Su Radio Svizzera Italiana
Temendo forse un precipitare della situazione, il Dalai Lama ha fatto appello alle autorità cinesi perché non usino la forza per reprimere le manifestazioni di protesta scoppiate a Lhasa. In un comunicato dall’India, il leader spirituale tibetano ha detto di essere “profondamente preoccupato per la situazione che si è venuta a creare dopo le dimostrazioni pacifiche” in diverse parti del Tibet. Centinaia di monaci tibetani sono scesi in piazza per protestare contro le Olimpiadi che si terranno il prossimo agosto e che prevedono il passaggio della fiaccola olimpica sul versante nord dell’Everest. Lunedì scorso, in occasione del 49esimo anniversario della fallita insurrezione anti cinese in Tibet, alcuni esuli a Dharamsala, la sede del governo provvisorio, avevano iniziato una marcia su Lhasa subito bloccata dalle autorità indiane. La polizia oggi ha deciso di detenere per 14 giorni un centinaio di dimostranti che si erano messi in cammino nonostante il divieto. Dal 1959 il governo di New Delhi garantisce accoglienza e assistenza al Dalai Lama, ma negli ultimi anni l’India è più preoccupata a non irritare il suo potente vicino cinese. Anche all’interno della comunità tibetana si è creata una spaccatura tra coloro che vogliono la liberazione del territorio occupato dall’esercito cinese nel 1950 e sono pronti anche a usare la violenza e coloro che invece seguono l’approccio più morbido del Dalai Lama che, per esempio, finora non ha mai condannato il diritto della Cina ad ospitare i Giochi Olimpici del 2008.
venerdì 14 marzo 2008
Dalai lama, appello a non usare la violenza contro dimostranti in Tibet
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