Su Apcom
“L’India è uno Stato con un esercito, mentre il Pakistan è un esercito con uno Stato”. Nonostante la sua consumata esperienza di diplomatico ai piani alti del Palazzo di Vetro, Shashi Tharoor non usa certo i guanti di velluto con Islamabad a proposito dell’attentato di Mumbai del 26 novembre costato la vita a oltre 170 persone.
“Fin dall’inizio degli anni 80, il Pakistan ha lanciato una guerra non convenzionale contro l’India sostenendo il terrorismo mussulmano in Kashmir e quello sikh in Punjab. – spiega l’ex sottosegretario alle Nazioni Unite, scrittore ed editorialista - .In tutti questi anni ha creato una sorta di Frankenstein che ora non riesce più a controllare”. L’attacco di Mumbai è stato attribuito a un’organizzazione estremista islamica, la Lashkar-e-Taiba che avrebbe legami con i servizi segreti pachistani dell’Isi. “Non so se l’attentato è stato orchestrato direttamente da qualcuno che occupa una posizione nello Stato oppure da altri elementi a esso legato ma che usano risorse proprie. - aggiunge – Però sta a Islamabad mostrare fermezza contro questo tipo di atti e agire seriamente, non con la duplicità finora mostrata. Sono stato scioccato, per esempio, da come il governo abbia prima annunciato l’invio a Delhi del direttore dell’Isi con un comunicato stampa e poi abbia improvvisamente cambiato idea. Non ci si può evidentemente fidare di persone del genere”.
Tharoor ha espresso questa opinione anche dal podio di un convegno in corso a Delhi organizzato dalla CII, la Confindustria indiana, e dall’Aspen Institute e dedicato a ridisegnare l’immagine di India alla luce della recessione economica mondiale e della nuova crisi con il Pakistan. A questo proposito, la cosiddetta “opzione militare” - che New Delhi ha comunque escluso - sarebbe una “stupidaggine”. Anche se fosse solo bombardare un campo di addestramento nel Kashmir pachistano “costerebbero di più le bombe che la base da distruggere e ne risorgerebbe un’altra il giorno dopo”. Inoltre “provocherebbe una reazione a catena e un conflitto che nessuno è in grado di vincere”. Occorre invece usare il “soft power” e la pressione diplomatica nelle sedi internazionali, tra cui l’Onu, dove ci sono stati importanti “segnali positivi” da parte della Cina che non ha ostacolato la risoluzione di condanna del gruppo caritatevole pachistano Jamaat ud Dawa, sospettato nell’attacco di Mumbai. Secondo il diplomatico indiano, che è stato il candidato rivale di Ban Ki Moon al posto di segretario generale dell’Onu, l’India deve usare tutte le armi diplomatiche in suo possesso per cercare di isolare il Pakistan, compreso il congelamento delle relazioni, le sanzioni economiche e anche la sospensione delle partite di cricket, come già avvenuto con l’annullamento della tournée indiana degli inizi di gennaio.
Il terrore di Mumbai non ha avuto solo ricadute sul processo di pace con Islamabad, ma anche sul comportamento della classe politica “che non può ignorare le proteste della classe media che per la prima volta si è risvegliata dalla sua apatia e ha fatto sentire la sua voce”. L’effetto immediato è stato di sostituire il ministro degli interni con il dinamico economista P. Chidambaram e poi di reintrodurre la legislazione anti terrorismo. Ma non basta. “La classe politica indiana deve uscire dalla sua mediocrità e deve essere rinnovata” spiega Tharoor che sta pensando di entrare in politica partendo dal Kerala, lo stato meridionale dove ha le radici e dove è ritornato dopo New York. Secondo la stampa indiana, sarebbe stato “notato” dalla stessa Sonia Gandhi, leader del partito del Congresso che potrebbe pensare a lui come candidato nelle elezioni legislative della prossima primavera.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento