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“Sono salva grazie all’intervento delle guardie del corpo di una squadra di cricket sudafricana che si trovava nello stesso hotel”. Così dice Erica Micheletti, imprenditrice di Arezzo, che dopo cinque ore di terrore è riuscita a scappare all’assedio del Taj Mahal Hotel. Seduta a un tavolo del ristorante libanese all’ultimo piano della torre adiacente allo storico hotel, non si era neppure accorta di cosa stava succedendo nella lobby. “Mi ha avvertito la telefonata di un’amica che aveva sentito dell’attacco in TV e voleva sapere dove mi trovavo” spiega. Poco dopo nel ristorante è scoppiato il panico ed è cominciato il fuggi fuggi. “Abbiamo sentito le esplosioni e poi i colpi di mitragliatore. Siamo scesi con l’ascensore e lí ci siamo resi conto che i terroristi avevano bloccato le porte di accesso”. Sono stati momenti da incubo anche perché nel frattempo si erano sprigionate le fiamme da alcuni piani superiori e c’era paura che il fumo invadesse il resto dell’edificio.
Secondo Erica, che è responsabile di una ditta di gioielleria all’ingrosso e che si è trasferita da un anno a Mumbai, non c’è stato nessun aiuto da parte del personale dell’hotel o dei militari indiani giunti in soccorso. “Siamo stati fortunati che con noi c’erano dei sudafricani incaricati della sicurezza di una squadra di cricket che alloggiava nell’hotel e che hanno preso in mano la situazione. La prima cosa che hanno fatto è stata di capire se c’erano vie di fuga alternative”. Le hanno trovate nel reticolo di corridoi di servizio che portano alle cucine. Insieme ad Erica c’erano circa cento persone che sono uscite alla spicciolata dall’albergo scappando da vie secondarie. “E’ stato un vero miracolo uscire prima che saltasse la corrente elettrica - dice –. Sono state le cinque ore più lunghe della mia vita”.
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