Su Il Giornale
Si dice che l’unica persona che ascoltano è l’anziana madre Kokilaben, la matriarca dell’impero Reliance fondato negli anni Quaranta da un ex benzinaio e che oggi rappresenta il 5 per cento della ricchezza nazionale indiana con interessi nei settori chiave del petrolchimico, delle telecomunicazioni e dei supermercati. La faida dei fratelli Ambani, protagonisti in una Dinasty al curry, si arricchisce di un nuovo succulento capitolo. Anil, 49 anni, il sesto uomo più ricco del mondo, sta di nuovo per ingaggiare una battaglia legale con l’odiato fratello maggiore, Mukesh, 51 anni, che nella classifica dei super miliardari di Forbes è al quinto posto. I recenti crolli borsistici hanno eroso parte delle loro fortune, ma i due fratelli rivali rimangono sempre tra i Paperoni dell’India.
L’ennesima disputa giudiziaria riguarda un’intervista pubblicata dal New York Times lo scorso 15 giugno in cui Mukesh rivela che prima che si spartissero i beni il fratello Ambani era a capo di “una rete di spie e di informatori privati” usati per scoprire i lati deboli della concorrenza. La denuncia per diffamazione, presentata a un tribunale di Mumbai dove ha sede Reliance, coinvolge circa dieci persone e chiede la fantasmagorica cifra di 2 miliardi e mezzo di dollari come risarcimento.
Un’assurdità come tutte quelle che hanno caratterizzato questa faida familiare che si è scatenata dopo la morte del padre Dhirubbai, il venditore di “pakora” (ciambelle salate) del Gujarat, lo stato che ha dato i natali al Mahatma Gandhi e che lui ha lasciato a 16 anni per andare a fare fortuna nel porto di Aden, in Yemen, dove ha iniziato con una pompa di benzina. Ritornato in patria, grazie a un leggendario tocco da re Mida, che ha trasmesso anche ai due figli, ha poi costruito una fortuna esportando spezie e importando poliestere con margini di profitto mai inferiori al 300 per cento.
Mukesh, ingegnere chimico, è oggi a capo di Reliance Industries, conglomerato dell’energia e raffinerie. Mentre Anil, un maratoneta che ogni mattina fa jogging sul lungo mare di Mumbai, si è spartito il resto, le telecomunicazioni e il settore finanziario assicurativo. E ora sta aprendo anche supermercati a raffica. La divisione dei beni era stata fatta nel 2005 dalla madre Kokilaben, il cui intervento era stato provvidenziale per evitare il dissanguamento dell’impero in borsa. Ogni volta i due fratelli incrociano le spade, gli investitori incrociano le dita. Anche questa volta, c’è chi invoca di nuovo la mediazione materna per evitare l’odissea di una prolungata e costosa battaglia legale che è solo l’ultima di una lunga serie. Mukesh e Anil sono in causa per la vendita del gas scoperto nei giacimenti off shore del Golfo del Bengala, che nelle sue profondità nasconderebbe immense ricchezze. Il numero uno di Reliance Industries di recente ha annunciato che i nuovi pozzi metaniferi potrebbero ridurre in maniera considerevole la dipendenza energetica dell’India che oggi importa il 70 per cento del suo fabbisogno. Ma c’è un patto che vincola la vendita di gas alle industrie del fratello Anil.
Negli anni recenti intorno agli Ambani è nato un ricco florilegio di pettegolezzi. Si dice per esempio che i due non prendano mai lo stesso ascensore quando rincasano nel palazzo di 22 piani a Mumbai dove abitano con la madre. Mukesh sta costruendo un grattacielo da un miliardo di dollari, l’Antilia Tower, che avrà il record di essere il più costoso al mondo e che sarà anche il simbolo architettonico della nuova potenza economica indiana. Avrà 60 piani, un garage per cento auto, un eliporto, un centro benessere e appartamenti per 600 persone di servizio. Ma di sicuro per il fratello Ambani non ci sarà nemmeno uno sgabuzzino.
sabato 27 settembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento