno dalla cosiddetta “svolta democratica” il Pakistan sembra di nuovo precipitare nel caos e nell’instabilità politica. La vecchia rivalità tra Zardari, marito di Benazir Bhutto, a capo del Partito Popolare Pachistano (Ppp) e l’ex alleato Nawaz Sharif, ex premier ritornato dall’esilio, covava sotto la cenere e ora è riesplosa con la nuova marcia dei giudici che lunedì dovrebbero raggiungere la capitale. Sfidando il divieto del governo e gli arresti, migliaia di magistrati e avvocati starebbero confluendo da ogni provincia chiedendo a gran voce la riabilitazione dei rappresentanti della Corte Suprema e del giudice Iftikar Chaudhry esautorati da Pervez Musharraf nel novembre del 2007. Una simile mobilitazione, nell’agosto dello scorso anno, costrinse lo stesso Musharraf a dimettersi dopo nove anni di regime militare. Dopo aver rifiutato una proposta di “riconciliazione” con Sharif sollecitata da Stati Uniti e Regno Unito, Zardari sarebbe deciso a usare il pugno di ferro per reprimere le manifestazioni. La polizia ha disperso oggi un corteo di 1500 persone a Multan, nella provincia del Punjub, roccaforte del Sharif e del fratello, che hanno deciso di lanciare la “lunga marcia” dopo una sentenza della Corte Suprema che li estrometteva dalle cariche pubbliche.
In questa situazione di stallo politico, si potrebbero aprire nuovi spazi di manovra per l’esercito, che è stato il vero protagonista nella maggior parte della storia del Pakistan. Secondo alcune indiscrezioni di stampa, il capo di stato maggiore, il generale Ashfaq Parvez Kayani, un fedele del Ppp e alleato degli Usa, avrebbe dato un ultimatum a Zardari per disinnescare la crisi entro il 16 marzo, che guarda caso è anche la data prevista del sit-in dei giudici davanti al Parlamento di Islamabad.
“Non penso sia possibile un golpe come quello di Musharraf del ’99 – dice Vinod Sharma, vicedirettore del quotidiano Hindustan Times, intervistato da Apcom - La crisi con il governo democratico non si è deteriorata come quella di allora tra Musharraf, reduce dalla sfortunata avventura della guerra di Kargil, e l’allora primo ministro Nawaz Sharif. In realtà Kayani sta già gestendo la situazione e l’attuale crisi lo rende ancora più potente”. C’è anche un’altra differenza ed è quella della Casa Bianca che ha bisogno dell’alleato Pakistan per la lotta al terrorismo islamico, oggi più che mai vista l’avanzata dei talebani dopo gli accordi di pace nella valle di Swat. “Gli Stati Uniti stanno monitorando da vicino la crisi minuto dopo minuto – aggiunge – e il generale Kayani non può fare nulla senza il consenso di Washington. Corre voce che gli Stati Uniti gli abbiano già impedito di organizzare un golpe”.
La Casa Bianca ha fatto bene i suoi conti e Zardari risulta oggi l’unica “colomba” in mezzo ai “falchi”, anche se non ha onorato le sue promesse (ristabilire i giudici della Corte Suprema e limitare i poteri presidenziali) e nonostante il suo passato di corruzione che gli ha valso il soprannome di “mister 10 per cento”.
Secondo Sharma, “è anche l’unico politico della provincia del Sindh in mezzo a una marea di “punjabi”. “La sua presenza è quindi necessaria “per garantire un equilibrio” di poteri a Islamabad.
Le vendette politiche e la frammentazione dei poteri in un Paese “artificiale con confini tracciati a caso” come notava un altro commentatore, Rajinder Puri, sul settimanale Outlook, potrebbero portare a una “balcanizzazione” del Pakistan. Dopo l’attacco del 3 marzo contro la nazionale di cricket srilankese a Lahore, qualcuno in India aveva parlato di “Somalia del Sud dell’Asia”.
Lo stesso Zardari aveva ammesso in un’intervista il pericolo di una talebanizzazione, ma paradossalmente “ora sta indebolendo coloro che stanno cercando di fermare i talebani” dice ancora Sharma che è convinto che la crisi attuale non farà che rafforzare le frange estremiste presenti nell’esercito. Come afferma Puri: “Il Pakistan deve creare un sincero consenso a livello nazionale per combattere il nemico globale del terrorismo”.
sabato 14 marzo 2009
ANALISI - Vinod Sharma: "crisi Zardari-Sharif rafforza esercito"
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