Pubblicato da Apcom
E’ stato imposto il coprifuoco e dispiegato l’esercito nelle strade a Calcutta dopo i violenti disordini di oggi tra la polizia e dimostranti mussulmani. Per la moderna Kolkata, come si chiama oggi la metropoli del Bengala Occidentale dove gli scioperi e le rivendicazioni sindacali sono all’ordine del giorno, è stata una delle giornate più violente degli ultimi venti anni. Gli scontri hanno interessato larga parte del centro urbano, paralizzato i trasporti urbani e bloccato migliaia di pendolari e studenti. Il capo del governo locale, il leader comunista Buddhadeb Bhattacharjee, ha deciso stasera di schierare sei colonne di soldati, ma la situazione rimane tesa. Tutto sarebbe iniziato in mattinata quando un’associazione che rappresenta la minoranza mussulmana, Il Muslim All India Minority Front, ha indetto un’agitazione per protestare contro la brutale repressione nell’area industriale di Nandigram e anche contro la scrittrice femminista bangladese Taslima Nasreen, in esilio in India dopo una fatwa degli integralisti per sue dichiarazioni antiislamiche. Apparentemente si tratta di due argomenti separati, ma che oggi hanno catalizzato la rabbia dei musulmani sollevando antiche paure di scontri interreligiosi come quelli avvenuti in Gujarat nella primavera 2002. Secondo le autorità, i dimostranti avrebbero iniziato a prendere a sassate i poliziotti che hanno risposto con manganellate e gas lacrimogeni. E’ nata una guerriglia urbana con strade bloccate e auto e bus incendiati che si è estesa dal nord della megalopoli fino a Park Circus e Moulali. Sono stati arrestati un centinaio di attivisti, mente si contano 50 feriti.
E’ da qualche settimane che le vicende di Nandigram occupano le prime pagine dei quotidiani con storie di orrore e anche di stupri collettivi. Si tratta di una cittadina a 170 chilometri a sud est di Calcutta, in origine destinata a diventare un polo chimico. Il governo locale del Bengala Occidentale, una delle due storiche roccaforti comuniste indiane (l’altra è il Kerala) da tempo promuove una politica di industrializzazione e di liberalizzazione degli investimenti stranieri “alla cinese”. Vicino a Nandigram sorge anche un altro punto caldo, Singur, dove il colosso automobilistico Tata Motors sta costruendo la nuova fabbrica per la mini car da 2200 dollari. Entrambe queste località sono diventate le “ground zero” simbolo dello scontro tra contadini espropriati delle terre e grande industria appoggiata dalle autorità locali. Dopo la rivolta anti espropri degli agricoltori, la Zona Economica Speciale (Sez) di Nandigram è stata cancellata, ma il luogo è rimasto il terreno di scontro delle principali forze politiche bengalesi, in particolare tra i comunisti e il partito locale Trinamul appoggiato dal Congresso. Circa 11 mesi fa i contadini, sembrerebbe con l’aiuto armato dei maoisti indiani, hanno occupato l’intera zona sfidando il “Bhudda” rosso, il quale agli inizi di novembre ha lanciato un’operazione di “ricattura” conclusasi nel sangue. In pratica ha permesso alle squadre armate del suo partito, il CPI (M), il Partito comunista indiano marxista, di stanare casa per casa gli occupanti e di riprendere il controllo di Nandigram. L’assalto finale, tra l’indifferenza della polizia, è stato lanciato lo scorso 11 novembre. Le “Red Brigates” non hanno però usato i guanti di velluto. Alcuni degli attivisti sono stati accusato di stupro e diverse atrocità. In sei giorni di “pogrom” circa 1500 persone sono state costrette a lasciare le case bruciate e saccheggiate e a trasferirsi in tendopoli dove si trovano tuttora. Il governo locale si è giustificato che tra i contadini si erano infiltrati i guerriglieri maoisti. Per completare il quadro va aggiunto che la maggior parte delle vittime del “terrore rosso” sono musulmani. Dall’inizio dell’anno la violenza di Nandigram ha già causato 34 morti, ma solo ieri il primo ministro Manmohan Singh ha rotto il silenzio e ha criticato il governo bengalese (i partiti comunisti appoggiano dall’estero la coalizione di governo guidata dal Congresso). Il premier ha chiesto al governo di Battarcharjee di “ripristinare la legalità con un efficace dispiego delle forze dell’ordine”. Ma nessuno aveva previsto la violenta reazione dei mussulmani oggi nella “laica” Calcutta che potrebbe mettere a rischio la convivenza pacifica con la maggioranza dominante induista.
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