Il Dalai Lama ha accusato il governo cinese di spiare i messaggi di posta elettronica del suo ufficio a Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio. In una affollata conferenza stampa ieri a Delhi , in occasione del 50 esimo anniversario della sua fuga in India, il leader spirituale dei tibetani ha raccontato di come le comunicazioni via e-mail tra il suo ufficio sulla collina di Mc Leodganj e la segreteria centrale del governo siano intercettate. In un caso specifico le autorità cinesi sarebbero intervenute per impedire che un visitatore ottenesse il visto di ingresso in India. La scorsa settimana un centro studi canadese aveva rivelato che una rete di pirati informatici cinesi spiava i computer di oltre 100 paesi e anche di quelli dei tibetani in esilio. Notizia seccamente smentita da Pechino.
Il Dalai Lama, che si è definito “figlio dell’India”, Paese dove è nato il buddismo, ha poi accusato Pechino di propagandare una realtà falsificata in Tibet e ha sfidato il governo di cinese chiedendo che lasci entrare liberamente i giornalisti e osservatori imparziali in modo che verifichino la disperata situazione dei diritti umani di 6 milioni di abitanti. “Se risulta che i tibetani sono contenti come i cinesi vogliono fare intendere – ha detto - allora siamo pronti ad abbandonare la nostra battaglia”
martedì 31 marzo 2009
Dalai Lama: i nostri computer di Dharamsala sono spiati dai cinesi
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