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Nei prossimi 20 anni bisognerà investire 20 trilioni di dollari in tecnologie “pulite” per riuscire a ridurre del 50% l’attuale livello di emissione nell’atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra. Metà di questi investimenti dovranno essere destinati ai Paesi in Via di Sviluppo. Se non si interverrà in tempo gli effetti saranno catastrofici per “decine di milioni di abitanti di città a rischio come Shangai, Dacca e Calcutta” ha detto R.K. Pachauri, lo scienziato indiano che presiede il Comitato Intergovernativo sul cambiamento Climatico dell’Onu, co-vincitore del Nobel per la Pace 2007. Nella sua veste di direttore del Teri (The Energy Resources Institute, il centro ricerche della Tata), Pachaury ha aperto stamattina il Delhi Sustainable Development Summit, un forum internazionale di tre giorni dove i governi, le multinazionali e la società civile discutono del dilemma tra sviluppo e ambiente. I prossimi due anni, da ora alla prossima conferenza Onu sul clima di Copenaghen, saranno cruciali per trovare delle soluzioni di lungo termine secondo il principio stabilito lo scorso dicembre a Bali sulle “responsabilità comuni, ma differenziate”.
Dalla platea del summit, i leader delle nazioni scandinave, “capofila” nella lotta antinquinamento, ovvero Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda, hanno lanciato un appello a superare i contrasti tra Nord e Sud e ad arrivare il più in fretta possibile a un accordo post Kyoto. Hanno anche detto che tocca ai Paesi industrializzati trasferire le tecnologie pulite ai Paesi emergenti e a finanziare le opere di mitigazione e adattamento alle conseguenze del cambiamento del clima. “Non siamo obbligati a scegliere tra sviluppo e ambiente, possiamo avere entrambi – ha detto il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg che ha ricordato anche l’esempio dato dall’Unione Europea di tagliare le emissioni del 20% entro il 2020. Le economie scandinave sono la dimostrazione che è possibile “crescere” senza aumentare il consumo di energia come ha sottolineato il premier danese Anders Fogh Rasmussen.
Le esigenze di un gigante demografico come l’India, che deve crescere al ritmo dell’8-9% per sradicare la povertà, sono però molto diverse. Il primo ministro indiano Manmohan Singh, nel suo discorso di apertura, ha assicurato l’impegno dell’India (che come tasso di emissione procapite è tra i Paesi che inquinano di meno) a intervenire, ma ha anche ribadito la necessità di garantire un adeguato livello di sviluppo della popolazione indiana.
A far sentire la sua voce, di “vittima” degli effetti devastanti del riscaldamento terrestre, è stato invece il presidente delle Maldive, Maumoon Abdul Gayoom, premiato dal Teri per essere stato uno dei primi a denunciare i rischi dell’innalzamento del livello degli oceani. L’arcipelago rischia di “affondare” e il processo di erosione degli atolli e barriere coralline è già iniziato. “Non bisogna perdere più tempo” ha avvertito Gayoom, che è al potere da 26 anni e che solo di recente ha promesso di avviare un processo di riforme democratiche.
giovedì 7 febbraio 2008
Delhi Sustainable Development Summit, conciliare la crescita con l'ambiente è possibile
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