Esattamente 60 anni dopo la sua morte, le ceneri del Mahatma Gandhi saranno sparse nel Mare d’Arabia. L’urna contenente parte dei resti mortali dell’apostolo della non violenza assassinato a Nuova Delhi il 30 gennaio 1948 si trova ora in un museo di Mumbai esposta al pubblico. Era stata consegnata nel 2006 da un uomo d’affari indiano di Dubai che l’aveva “ereditata” da suo padre. Dopo la cremazione di Gandhi, le ceneri erano state raccolte in diverse urne e gettate nel Gange e negli altri fiumi sacri secondo il rituale induista, ma alcune urne sarebbero state segretamente “sottratte” da conoscenti e simpatizzanti che volevano preservare la memoria del Mahatma.
Sarebbe stata la famiglia di Gandhi a chiedere alla fondazione del Mani Bhavan di non conservare l’urna con le ceneri diventata oggetto di accese controversie. “E’ un affronto all’insegnamento e ai principi di Bapu” aveva detto uno dei nipoti, Tushar Gandhi. “Bapu” è il nomignolo con cui gli indiani affettuosamente chiamano il Mahatma. Le ceneri saranno sparse in mare con una solenne cerimonia domani dalla spiaggia di Girgaum Chowpatty di Mumbai dai discendenti del primogenito Hariral, considerato il “ribelle” dei quattro figli di Gandhi.
A Nuova Delhi le celebrazioni prevedono, come ogni anno, una preghiera interconfessionale nel giardino dove Mohandas Karamchand Gandhi fu assassinato poco prima della preghiera del tramonto per mano dell’estremista hindu Nathuram Godse. Il Mahatma si trovava nella casa dell’industriale Birla, oggi trasformata in un museo. L’anno scorso l’India aveva commemorato i cento anni del Satyagraha, il movimento di resistenza passiva iniziato durante il periodo sudafricano e che ha ispirato molti suoi seguaci, come Martin Luther King, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi, per citare alcuni dei più famosi difensori dei diritti umani.
L’eredita politica di Gandhi è stata raccolta dallo storico partito del Congresso oggi guidato dai discendenti di Jawaharlal Nehru. Il giovane Rahul, figlio di Sonia Gandhi e nipote di Indira Gandhi, è oggi candidato a continuare la dinastia politica che si ispira ai valori di laicità e tolleranza religiosa. Ma alcuni dei principi gandhiani, come quello della semplicità dall’esaltazione del lavoro manuale, simboleggiati nell’arcolaio, non hanno più posto nell’India moderna e globalizzata. E’ un paradosso, per esempio, che in Gujarat, lo stato dove Gandhi è nato e ha fondato il suo ashram, è guidato dal Bjp, il partito indu nazionalista con a capo il controverso Narendra Modi, accusato di aver sobillato i pogrom contro la comunità mussulmana nel 2002 e di aver instaurato un diffuso clima di intolleranza contro le minoranze religiose. Il delfino Rahul Gandhi, diventato l’anno scorso segretario generale del Congresso, aveva ricordato come l’obbligo di non consumare alcol e di vestire tessuto khadi (cotone filato a mano) non era sempre rispettato dai funzionari del partito che si comportavano spesso con ipocrisia.
D’altronde anche il principio di non violenza, il più importante degli insegnamenti del Mahatma – a cui non fu mai assegnato il Premio Nobel per la Pace - è largamente disatteso nel mondo odierno. Un altro nipote, Arun Gandhi, è stato nei giorni scorsi al centro di una vivace polemica per un commento in cui accusava “Israele e gli ebrei” di essere “i maggiori protagonisti” della cultura di violenza “che sta distruggendo l’umanità”. In seguito è stato costretto alle dimissioni dalla presidenza del M.K. Gandhi Institute of Non-Violence, l’istituto che lui stesso ha fondato nel 1991 a New York.
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