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A meno di 24 ore dalla cerimonia di giuramento del governo bis di Manmohan Singh, prevista per il tardo pomeriggio di domani al Rashtrapati Bhawan, il “Campidoglio indiano”, la lista dei ministri non è ancora pronta. Il partito di maggioranza del Congresso, che può dettare legge dall’alto dei suoi 206 seggi in Parlamento (quasi il 30%), non è disposto a concedere troppo ai suoi alleati in termini di poltrone ministeriali. La giornata di oggi è stata dominata dal toto ministri. Il premier Singh ha persino cancellato un appuntamento già fissato con la presidente Prathiba Patil a cui avrebbe dovuto presentare i nomi del nuovo esecutivo. Invece il settantaseienne economista, riconfermato a pieni voti per un secondo mandato, è andato al numero 10 di Janpat per colloqui con Sonia Gandhi, leader del partito di maggioranza e anche della coalizione di centro sinistra chiamata Upa (United Progressive Alliance) e formata da 10 partiti che ha ottenuto quasi la maggioranza assoluta in parlamento (in totale 260 seggi su 543 della Camera Bassa). La rottura è stata causata dal DMK, influente alleato che è al potere in Tamil Nadu, lo stato meridionale di etnia tamil, che con i suoi 18 seggi è il secondo partner della coalizione dopo il partito di Mamata Banerjee, la pasionaria dei contadini del comunista Bengala Occidentale. Il DMK aveva chiesto otto ministeri a fronte dell’”offerta” del Congresso di sei poltrone. In tarda serata è giunta la notizia dell’abbandono del governatore del Tamil Nadu, l’anziano Karunanidhi, leader del DMK, che avrebbe voluto “piazzare” due figli e anche un nipote nell’esecutivo. Ma la frattura non impensierisce Congresso che ha “a bordo” anche i due grossi partiti principali e rivali dell’Uttar Pradesh (tra tutte e due 44 seggi), ovvero quello di Mayawati, la leader degli intoccabili e del suo rivale Mulayam Singh Yadav.
Secondo indiscrezioni domani pomeriggio Singh presenterà una lista “ridotta” di ministri in attesa di ricoprire le caselle mancante e su cui ci sarebbe ancora battaglia tra gli alleati. Non c’è fretta. La prima sessione del Parlamento per il voto di fiducia è prevista per il 2 giugno.
Per quanto riguarda il toto ministri, i nomi sicuri sono quelli dei principali dicasteri che andranno di nuovo al Congresso. Secondo indiscrezioni ci sarebbero molte riconferme, tra cui quella di P.K Chidambaran, ex ministro delle finanze trasferito in fretta e furia agli interni dopo la strage di Mumbai del 26 novembre. Le finanze dovrebbero invece andare all’ex ministro degli esteri Pranab Mukherjee un fedelissimo del Congresso e prezioso consigliere di Sonia Gandhi. Riconfermati anche A.K. Antony alla difesa e il leader del Maharashtra, Sharad Pawar, che era ministro dell’agricoltura. Ancora incerta la sorte del dinamico Kamal Nath, ex ministro del commercio e infaticabile negoziatore presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio dove l’India gioca un ruolo di capofila dei Paesi emergenti insieme a Brasile e Sudafrica. Per aver “tradito” Sonia Gandhi durante la campagna elettorale, ha invece perso la sua poltrona Laloo Prasad Yadav, controverso personaggio politico del Bihar che alla guida del ministero delle ferrovie aveva riportato in nero i conti del gigantesco ente pubblico e per questo era corteggiato da prestigiose scuole internazionali di gestione aziendale. E’ ancora un’incognita infine la sorte di Rahul Gandhi, che ha rifiutato un incarico di governo, perché intende dedicarsi alla riorganizzazione dell’ala giovanile del Congresso. Non è però escluso che gli sia assegnato un ministero senza portafoglio.
giovedì 21 maggio 2009
ANALISI - Domani giura il Manmohan Singh bis, ma è ancora totoministri
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