L’India continua a essere al centro dell’attenzione della diplomazia occidentale preoccupata sempre più dall’escalation della tensione con il Pakistan. A una settimana dalla visita lampo del segretario di stato americano Condoleezza Rice, domani arriva a Nuova Delhi il premier britannico Gordon Brown per “consultazioni” con il primo ministro Manmohan Singh in merito alle indagini sul tragico attentato di Mumbai del 26 novembre. Si tratta di una visita “non prevista” per Brown reduce da una missione a sorpresa in Afghanistan dove ha reso omaggio ai quattro militari britannici uccisi ieri in diversi attentati.
Dopo l’assedio di Mumbai, costato la vita a 179 persone, tra cui un cittadino britannico-cipriota, e attribuito al gruppo islamico pachistano Lashkar-e-Taiba, è scattato un allarme rosso a Washington e a Londra, entrambe preoccupate dall’eventualità di un nuovo conflitto indo-pachistano che rischierebbe di destabilizzare la regione e distogliere l’attenzione dalla lotta ai talebani e ad Al Qaeda in corso nelle regioni lungo la impervia frontiera afghano-pachistana. Il governo di Nuova Delhi ha più volte escluso un’azione militare e aspetta di vedere i risultati concreti del “pressing diplomatico” su Islamabad che ha promesso il pugno di ferro contro i presunti responsabili della strage di Mumbai, ma continua a chiedere agli indiani le prove del loro coinvolgimento insistendo che non ci sarebbero indizi sulla presunta nazionalità pachistana degli attentatori. In seguito a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il governo pachistano ha chiuso le sedi dell’associazione benefica Jamaat-ud-Dawa, che si ritiene affiliata al gruppo fuorilegge Lashkar-e-Taiba e ha messo agli arresti domiciliari anche alcuni leader sospettati di essere le “menti” del commando terrorista che per 60 ore ha tenuto d’assedio due hotel e un centro ebraico nel cuore di Mumbai. Ma per l’India non sarebbe sufficiente e proprio oggi Singh, ad un convegno, ha detto che il Pakistan ha il “dovere morale” di combattere il terrorismo.
La tensione è ancora palpabile nonostante un’altra missione “distensiva” della Casa Bianca che dopo la Rice, ha inviato a fare la navetta tra le due potenze rivali il suo vice John Negroponte. I giornali indiani hanno riferito che l’esito della visita di ieri è “strettamente confidenziale” e riguarderebbe le indagini che sono condotte in cooperazione con un team dell’FBI. E’ probabile anche che Negroponte abbia riferito a Nuova Delhi alcuni “messaggi” inviati dalle autorità di Islamabad durante la sua missione di giovedì scorso. La Casa Bianca continua a tenere alta la pressione sul governo di Asif Ali Zardari perché collabori con il governo indiano che ha presentato una lista nera di 40 presunti estremisti da estradare e che considera il Pakistan come “epicentro” del terrorismo islamico. Secondo quanto riferisce oggi il “Times of India”, dopo Negroponte sarà la volta del senatore democratico John Kerry, uno dei consulenti del presidente eletto Barack Obama, a fare da “pompiere” la prossima settimana nel ribollente subcontinente indiano.
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