Su Apcom
A quattro giorni dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, continuano le proteste contro il colossal del regista Ashutosh Gowarikar dedicato alla storia d’amore tra l’imperatore mughal Akbar e una principessa Rajput. Secondo alcuni gruppi indu-nazionalisti del Rajasthan, il matrimonio del sovrano mussulmano con una donna indù non solo non avrebbe “evidenza storica”, ma getterebbe anche discredito su una delle caste nobiliari più orgogliose del nord-ovest dell’India. “Una principessa Rajput avrebbe preferito il suicidio piuttosto che finire nelle mani dei Mughals” ha detto Bhairon Singh Chauhan, esponente delle frange radicali indù che in questi giorni hanno organizzato manifestazioni di protesta in Rajasthan e nel vicino stato del Madhya Pradesh contro la pellicola intitolata “Jodhaa Akbar”.
Dopo aver ricevuto delle minacce di morte da un’organizzazione chiamata Rajput Karni Sena, i gestori delle sale cinematografiche in Rajasthan hanno rimosso il film dalla programmazione. Ma ora la comunità dei Rajput chiede un bando a livello nazionale e minaccia di scendere in piazza. Durante il finesettimana alcuni vandali hanno frantumato la vetrina con la locandina del film in cartellone in una multisala nel polo tecnologico di Gurgaon, vicino a Nuova Delhi.
Nonostante la lunghezza, 3 ore e 20 minuti compresi i balletti, il film (che è uno dei più costosi nella storia di Bollywood) ha fatto il pienone di pubblico durante la premiere del 15 febbraio in India e, in contemporanea, in 26 Paesi.
Il personaggio della principessa Jodhaa è interpretato dalla superstar Aishwarya Rai, ex miss Mondo. E’ il suo primo film dopo il matrimonio con il popolare attore Amitabh Bachchan. Secondo gli storiografi, all’epoca dei mughal esisteva una principessa Jodhaa, ma era la moglie di uno dei figli di Akbar, il futuro imperatore Jehangir (padre di Shah Jahan, il famoso sovrano che ha fatto costruire il Taj Mahal). Akbar, noto per le sue idee liberali e per aver promosso l’integrazione con la popolazione locale, avrebbe in realtà sposato la figlia del raja di Amber (come una delle sue 35 mogli).
Nelle intenzioni del regista Gowarikar, famoso per un altro colossal epico, “Lagaan” realizzato nel 2001, il film intende evidenziare il superamento di barriere culturali e religiose all’epoca dei sovrani mughal che regnarono sul nord dell’India per circa quattro secoli.
Non è la prima volta che Bollywood fa polemica perché offende i sentimenti di una comunità o setta religiosa. Circa due anni fa a Nuova Delhi ci furono anche degli attentati esplosivi in alcune sale cinematografiche dove si proiettava un film contestato dalla comunità religiosa dei sikh. Lo stesso film “Codice da Vinci” è stato censurato in alcuni stati indiani perché considerato offensivo per i cattolici. Di recente si sono verificati diversi episodi di intolleranza religiosa che hanno colpito in particolare la tennista Sania Mirza e la scrittrice bengalese in esilio Taslima Nasreen, che si trova sotto scorta in una località segreta vicino a Nuova Delhi per le minacce degli integralisti mussulmani. Nelle ultime settimane c’è stata poi una recrudescenza di episodi di razzismo contro immigrati del nord a Mumbai da parte di un piccolo gruppo indu-nazionalista che proclama la purezza dei “marathi”, gli abitanti dello stato del Maharashtra. “Abbiamo i nervi scoperti” è il titolo di un editoriale di oggi sul quotidiano “The Indian Express” che esorta a “fare un esame di coscienza sulla crescente intolleranza e sul polverone che solleva. Dobbiamo riflettere sui motivi per cui un pittore, uno scrittore, un regista o un semplice lavoratore può scatenare delle assurde battaglie sull’identità”.
martedì 19 febbraio 2008
Rajput in rivolta contro film di Bollywood su love story tra Akpar e principessa indù
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento