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L’India è tra i Paesi più religiosi al mondo ma i suoi templi sono tra i più pericolosi. Ogni volta un pellegrinaggio si trasforma in una strage, come quello di oggi al tempio Chamundi a Jodhpur, ci si chiede puntualmente come si poteva evitare la tragedia. Ma appena cremati i corpi delle vittime tutto ritorna come prima. Anche se le inchieste della polizia accertano le cause dell’incidente, difficilmente ci sono delle conseguenze civili o penali per i responsabili della mancanza di norme di sicurezza. Il giorno dopo i fedeli continuano ad affluire in massa e ad aspettare pazientemente il proprio turno in lunghissime code per portare le offerte alla divinità e ricevere la loro benedizione.
Nonostante il boom economico, l’India rimane un Paese profondamente attaccato ai valori e alle tradizioni dell’induismo. I pellegrinaggi, gli “yatra” o anche i bagni rituali dei “kumba mela”, costituiscono un’esperienza culminante nella vita di un fedele e implicano lunghi ed estenuanti viaggi. L’occasione è di solito una delle tante festività del calendario induista o una data considerata particolarmente fortunata dal punto di vista astrologico e che è di buon auspicio per matrimoni, nascite o affari.
In particolare oggi si celebra il primo dei nove giorni del festival di Navratri in onore della dea Durga. Il piccolo tempio Chamundi, che sorge ad una estremità del maestoso forte Meherangarh di Jodhpur, meta turistica del Rajasthan, è dedicato a questa divinità molto popolare e raffigurata come una guerriera che cavalca una tigre. Il complesso storico che domina la città da un’altura di un centinaio di metri appartiene all’ex maharaja di Jodhpur. Sembra che quando è scoppiata la ressa erano radunati sul posto circa 10 mila fedeli per effettuare la “puja”, l’offerta, alle prime luci dell’alba. I pellegrini si trovavano in una lunga coda in uno stretto passaggio quando si è scatenato il panico sembra causato da un’interruzione di corrente. Ma non è escluso che il fuggi fuggi generale sia stato innescato dalla falsa notizia di una bomba. Per uccidere 146 persone lo scorso 4 agosto al tempio di Naina Devi (anche questo dedicato alla dea Durga), alle pendici dell’Himalaya, è bastata la voce di una frana causata dalle piogge monsoniche che imperversavano nella zona.
Il sovraffollamento, gli spazi ristretti, la tensione e la stanchezza della gente costretta a faticosissime attese e anche il fervore religioso, sono tutti ingredienti che possono trasformare un piccolo incidente in una tragedia dove a patire sono i più deboli, di solito donne e bambini, che vengono calpestati dalla folla impazzita.
Dopo la ressa mortale al tempio di Naina Devi, il quotidiano “Times of India” aveva puntato il dito contro gli organizzatori del pellegrinaggio che avrebbero dovuto prendere esempio da altri luoghi sacri, per esempio il famoso tempio di Tirupati, nel sud del Paese, che è quello che attira più fedeli in assoluto. “E’ un modello ideale di come gestire folle di fedeli ed evitare le resse” – scrive il quotidiano. Il tempio di Tirupati è frequentato da 16 mila fedeli al giorno che possono accedere solo a gruppi limitati attraverso un lungo percorso a serpentina controllato da decine di volontari e poliziotti. Un altro esempio “positivo”, citato dal quotidiano, è il noto Tempio d’Oro di Amritsar, al confine con il Pakistan, il “Vaticano” dei sikh, che ogni giorno è visitato da 100 mila fedeli.
martedì 30 settembre 2008
Ressa al tempio Chamundi, una tragedia evitabile
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