venerdì 13 marzo 2009

REPORTAGE - Angelo Falcone, “Pensavo di farla finita, ma ora sto bene”


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NAHAN (Himachal Pradesh) - Non c’é una stanza delle visite nella prigione di Nahan, un paesone alle pendici dell’Himalaya, dove é detenuto Angelo Falcone condannato a dieci anni di carcere insieme all’amico Simone Nobili con l’accusa di detenzione e spaccio di 18 chili di hashish. Dopo aver attraversato due pesanti cancelli si entra nella portineria dove ci sono anche gli uffici amministrativi. Alle pareti azzurre scrostate dal tempo e dall’umiditá ci sono i ritratti ingialliti del Mahatma Gandhi e di Jawaharlal Nehru. Su una lavagna c’é scritto con un gessetto che ci sono 267 detenuti. Piú in là in rosso c’é una citazione in hindi del filosofo inglese John Locke sugli uomini che sbagliano perché “tentati dall’interesse o dalla passione”.
I secondini che compilano il registro dei visitatori si mettono in mostra con qualche parolaccia in italiano imparata da chi è passato di qui.
Quando arriva Angelo ci fanno sedere su una coperta di lana stesa sul pavimento. Rispetto all’ultima visita, lo scorso luglio, quando era nella prigione di Mandi, in attesa di giudizio, sembra più in salute. “Sto bene, i forti dolori alla gambe che avevo sono andati via grazie all’aiuto di un amico, non prendo più medicine e ho ricominciato a mangiare”. E’ un sollievo perché lo scorso autunno quando aveva ricevuto l’ultima visita dei funzionari dell’ambasciata italiana di Nuova Delhi, le sue condizioni di salute erano allarmanti. “Ero disperato non sapevo più cosa fare – dice – non riuscivo quasi a camminare, ero in uno stato di depressione, non riuscivo a parlare con la mia famiglia, avevo voglia di farla finita”. I contatti con l’esterno sono proibiti nelle principali prigioni dell’Himachal Pradesh. Angelo può solo comunicare via lettera o via fax (“c’é qualcuno che ogni tanto va fuori a spedirlo”). Secondo il padre, Giovanni, ex carabiniere - che sta portando avanti con un blog una campagna a favore dei detenuti italiani all’estero - la mancanza di contatti con l’esterno é una grave violazione dei diritti umani.
L’odissea del cuoco di 27 anni di Bobbio, nel piacentino, iniziata due anni fa durante la sua prima vacanza in India, sta sollevando l’attenzione di esponenti politici, come i Radicali Italiani e anche di giornali e televisioni.
Ma tra le alte mura di cemento del carcere di Nahan, la speranza di Angelo é appesa all’appello presentata dalla difesa (ma anche dall’accusa che chiede una maggiorazione della pena). Non é ancora stata fissata una data per l’udienza. Dopo la condanna in primo grado a 10 anni di reclusione più una multa, la famiglia Falcone si é affidata a uno dei più famosi - ma anche costosi - studi legali di Nuova Delhi che di recente ha ottenuto l’assoluzione di 4 ragazzi italiani anche loro coinvolti in una storia di droga.
“Da quando sono ritornato in forza ho ricominciato a scrivere e a disegnare – dice Angelo che ha chiesto di poter stare in una cella a due letti che condivide con l’amico. “A differenza di quello che si potrebbe immaginare per un Paese come l’India, é abbastanza pulito. Ogni giorno i materassi sono disinfettati, possiamo comprare e cucinare il nostro cibo e abbiamo una biblioteca”.
Alla fine dell’incontro, durato oltre i 20 minuti consentiti, aggiunge: “Quando torno in Italia voglio sposarmi e stare con la mia famiglia a Bobbio. La prigione mi ha fatto vedere le cose sotto una luce diversa. Non potrò fare la stessa vita di prima. Ho capito che molte cose, come le auto o vestiti firmati, sono insignificanti e mentre prima le cercavo ora penso proprio di poterne fare a meno”.

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