giovedì 3 aprile 2008

Tra una settimana si vota in Nepal. Il destino di re Gyanendra

Su Apcom

Il governo di Kathmandu ha dichiarato 5 giornate festive la prossima settimana per permettere lo svolgimento delle cruciali elezioni, le prime dopo 9 anni, destinate a cambiare il volto politico del Nepal e molto probabilmente a chiudere il sipario su 238 anni di monarchia.
Isolato con la sua corte nel moderno palazzo di Varayanhity, il sessantenne re Gyanendra ha ormai le settimane contate sul suo trono. Spogliato di tutti i suoi poteri fin dal giugno del 2006, privato del comando dell’esercito e costretto anche a pagare le tasse come i suoi sudditi, questo controverso monarca con ambizioni assolutiste potrebbe essere l’ultimo di una stirpe divina che si ritiene discendere dal dio induista Vishnu. Dopo l’abdicazione volontaria del re del Bhutan a favore di un governo democratico eletto a marzo, è arrivato al capolinea anche l’ultimo esponente coronato del mitico regno himalayano di Shangri-La. Secondo quanto si racconta, il destino di re Gyanendra era già segnato fin dalla sua nascita. Quando fu partorito nel luglio del 1947 l’astrologo di corte proibì a suo padre Mahendra di guardare il bambino perché gli avrebbe portato sfortuna. Il piccolo fu quindi portato in un altro palazzo fuori Katmandu per vivere con i nonni. Come è noto la superstizione ha un posto molto importante in Nepal. Si crede anche che il massacro della famiglia reale di sette anni fa - a cui seguì l’ascesa al trono del superstite Gyanendra, fratello dell’allora sovrano Birendra– è frutto di un periodo di malasorte del regno causato dall’assenza della Kumari, la dea-bambina, tenuta reclusa nel centro storico di Katmandu.
In effetti il declino della monarchia nepalese è iniziato proprio da quel tragico Primo di Giugno del 2001 quando il principe ereditario Dipendra in circostanze ancora dubbie falcidiò a colpi di kalashnikov genitori e famigliari riuniti nella sala da pranzo del palazzo reale. Ancora oggi ci sono pochi nepalesi disposti a parlare della strage che alcuni ritengono orchestrata dallo stesso Gyanendra per sete di potere e di vendetta. Proprio per questo non è mai conquistato i cuori dei suoi cittadini e soprattutto non ha mai sostituito nei negozi e nelle case il ritratto dell’occhialuto e riverito Birendra.
La guerriglia maoista, guidata dall’ex insegnante Prachanda (nonostante abbia dismesso i panni di guerrigliero, conserva ancora il suo nome di battaglia che significa “Il Fiero”) ha lottato contro la monarchia fin dal 1994, ma senza l’insurrezione popolare dell’aprile 2006 non avrebbe mai raggiunto l’obiettivo di abolire la corona. E forse non avrebbe ottenuto neppure il consenso dei maggiori partiti nepalesi, come il Congresso del premier Girjia Prasad Koirala, che fa parte della più famosa dinastia politica, i “Kennedy” nepalesi. Dopo un lungo braccio di ferro con i maoisti e due rinvii del voto per l’Assemblea Costituente, il Congresso e l’alleanza dei partiti che avevano guidato il movimento antimonarchico, hanno raggiunto il 28 dicembre scorso un accordo di 23 punti. Uno di questi punti è la decisione di modificare la Costituzione per creare una “Repubblica federale democratica” appena l’Assemblea Costituente si riunirà, probabilmente tre settimane dopo il voto di giovedì.
Ma non sarà una strada in discesa. Il movimento maoista, nonostante la propaganda socialista, non è mai riuscito veramente a conquistare il consenso della popolazione nepalese che è profondamente religiosa e conservatrice. E’ quindi probabile che non raccolgano molti voti e che quindi il loro peso nella futura Assemblea Costituente sia minoritario rispetto ai partiti tradizionali. “Il periodo post elettorale potrebbe essere molto turbolento – avverte un rapporto pubblicato dal think tank International Crises Goup e intitolato “Nepal’s Elections and Beyond”. “Una volta che i risultati saranno noti – si legge – i partiti dovranno essere pronti ad affrontare un periodo difficile in cui dovranno accettare dei compromessi per far funzionare l’Assemblea Costituente, allargare la base politica del futuro governo e soprattutto affrontare i problemi della sicurezza e delle riforme che non sono stati toccati durante la campagna elettorale”. Secondo gli esperti, rimane ancora da risolvere il delicato problema del futuro dell’esercito regolare nepalese e della milizia maoista. Dopo il cessate il fuoco i soldati e guerriglieri, sotto la sorveglianza degli ispettori delle Nazioni Unite, avevano consegnato le armi e si erano ritirati nelle caserme.

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