sabato 13 settembre 2008

Film italiano a Bollywood racconta di padroni e servitori

Su Apcom
L’anziano autista maltrattato dalla ricca e arrogante padrona che lo accusa di “puzzare”, il portinaio costretto a subire le umiliazioni quotidiane degli inquilini di un elegante palazzo di Mumbai e il giovane e ingenuo cameriere innamorato di una straniera. Sono questi i tre caratteri del film in hindi “Barah Aana” realizzato dalla produttrice indipendente Giulia Achilli insieme a Raj Yerasi e al regista Raja Menon. E’ uno dei rari esempi di una partecipazione italiana diretta nella produzione di un film in India, la patria della prolifica industria cinematografica di Bollywood.

La pellicola, che uscirà nelle sale indiane all’inizio del prossimo anno, traccia un quadro non molto lusinghiero della nuova società arricchita indiana e del suo rapporto con la servitù. E’ un tasto delicato questo per l’India, un paese dominato dal sistema castale e dove il divario tra benessere e povertà sta crescendo di pari passo con il boom economico. “Uno degli aspetti dell’India che più mi ha colpito come un pugno nello stomaco è di vedere come sono trattate le classi subalterne” spiega Achilli che ha definito “Barah Aana” come una sorta di “Riso Amaro” del neorealismo indiano. Da due anni a Mumbai, dove ha lavorato come consulente per favorire gli scambi tra società italiane e indiane nel campo cinematografico, è al suo secondo film come produttrice dopo “Onde” (2006) diretto da Francesco Fei.

“Barah Aana”, espressione in hindi che significa “truffato”, esce dal filone classico dei musical bollywoodiani per raccontare in chiave tragicomica le contraddizioni della moderna società indiana. “Ma non vuole essere una denuncia, è piuttosto una provocazione – spiega –.Vorrei che questo film faccia riflettere il pubblico indiano su come in molti casi le persone al servizio del ceto medio-alto siano calpestate nella loro dignità di lavoratori”

Nel cast figura anche l’attrice Violante Placido, la bella figlia di Michele Placido, che interpreta Kate, un’affascinante italiana che vive di espedienti a Mumbai e che non si fa scrupoli ad approfittare della generosità di un cameriere, il quale vede l’amicizia con la “straniera” un suo riscatto sociale. “Quando si trova in una situazione difficile – precisa – Kate si comporta esattamente come gli altri tre personaggi. Costretta dalle necessità, cerca di salvaguardare se stessa per istinto di sopravvivenza”.

La trama si sviluppa intorno alle vessazioni quotidiane subite da tre amici di diverse generazioni: Shukla, l’autista (Naseeruddin Shah, interprete del noto film “Monsoon Wedding” della regista Mira Nair), Yadav, il portinaio (Vijay Raaz, anche lui un personaggio di “Monsoon Wedding”) e Aman, il cameriere (Arjun Mathur). I tre condividono una stanzetta nella baraccopoli di Dharavi, la più grande di Mumbai e anche dell’Asia, che pullula della vita e dei colori dell’India autentica. Alla fine della giornata di lavoro si ritrovano su un’altura accanto alla carcassa di un camion da cui si vedono le luci dei grattacieli dove abitano i ricchi, coloro che “si comprano le macchine da 200 mila rupie e non hanno 5000 rupie per salvare la vita di un bambino” come si sfoga una sera Yadav, il personaggio centrale del film, che spinto dalle circostanze, precipita in una criminalità inaspettata e non pianificata, coinvolgendo anche i due amici. Aman ha bisogno di soldi per fare colpo sulla sua bella straniera, mentre l’anziano Shukla vuole vendicarsi delle umiliazioni subite dalla padrona, la signora Mehta che non lo ha mai chiamato per nome, ma sempre solo “driver”. Ma proprio lui è l’unico che non ha nulla da perdere perché è “un morto vivente”, uno dei tanti poveri immigrati nelle metropoli indiane che quando lasciano il villaggio di origine vengono dichiarati morti dai familiari che si impossessano così dei loro beni e dell’eredità.

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