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Varun Gandhi, il nipote ribelle di Indira Gandhi, è stato arrestato stamattina per i commenti razzisti e antimussulmani contenuti in un suo comizio tenuto nel collegio di Pilibhit, nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh dove è candidato per le prossime elezioni generali che inizieranno il 16 aprile. Varun, 29 anni, milita nelle file per il partito indù- nazionalista del Bjp (Bharathya Janata Party).
Dopo essersi presentato spontaneamente ai magistrati di Pilibhit, è stato sottoposto a custodia cautelare fino a lunedì. Centinaia di sostenitori l’hanno accompagnato in corteo fino al tribunale sventolando bandiere arancioni e tridenti, simbolo del dio Ram. Alcuni dimostranti sono rimasti feriti in tafferugli e sassaiole con la polizia. Prima di arrendersi alle autorità giudiziarie, Varun ha detto ai giornalisti di essere vittima di un “complotto” che è stato montato contro di lui e di “credere nei propri principi ed essere pronto a battersi per difenderli”.
In due occasioni diverse, davanti alle telecamere, il giovane Gandhi aveva insultato la comunità mussulmana e minacciato di “tagliare le mani” a coloro che avrebbero colpito gli indù.
Le dichiarazioni avevano sollevato un fuoco di critiche da parte del partito del Congresso e anche dei cugini Rahul e Priyanka (figli di Sonia) che lo hanno accusato di tradire i principi della famiglia. Secondo Kapil Sibal, uno dei veterani del Congresso, “l’arresto di Varun rappresenta una messa in scena organizzata da Advani”, l’ultraottantenne leader del partito indu-nazionalista e principale rivale del premier Manmohan Singh per la poltrona di primo ministro.
L’arresto di Varun rischia di creare nuova tensione tra gli induisti e la minoranza mussulmana (il 14% della popolazione) in Uttar Pradesh, lo stato dove sorge Ayodhya, dove nel 1992 i radicali indù hanno distrutto una moschea scatenando un’ondata di violenza e attentati in tutto il Paese.
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