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Il terremoto di Wall Street sta scuotendo le borse del mondo, ma in India c’è qualcuno che potrebbe fregarsi le mani. Il settore trainante dell’economia indiana, quello dell’Information Tecnology, dipende per oltre il 50 per cento dalla vendita di servizi finanziari e assicurativo a società straniere. Secondo l’associazione di categoria, Nasscom, la crisi potrebbe aumentare nel medio-lungo termine la delocalizzazione di nuovi servizi finanziari. Per tagliare i costi, le imprese occidentali sarebbero costrette a cercare mano d’opera qualificata e di lingua inglese a basso costo nei paesi emergenti come l’India. E’ un trend che si è già verificato negli ultimi anni e che ha beneficiato i colossi indiani come Wipro, Infosys e Tata. Secondo alcuni operatori del settore ci potrebbe essere anche un aumento dell’outsourcing di servizi legali per le aziende in bancarotta. I costi di un avvocato indiano sono dieci volte più bassi di uno americano.
L’ottimismo contrasta però con altre previsioni secondo le quali il settore informatico potrebbe subire una perdita di 20-25 mila posti di lavoro nell’immediato futuro. Alcune aziende hanno già bloccato le nuove assunzioni. Preoccupa anche la salute delle banche esposte sui mercati americani o britannici. Il principale istituto, ICICI, ha rassicurato i suoi clienti di avere abbastanza liquidità. E’ intervenuto anche il ministro delle finanze Chidambaram. “Stiamo soffrendo le conseguenze di turbolenze finanziarie mondiali - ha detto oggi - ma l’India rimane un mercato attraente per gli investitori”. E la borsa di Mumbai, che nel pomeriggio è ritornata in territorio positivo, gli ha dato ragione.
martedì 30 settembre 2008
Crisi di Wall Street, le ripercussioni in India
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