mercoledì 28 novembre 2007

L'India scende al 128esimo posto nel rapporto Undp su qualità della vita

Pubblicato su Apcom

Nonostante una crescita record di oltre l’8%, l’India è scivolata in basso nella classifica delle nazioni compilata in base all’“Indice di Sviluppo Umano”, un indicatore macroeconomico introdotto dalle Nazioni Unite oltre dieci anni fa e che tiene conto di fattori come la speranza di vita o il tasso di analfabetismo, oltre che il reddito pro capite. Nel rapporto dell’Undp presentato ieri anche a Nuova Delhi, è scesa al 128esimo posto perdendo due posizioni rispetto all’anno precedente. Nel 2006 aveva conquistato una posizione salendo al 126esimo posto sui 177 Paesi presi in considerazione, mentre nei due anni precedenti era rimasta stabile al 127 posto.
Tuttavia, secondo quanto hanno precisato i curatori del rapporto, il valore di HDI (Human Development Index) è leggermente più alto di quello dell’anno scorso grazie all’aumento del reddito pro capite e del tasso di scolarizzazione passato dal 62% al 63,8%. Il declino sarebbe quindi da mettere in relazione con i buoni risultati degli altri Paesi e anche con divergenze di calcolo della speranza media di vita della popolazione.
La qualità della vita in India rimane comunque molto distante dall’altro gigante asiatico, la Cina, che si trova all’81esimo posto. Per quanto riguarda gli altri Paesi del Sud dell’Asia anche Sri Lanka (91) e Maldive (100) godono di una condizione sociale ed economica migliore, mentre il piccolo regno del Bhutan (133), Pakistan (136), Bangladesh (140) e Nepal (142) sono alle spalle.
Tra le novità del rapporto dell’Undp c’è anche un forte richiamo a Cina e India sulla questione del cambiamento climatico. Gli esperti hanno “avvertito” che gli effetti dell’inquinamento atmosferico, se non saranno posti dei limiti, potranno compromettere il trend positivo di sviluppo nel settore della salute, scuola e riduzione della povertà. Il vice presidente della Commissione per la Pianificazione, Montek Singh Ahluwalia, che ha presentato il rapporto nella capitale, ha reagito duramente al suggerimento dell’Undp secondo il quale i Paesi in Via di Sviluppo dovrebbero impegnarsi a ridurre le loro emissioni dal 2020. L’ipotesi, che giunge alla vigilia del cruciale appuntamento con la conferenza mondiale sul clima di Bali, è stata nettamente respinta dall’economista indiano Ahluwalia perché non tiene conto della vasta popolazione. Secondo Ahluwalia il criterio per misurare le emissioni è quello pro capite. L’India è al quarto posto nel mondo per l’emissione di carbone nell’atmosfera con un totale di 1342 tonnellate cubiche di CO2 (dati 2004), ma se si tiene conto della vasta popolazione le emissioni inquinanti pro capite sono appena di 1,2 tonnellate di CO2. Se si fa il raffronto con gli Usa, un indiano inquina 17 volte di meno che un americano. Il criterio delle emissioni pro capite era stato anche indicato dal premier Manmohan Singh al recente vertice del G8 in Germania e avrebbe incontrato il supporto del cancelliere tedesco Angela Merkel.

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