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Anche se molto lentamente il livello dell’acqua si sta abbassando nei distretti alluvionati del Bihar, vicino al confine con il Nepal dove due settimane fa il fiume Kosi in piena per le piogge monsoniche è uscito dagli argini allagando una vasta e povera zone popolata da 3 milioni di abitanti. Ma la catastrofe rischia ora di aggravarsi a causa delle disperate condizioni di vita degli sfollati, circa mezzo milione, che sono ancora in attesa di aiuti o che sono ammassati nei campi di prima assistenza allestiti dalle autorità locali. Le precarie condizioni igieniche, soprattutto la mancanza di acqua potabile per bere e cucinare, hanno già causato l’insorgere di infezioni. Si temono epidemie a causa dell’acqua stagnante e dei pozzi contaminati. Ma a preoccupare di più è la lentezza e la disorganizzazione nella distribuzione dei soccorsi e soprattutto la mancanza di medici nei campi dove ogni giorno continuano ad arrivare nuovi sfollati in condizioni disperate. Intanto continuano anche le polemiche e gli scaricabarile sulle responsabilità del disastro che è iniziato lo scorso 18 agosto quando il fiume Saptakoshi, come viene chiamato in nepalese, ha rotto degli sbarramenti costruiti negli anni 50 in base ad un accordo bilaterale tra il Nepal e lo stato indiano del Bihar al quale spetta il controllo e la manutenzione degli argini insabbiati prima dell’inizio dei monsoni. Ma quest’anno nessuno è intervenuto a causa, secondo la spiegazione delle autorità indiane, del diniego di permessi da parte degli ex ribelli maoisti che sono ora al potere a Kathmandu.
martedì 2 settembre 2008
Inondazioni Bihar , rischio di epidemie
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