giovedì 26 marzo 2009

Lusso, i marchi italiani puntano ancora su India


Le grandi firme mondiali del lusso, tra cui Zegna, Armani, Cavalli, si sono riunite a Nuova Delhi per studiare nuove strategie per sopravvivere alla recessione mondiale. L’occasione è stato il convegno annuale organizzato dall’International Herald Tribune” significativamente intitolato “Sustainable luxury” a cui hanno partecipato alcuni dei protagonisti del settore, tra cui Francois-Henri Pinault, presidente del colosso francese PPR e Mohan Murjani, il re indiano della griffe che ha accordi di distribuzione con Tommy Hilfinger, Jimmy Choo, Gucci, Kalvin Clain, per citarne alcuni.
Visto il momento di grande incertezza, nessuno è in grado di fare previsioni per il futuro, ma la sensazione è che i paesi emergenti come India e Cina siano ancora visti come potenziali sbocchi per i prodotti di lusso, anche se molte aspettative rischiano di essere sopravvalutate. “I grandi marchi hanno sbagliato le previsioni sui ricavi delle loro boutique – ha ammesso Murjani aggiungendo che molti “sono arrivati sul mercato indiano quando gli affitti commerciali erano ai massimi”. La crisi, ma anche le ripercussione delle stragi di Mumbai del 26 novembre, hanno fatto scoppiare la bolla speculativa immobiliare e i prezzi sono ora più abbordabili. Rimangono però due maggiori ostacoli secondo John Hooks, vicedirettore del gruppo Armani, la mancanza di infrastrutture adeguate e il peso eccessivo di dazi doganali e tasse di importazione. Armani ha aperto due suoi marchi nel centro commerciale “Emporio”, un tempio della moda di vetrocemento alla periferia di Nuova Delhi creato dal colosso immobiliare DLF che sta aprendo diversi “shopping mall” in stile occidentale rivoluzionando il tradizionale settore del piccolo commercio fatto di negozi famigliari e ambulanti.
Nonostante la crisi finanziaria, l’India rimane ancora molto appetibile per le griffe mondiali grazie all’emergente classe media a alla diffusione di stili e gusti occidentali soprattutto tra le nuove generazioni. Anzi per Roberto Cavalli, che veste le star del cinema di Bollywood, c’è ancora “spontaneità e naturalezza”, qualità che mancano per esempio a Hollywood dove vigono le rigide leggi dell’industria e non più della creatività. Oggi il mercato del lusso indiano rappresenta appena lo 0,4% sul totale mondiale, una quota irrisoria che però potrebbe aumentare in fretta se si crea una “cultura dello shopping” che sembra mancare ora e non solo per via della recessione.
Tra i partecipanti al convegno, moderato da Suzy Menkes, l’autorevole giornalista di moda dell’Herald Tribune, c’era anche Lapo Elkann che si occupa ora del neonato marchio “Italia Independent”, che nell’ultimo anno ha lanciato una gamma di occhiali da vista e da sole e altri accessori “al 100% concepiti, disegnati e prodotti in Italia” spiega ad Apcom dopo il suo intervento in cui ha citato Richard Branson e di Ralph Lauren come due modelli di imprenditorialità a cui si ispira. Rifiutandosi di parlare della crisi (“non ho dati e non voglio parlare a vanvera come fanno molti”), il nipote di Giovanni Agnelli è convinto che “popoli che hanno sofferto come gli indiani, gli africani, gli ebrei e gli armeni” hanno una marcia in più e quindi lavorano più duramente. “Viaggiando ho conosciuto bravissimi imprenditori indiani più di quanti ce ne siano in Italia” dove “siamo privilegiati e non ce ne rendiamo conto”. L’Italia deve “smettere di vivere sul passato e deve lavorare sul presente” ha aggiunto Lapo che si definisce fiero di “essere italiano e di vendere l’Italia nel mondo”.

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