mercoledì 3 dicembre 2008

E' riuscita Condi Rice a disinnescare la crisi con il Pakistan?


Su Apcom

Almeno per ora Condoleezza Rice sembra essere riuscita nel suo intento di disinnescare la miccia che rischiava di far esplodere l’ennesima crisi tra India e Pakistan con pesanti conseguenze per gli equilibri regionali e soprattutto per la lotta ad Al Qaida e ai talebani in corso in Afghanistan e nel nord ovest pachistano. Il segretario di stato americano, che nel tardo pomeriggio ha incontrato il suo omologo indiano Pranab Mukherjee, ha rassicurato Nuova Delhi su due fronti. Il primo è quello della collaborazione nelle indagini sull’attacco di una settimana fa costato la vita a oltre 170 persone e attribuito al gruppo estremista Lashkar-e-Taiba legato ai servizi segreti pachistani. “L’India non è sola in questa lotta – ha detto – ma ha il supporto di molti amici” i quali “hanno sofferto per lo stesso problema”. Il terrorismo è una minaccia globale che richiede una risposta globale sia per assicurare alla giustizia i responsabili che per prevenire nuove azioni. Sul fronte della presunta pista pachistana (“Non abbiamo dubbi che i responsabili provengono e sono guidati dal Pakistan” ha affermato Mukherjee), la Rice ha detto di aver ricevuto dal presidente Zardari “l’impegno a collaborare ”. Il capo della diplomazia statunitense incontrerà solo domani la leadership pachistana, ma “il messaggio è già stato consegnato”. Il Pakistan “avrebbe una speciale responsabilità” nella prevenzione degli attentati e “deve cooperare in modo totale e trasparente”. E’ interessante sottolineare che in tandem con la Rice si è svolta anche una missione in Pakistan dell’ammiraglio Mike Mullen, capo di stato maggiore delle forze americane che ha invitato i pachistani ad agire in modo più efficace contro le forze fondamentaliste.
In un’intervista alla Cnn il vedovo di Benazir Bhutto aveva detto di non essere disponibile a consegnare i 20 sospetti terroristi richiesti da Nuova Delhi. Finora Islamabad ha sempre respinto ogni coinvolgimento del suo Paese nella strage di una settimana fa e sostiene di non avere avuto nessun indizio. Non è chiaro quale tipo di “azione concreta” potrà prendere per mostrare la sua buona fede a Delhi e scongiurare una nuova crisi che potrebbe sfociare in un’escalation militare come quella del 2002 scoppiata in seguito all’attentato al Parlamento di Delhi e disinnescata dall’ex segretario di stato americano Colin Powell. Alla conferenza stampa congiunta il ministro Mukherjee - in risposta alla domanda su un’eventuale “opzione militare” - ha detto che “ogni futura azione dipenderà dalla risposta che riceverà da Islamabad” dopo le proteste ufficiali presentate per canali diplomatici e la lista con i 20 super ricercati, già presentata in passato e che contiene i nomi dei responsabili di molti attentati, tra cui quello del 1993 al distretto finanziario di Mumbai. Dopo di che “il governo indiano si riserva di prendere ogni misura necessaria per proteggere la propria sovranità territoriale e la sicurezza dei propri cittadini”. Nonostante gli allarmismi della stampa di questi giorni, non ci sarebbero stati finora movimenti di truppe lungo il confine. Islamabad aveva minacciato di dislocare 100 mila militari dal confine afghano a quello indiano se ce ne fosse stato bisogno, un’ipotesi che significava sguarnire il fronte della battaglia contro i militanti di Al Qaeda e i talebani nascosti nelle regioni a etnia pashtun nelle impervie zone di frontiera del nord-ovest. E’ una possibilità che la Casa Bianca, sia con Bush che con Barack Obama, non si può assolutamente permettere ora che cerca di aumentare la pressione militare in Afghanistan. A questo proposito la Rice - che “non pensava più di ritornare in India nella veste di segretario di stato” - ha lanciato un avvertimento anche all’India invitando a non prendere azioni “che possano produrre effetti o conseguenze non previsti”. Per ora sembra che la “pompiera” Rice sia riuscita a raffreddare gli animi, ma bisognerà aspettare nei prossimi giorni se il pericolo è davvero scampato.

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