martedì 1 aprile 2008

Da Italia un appello al recupero del sito archeologico di Arikamedu


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A quattro chilometri dall’ex colonia francese di Pondicherry, sulla costa orientale indiana, l’antico porto di Arikamedu o Podouke era uno dei più grandi centri commerciali dell’epoca imperiale romana in India. Secondo alcuni studiosi era anche l’avamposto più orientale per i mercanti di Roma che, sfruttando i venti monsonici dell’oceano Indiano, avevano aperto una fiorente rotta mercantile con l’India da cui importavano pietre preziose, spezie, legno di sandalo, seta e animali esotici, tra cui i pavoni, in cambio di anfore di vino, olio d’oliva e soprattutto monete d’oro e d’argento.
“Purtroppo oggi non rimane nulla di questo glorioso passato” spiega l’archeologo indiano Sethuraman Suresh, autore di uno studio “Arikamedu: Its Place in the Ancient Rome-India Contacts” pubblicato dall’Ufficio della Cooperazione Italiana di Nuova Delhi e presentato ieri all’Istituto Italiano di Cultura. I resti della città portuale, che sorgeva alla foce di un fiume, erano stati portati alla luce tra il 1940 e il 1950 dal famoso archeologo inglese Mortimer Wheeler e poi “riscavati” da un team americano all’inizio degli Anni Novanta. Successivamente le rovine erano state ricoperte dai proprietari terrieri e trasformate in piantagioni di manghi e riso. E’ solo nel 2003 che l’Asi, la Sopraintendenza Indiana, ha acquistato e recintato un appezzamento di 13 ettari “che rappresenta solo il 10% del vecchio porto che era uno dei più grandi in India come testimonia il ritrovamento di tantissime monete del periodo romano, anfore vinarie e ceramica di Arezzo” spiega Suresh. Podouku, come era conosciuta nel I secolo D.C. (nell’antico testo anonimo “Periplo del Mare d’Eritrea”) era una vera e propria città con mura, pozzi, vasche, fognature e soprattutto magazzini dove si raccoglievano gli oggetti preziosi destinati all’Urbe. “Coloro che si recano oggi a visitare Arikamedu purtroppo non vedono nulla se non un paesaggio bucolico con dei contadini al lavoro nelle risaie e tanti alberi di mango. Molti dei reperti, come frammenti di vasi, sono ancora in superficie e occasionalmente sono venduti ai visitatori”. Nei decenni una grande quantità di monete, vasellame e statuette sono finite nei musei e nelle collezioni private di tutto il mondo. “Speriamo che questa pubblicazione contribuisca allo studio più approfondito dei rapporti tra l’India e il Mediterraneo – ha detto Anna Maria Ceci, direttrice dell’Ufficio indiano della Cooperazione Italiana - e soprattutto serva a risvegliare l’attenzione sulla necessità di tutelare e valorizzare gli antichi siti romani come Arikamedu trasformandoli in risorse turistiche”.

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