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A tre anni dalla caduta della monarchia e a 8 mesi dal primo governo eletto democraticamente, il Nepal rischia di precipitare di nuovo nel caos politico e nelle rivolte di piazza a Kathmandu. Le dimissioni del primo ministro, il maoista Prachanda e l’apertura della crisi di governo, sono l’ultimo capitolo di un lungo braccio di ferro tra gli ex ribelli maoisti che hanno vinto le elezioni lo scorso anno e i partiti conservatori legati alle tradizionali dinastie politiche nepalesi come quella dei Koirala. A mandare in frantumi la fragile coalizione, è stata la decisione di Prachanda di rimuovere del capo delle forze armate, il generale Katawal che si era rifiutato di integrare nei ranghi dell’esercito gli ex combattenti maoisti come previsto dagli accordi di pace del 2006. In campi sorvegliati dalle Nazioni Unite si trovano ancora 19 mila soldati dell’esercito maoista. A opporsi all’allontanamento è stato il presidente Ram Baran Yadav, che in base alla costituzione provvisoria, è il responsabile dell’esercito. Nel messaggio televisivo, in cui ha annunciato le dimissioni, Prachanda ha parlato di attacco contro la democrazia e contro il processo di pace e ha fatto allusione all’interferenza di “forze straniere” dietro la crisi, intendendo l’India, che tradizionalmente aveva appoggiato la monarchia induista e che ora teme la creazione di un forte governo maoista nell’ex regno himalayano.
martedì 5 maggio 2009
Nepal, si dimette Prachanda dopo scontro con presidente
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