venerdì 7 marzo 2008

Nuovo veto dei comunisti contro l'accordo nucleare con gli Usa

Su Apcom
Dopo alcuni mesi di tregua politica, i comunisti indiani hanno lanciato una nuova offensiva contro il governo di Manmohan Singh sulla questione del controverso accordo nucleare indo-americano. Il CPM, il Partito comunista marxista, che appoggia la coalizione del governo guidata dal Congresso, ha reiterato il suo veto al patto avviato nel 2005 con Washington che permetterebbe all’India di importare centrali e tecnologia nucleare dall’estero mettendo fine a tre decenni di “isolamento” atomico. La sinistra indiana teme una “ingerenza” americana nella sovranità nazionale e una minaccia al programma nucleare indigeno. Se l’esecutivo di Singh, messo alle strette dalla Casa Bianca, darà il via libera all’accordo, i comunisti minacciano di far cadere il governo che sarebbe così costretto ad andare alle elezioni con un anno di anticipo sulla scadenza naturale del mandato previsto nel maggio del 2009.
Le prossime settimane saranno quindi cruciali per la sopravvivenza stessa dell’accordo che per diventare operativo deve ancora ottenere il via libera dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e del Nuclear Suppliers Group (NSG), l’esclusivo club di 45 Paesi fornitori di tecnologia nucleare.
Il CPM ha chiesto alla coalizione di Singh di riunire entro il 15 marzo lo speciale comitato congiunto creato l’anno scorso per trovare un consenso sull’accordo e potrebbe in quell’occasione dare un ultimatum al governo perché abbandoni l’intesa che è considerata come elemento centrale del nuovo asse indo-americano voluto dal presidente Bush in funzione di “contenimento” anti cinese.
Nell’ultimo mese a Nuova Delhi ci sono state alcune visite di alto profilo da parte di esponenti dell’amministrazione americana – l’ultima, due giorni fa, del sottosegretario di stato Richard Boucher - che hanno messo alle strette il governo di Singh sulla necessità di accelerare i tempi del complesso iter di approvazione dell’accordo prima della sospensione pre elettorale del Congresso americano. Il termine ultimo sarebbe a luglio, ma potrebbe saltare anche il limite dato dall’Aiea di Vienna per negoziare le “clausole di salvaguardia” entro la fine di marzo. L’India non compare nell’agenda di discussione nella riunione del consiglio dei governatori Aiea iniziata questa settimana. Ci vorrà quindi una seduta straordinaria per approvare le clausole. Il prossimo meeting del NSG (dove le decisioni vengono prese per consenso) si riunisce invece il 19 maggio in Sudafrica. “Se cade il governo – scrive oggi il Times of India – difficilmente la comunità internazionale vorrà occuparsi del caso indiano”.
Circa due anni fa l’India - che non aderisce al Trattato di Non Proliferazione e che ha condotto due test atomici nel 1974 e nel 1998 - ha acconsentito di aprire alle ispezioni internazionali 14 siti atomici (su un totale di 22) in cambio della possibilità di importare tecnologia e combustibile nucleare dagli Stati Uniti, ma anche da Francia e Russia. Le centrali nucleari contribuiscono solo con una piccola frazione al fabbisogno energetico totale che è per il 70% dipendente da combustibili fossili e che in futuro dovrà essere limitato per contenere gli effetti devastanti del cambiamento climatico.

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